Creato da fedechiara il 14/11/2014
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Messaggi del 05/01/2024

Ti benedico - ti.

Post n°2952 pubblicato il 05 Gennaio 2024 da fedechiara
 

Ti benedico-ti.
Tornerà sui suoi passi Francesco, posto di fronte alla levata di scudi di una parte maggiore (si indìca un referendum sulla vexata questio) del suo staff di cardinali, vescovi e preti? La benedizione apostolica ai tardi eredi di Sodoma e Gomorra si è ridotta a una benedizioncina svelta svelta, magari in sacrestia - lontana da sguardi indiscreti e dal muso duro delle beghine d'antan che si sentono discriminate per non aver potuto godere in gioventù, per tema di peccato, di uguali licenze erotiche. Tanto, poi, una benedizione e una assoluzione non si negano a nessuno pur di 'far cassa' sociale e 'siamo tutti fratelli' - anche i 'gay devoti' che 'non lo fo' per piacer mio', ma perché 'ci hanno disegnato così'.
Insomma una 'gaffe' clamorosa, come precisa una mia amica sul web che rispolvera lemmi desueti sul suo profilo e ce ne precisa il senso e le più comuni applicazioni.
Non si possono benedire impunemente peccatori manifesti a meno che non si confessino e ammettano la colpa e chiedano l'assoluzione.
Ci sarebbe un'altra via, in verità. Abdicare alla Dottrina, ammettere che 'abbiamo sbagliato' a dire peccato quel tal genere di cose che accadono nelle umane alcove. 'Amore è tutto e dappertutto', come direbbe un mistico del Dugento francescano, ma sarebbe un toppa peggiore del buco e non distinguere tra generi e matrimoni e uomo e donna è china pericolosissima e abisso certo e Geenna.
E abolire gli storici distinguo è come quella mossa ardita del 'Shangai' – che se togli il bastoncino di sotto senza ben calcolare gli equilibri crolla tutto il di sopra e passi la mano all'avversario.
Magari una dichiarazione postuma che precisi 'Si è scherzato, suvvia!' accompagnata da un meme in cui un omino in clergyman agita la mano destra in un 'Ti benedico-ti' al ritmo di 'Tico tico' potrebbe giovare. Una benedizioncina allegra di pochi secondi e una pacca sulla spalla e via.
Siamo moderni e capiremo l'impasse e perdoniamo e torniamo tutti all'ovile degli storici steccati obbedienti al Pastore.

 
 
 

Adottare il 'passo della Storia'.

Post n°2951 pubblicato il 05 Gennaio 2024 da fedechiara
 

05 gennaio 2021
Forse dovremmo adottare il 'passo della Storia' – che è un passo lento e costante da lunghe traversate transcontinentali – se vogliamo capire il senso del nostro agitarci breve e convulso, ma inane, ahnoi.
E la poesia citata sotto prende spunto da una colonia greca del 200 avanti Cristo (ma se Cristo non c'è avanti un altro, scriveva un burlone) per raccontarci di grandi riformatori che tagliano e potano la spesa pubblica e dicono una prebenda utile e un'altra, invece, da cestinare – e se ne vanno con il loro lauto compenso a far danni in una qualche azienda privata o pubblica istituzione europea, da dove ci vengono le raccomandazioni e le supervisioni occhiute sulla spesa sociale, se volete aggiudicarvi il mitico 'Recovery fund'.
Niente di nuovo sotto al cielo della politica e della 'polis' come si può leggere. E oggi il Gran Riformatore de noantri, Renzi il leopoldino, sbraita e si sbraccia e minaccia sfracelli e finirà col solluchero dei 'tarallucci e vino' di un rim-pasto e di un nuovo incarico di s-governo per il querulo imbonitore.
Cronache da fescennino di una grande colonia italica.

