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Pensieri e parole...

Riflessioni, emozioni, musica, idee e sogni di un internauta alle prese con la vita... Porto con me sempre il mio quaderno degli appunti, mi fermo, scrivo, riprendo il cammino... verso la Luce

 

Messaggi del 17/01/2024

AI MILIARDARI DI DAVOS PIACCIONO LE ESCORT!

Post n°1730 pubblicato il 17 Gennaio 2024 da scricciolo68lbr
 
Tag: #davos, #wef

Forum di Davos "a luci rosse": servizi di escort in tilt, tutto esauritoSecondo i giornali svizzeri la tariffa base per ingaggiare una escort (o un escort) nei giorni del Forum si aggira intorno ai 2mila franchi (2100 euro).Forum di Davos a luci rosse: servizi di escort in tilt, giro d'affari per 10 milioni

Secondo quanto riportano da alcune testate svizzere, in questi giorni in cui si sta svolgendo il Forum del WEF (World Economic Forum) di Davos, diventa impossibile trovare una o un escort in tutta la Svizzera o quasi. Le piattaforme sono in tilt e i servizi delle accompagnatrici prenotati, con largo anticipo. Qui, peraltro, la prostituzione è legale e rientra tra le libere professioni.

A Davos i soldi non mancano di certo. Alberghi di lusso, jet privati, suv, ostriche, champagne… a differenza della rivoluzione,che loro vorrebbero imporre ai comuni mortali per salvare il mondo con cibo a base di larve, locuste e cavallette, qui le tavole prevedono pranzi e cene di gala. Perché negarsi quei piaceri terreni che si possono comprare (purché si prenoti per tempo)? I sacrifici sono per il popolo (auto elettriche, case green, cittã senza auto, cavallette e larve nei piatti), per loro di tutto e dipiù, Escort incluse!

Secondo i giornali svizzeri la tariffa base per ingaggiare una escort (o un escort, a seconda dei gusti) nei giorni del Forum, si aggira intorno ai 2mila franchi (2100 euro) per 12 ore. Ma si può arrivare a quattro volte tanto.

Normalmente i servizi richiesti includono l’accompagnamento a una cena o a una festa, nonché le prestazioni sessuali successive. Stando a quanto riferisce la responsabile di un’agenzia le ragazze parlano di esperienze positivi, clienti educati ma “più esigenti rispetto alla nostra normale clientela. Le donne con un fisico da modella e un look al top sono particolarmente richieste”. Alla scottante questione ha dedicato attenzione persino l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), secondo uno studio durante i pochi giorni del Forum, il giro d’affari della prostituzione raggiunge i 10milioni di dollari.

 
 
 

SEDI PD NEGLI EDIFICI ATER: CANONI NON PAGATI NEGLI ULTIMI 15 ANNI!

Post n°1729 pubblicato il 17 Gennaio 2024 da scricciolo68lbr
 

Pd, morosità in 19 sedi su 21 a Roma. Il debito monstre dei dem: 600mila €Oltre ai 227mila euro del biennio, ma c’è un pregresso da saldare. Disattesi gli accordi per il rientro, i pagamenti delle rate vengono effettuati a rilento.

 

Il Pd nel prossimo fine settimana sarà in "ritiro" a Gubbio, in un lussuosissimo hotel a 5 stelle, notizia che ha provocato un polverone viste le battaglie della segretaria dei dem Schlein su "salario minimo" a sostegno alle persone in difficoltà. Ma a quanto sembra i soldi per pagare quelle costose camere di albergo il partito li ha trovati. Ma non altrettanto ha fatto con le sedi del Pd a Roma, i dem risultano morosi in 19 su 21 sedi di partito della Capitale. Il Giornale è entrato in possesso dei documenti relativi al biennio 2021-2023 e ai relativi canoni mai pagati. Il debito totale di questi ultimi due anni, da parte del Pd nei confronti di Ater, ammonta a 227mila euro. A questo va aggiunto il pregresso con l'Ater e il 25 gennaio 2021, era di circa 413 mila euro.

La cosa curiosa è che i canoni di affitto, peraltro già diminuiti del 40-60% dopo che Ater ha concesso l’agevolazione chiesta dal Pd sulle tariffe di locazione, sono decisamente bassi. Si va dai 165 € ai 277 al mese. La transazione, di cui Il Giornale è in possesso, è datata 25 gennaio 2021: il debito ammonta a poco meno di 413mila euro. Una cifra che i dem (come avevano già fatto in passato) chiedono di pagare a rate240 rate mensili per estinguere il debito con Ater. Ad oggi il Pd - dicono fonti interne - sembrerebbe pagare lentamente i debiti arretrati, ma dell’affitto non se ne parla: ben 19 sedi su 21 sono morose da 15 anni e continuano ad esserlo nel silenzio dei vertici.

 
 
 

SPERANZA DURANTE LA PSICOPANDEMENZA ORGANIZZAVA LE LEZIONI GENDER PER I MINORI: ECCO PERCHÈ ANDREBBE PROCESSATO!

Post n°1728 pubblicato il 17 Gennaio 2024 da scricciolo68lbr
 

Incredibile articolo sull'ex ministro Speranza, tratto dall'edizione odierna del quotidiano La Verità, sempre molto attento a questi temi, sempre pronto a domandare che sia fatta chiarezza e scoperta la verità! Lo posto integralmente! Buona lettura. Articolo a cura del grande Francesco Borgonovo.

 

 

SORPRESA: LE «LEZIONI DI AFFETTIVITÀ» CI SONO GIÀ. L’EREDITÀ AVVELENATA DI SPERANZA:

PIANO GENDER PER I BIMBI A SCUOLA

In piena pandemia, segregava gli studenti, l’allora ministro della Salute ha elaborato il progetto che prevede «una visione trasformativa del genere, che metta in discussione ruoli, norme e stereotipi».