In una grande colonia Greca nel 200 a.C.
Non c’è il minimo dubbio, è palese
che le cose non vanno bene in questo Paese.
Benché tiriamo in qualche modo avanti,
è forse giunto il tempo, come pensano tanti,
di far venire un Gran Riformatore.
Ma qualcosa è d’ostacolo all’impresa:
questi Riformatori hanno pretesa
di fare grandi storie di ciascuna
cosa (poterne fare a meno, che fortuna!).
Sopra questioni di nessun valore
fanno indagini, lunghe inquisizioni,
piani di radicali modificazioni,
e d’attuarli senza remore hanno cura.
Hanno poi una tendenza al sacrificio:
"A quel possesso rinunziate: lo dovete!
La vostra occupazione è malsicura.
Certo, tali possessi recano pregiudizio.
Dovete rinunziare a quest’entrata
e a quest’altra, alla prima strettamente legata,
e a questa pure, che da quelle è derivata.
Sono essenziali, si. Ma che volete?
Responsabilità ne vengono, e non liete".
E quanto più procedono, eccoli reperire
Cose e cose superflue, che vogliono abolire.
Sopprimerle, peraltro, è cosa dura.
Partono, se Dio vuole, fatta l’opera attesa,
dopo avere fissato e potato (in contanti
ricevono un compenso giusto, come d’intesa):
vedremo adesso cosa resta, dopo
l’intervento chirurgico saggio e risolutore.
Forse non era il tempo. Via, non siamo zelanti
oltre misura! È un rischio la fretta, nelle imprese.
E dei provvedimenti prematuri ci si pente.
Sono molte le cose storte, ahimè nel Paese:
ma di perfetto, al mondo, non c’è niente.
E dopo tutto, via, tiriamo avanti.
Konstantinos Kavafis
Alessandria d'Egitto, 29 aprile 1863
Magna Grecia - Wikipedia
Nessuna descrizione della foto disponibile.

 
 
 

Tempi impoetici.

Post n°2950 pubblicato il 05 Gennaio 2024 da fedechiara
 

Poesie desuete - 05 gennaio 2014
C'è stato un tempo in cui scrivevo poesie. Il gusto della parola capace di estrema sintesi concettuale ed evocativa e interattiva (diremmo oggi) con simboli e metafore. E bastava che leggessi Montale e scattava in me il riflesso condizionato dello scrivere 'alla Montale'. Ed era così quando leggevo le terzine brucianti della Valduga o le raffigurazioni 'zen' del bravo Magrelli. L'imitazione è sempre una buona scuola, chiedetelo a quelli che vanno a copiare i Renoir e i Velazquez dentro ai musei e trovano, infine, una loro 'maniera'.
Poi subentrò il silenzio e la mia vita è cambiata (quale non lo è?) e la parola capace di estrema sintesi e 'canto' mi è diventata oziosa, gratuita – ed è vero che i pochi poeti degni di questo nome in circolazione raramente si vanno a visitare 'nel web' o se ne colgono le perle di un loro distico giusto per una dotta citazione di breve respiro - sarà per amore di brevità, appunto, in tempi di twitter e f/b, che di gente che vuole passare due ore a leggere un qualche testo in giro se ne trova sempre meno.
Più la biblioteca di Alessandria de 'il web' allarga gli orizzonti del 'vedibile' e facilmente usufruibile, più si restringono gli orizzonti mentali, chissà perché.
Sarà perché impazza il 'multitasking', in questo scorcio di millennio entrante – che vuol dire che uno si fa la barba e legge la mail e occhieggia le offerte di Getbazza e sorveglia l'uovo alla coque e risponde a una domanda oziosa della moglie in vestaglia tutto insieme. Giovani generazioni crescono, proiettate in un futuro che li educa alle nuove tecnologie sempre più sofisticate e 'veloci' e chissà chi si ricorderà più del Parini della 'vergine cuccia' o saprà citare a memoria una terzina della Commedia.
E, a volte, mi capita di svegliarmi al mattino e di avere in mente i residui di quell'attività neuronica desueta che si esprimeva in rima o in endecasillabi e mi viene da sedermi davanti allo schermo del pc e provare a dargli forma e legame con altre associazioni e intuizioni e oniriche sfilacciature, ma dopo breve 'poetare' mi coglie l'affanno del 'cui prodest' e la poesia resta in abbozzo o scatta la tagliola del 'reset'.
Poco male. In fin dei conti, scriveva il poeta già ai tempi suoi, '… a che vale / al pastor la sua vita / la vostra vita a voi ? dimmi: ove tende / questo vagar mio breve / il tuo corso immortale?'
Nessuna descrizione della foto disponibile.

 
 
 
 
 

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