L’eredità avvelenata di Speranza: educazione gender nelle scuole.

Durante la pandemia l’ex ministro ha avviato con l’Iss un piano oggi operativo per insegnare ai bimbi la «sessualità inclusiva»

 

 

di FRANCESCO BORGONOVO

 

Per giorni, dopo il terribile omicidio di Giulia Cecchettin, si è discusso della necessità di svolgere nelle scuole italiane programmi di educazione all’affettività e educazione sessuale al fine di rieducare i maschi potenzialmente violenti. È un argomento, questo, su cui da parecchio tempo battono le forze progressiste, invocando l’ingresso nelle classi di specialisti e formatori. L’aspetto curioso della faccenda è che l’educazione affettiva e sessuale dalle nostre parti è già arrivata, anche se senza troppo clamore. Alcuni lettori ci hanno segnalato, ad esempio, un progetto presentato recentemente in una scuola di Udine, che in realtà è molto più ampio e strutturato, e riguarda tutto il territorio nazionale. Si chiama EduForIst, e ha come obiettivo lo «sviluppo di strumenti tecnici e pratici per lo svolgimento di attività educative e formative in ambito di sessualità, relazioni affettive e prevenzione delle Ist (infezioni sessualmente trasmesse, ndr) nel contesto scolastico».

Tutte le informazioni a riguardo sono fornite dal sito dell’Istituto superiore di sanità, che collabora alla realizzazione. Scorrendolo scopriamo che siamo di fronte a un «progetto commissionato e finanziato dal ministero della Salute - Direzione generale della prevenzione sanitaria, svolto in collaborazione con il ministero dell’Istruzione». Coordinato dall’università di Pisa, ha preso ufficialmente il via il 20 febbraio 2020, ma si è concretizzato in una esperienza pilota a partire dal 25 gennaio 2022, con i primi interventi nelle scuole. A quanto pare, il pacchetto è stato riconfermato per due anni a gennaio del 2023 e ribattezzato EduForIst3.0, sempre con il coordinamento scientifico dell’università di Pisa e il finanziamento dal ministero della Salute tramite la Regione Toscana. Come ha chiarito un comunicato ufficiale dell’ateneo pisano, «la dottoressa Lara Tavoschi, docente di igiene generale dell’ateneo pisano coordinerà nove partner tra università, servizi sanitari regionali, Istituto superiore di sanità e associazioni del terzo settore». È la medesima dottoressa a spiegare che «le scuole dove si svolgeranno le attività sono circa dieci per ciascuna delle sei regioni coinvolte: Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania e Puglia». Anche in questa nuova versione, «il progetto prevede una serie di incontri con studenti e studentesse, docenti e famiglie. L’obiettivo è di prevenire le conseguenze negative legate alla sessualità, come le infezioni sessualmente trasmissibili o le gravidanze non desiderate, senza però tralasciare aspetti fondamentali quali la gestione delle emozioni e le relazioni affettive, il rapporto con il proprio corpo, il piacere, l’uguaglianza di genere e il rispetto. Oltre ad una parte frontale», apprendiamo, «le ragazze e i ragazzi saranno coinvolti in attività e giochi su temi quali il consenso o per acquisire un approccio consapevole nei confronti degli stereotipi di genere». La vicenda è senza dubbio interessante, e fornisce numerosi spunti di riflessione. Per prima cosa colpisce l’elenco degli enti che hanno partecipato all’iniziativa. Tra questi ci sono: Istituto superiore di Sanità, università di Pisa, la Sapienza di Roma, università di Foggia, università di Verona, Circolo di cultura omosessuale «Mario Mieli», Caritas italiana, Associazione nazionale per la Lotta all’Aids, Croce rossa italiana.

È piuttosto suggestivo, in effetti, notare la collaborazione fra la Caritas e gli attivisti Lgbt del Mario Mieli, ma può pure darsi che nasca con le migliori intenzioni, cioè allo scopo di allargare il più possibile la platea delle associazioni coinvolte. Qualche perplessità in più, tuttavia, nasce quando si va a esaminare la cornice teorica dell’iniziativa. Apprendiamo infatti che «il progetto pilota è stato creato a partire dai risultati dell’analisi documentale sulla letteratura e le linee guida internazionali riguardanti la promozione dell’educazione alla sessualità, sempre più interpretata secondo un approccio “estensivo”di Comprehensive sexuality education (Cse)». Che cosa sia questa Cse lo spiega l’Unesco. È un «processo basato su un curricolo di insegnamento e apprendimento sugli aspetti cognitivi, emotivi, fisici e sociali della sessualità. Mira a fornire ai bambini e ai giovani conoscenze, abilità, atteggiamenti e valori che consentiranno loro di: realizzare la propria salute, benessere e dignità; sviluppare relazioni sociali e sessuali rispettose; considerare come le loro scelte influenzano il proprio benessere e quello degli altri; comprendere e garantire la protezione dei loro diritti per tutta la vita». Tutto molto bello, se non fosse per quel riferimento al coinvolgimento dei bambini nei corsi: per quale motivo c’è sempre bisogno di puntare sui più piccoli? Approfondendo l’argomento, scopriamo che il progetto dovrebbe svolgersi «in accordo con una visione positiva e inclusiva della sessualità, che tenga in considerazione le differenze, i diritti umani e sessuali, le identità». Tante dolci parole, come no. Sappiamo però che molto spesso dietro le infiocchettate formule retoriche si nascondono idee decisamente discutibili.

E infatti non ci vuole molto per trovare anche qui qualche stramba (e un po’ in quietante) teoria. Il sito dell’Iss suggerisce a chi volesse approfondire il significato del progetto Edu-ForIst di leggere un articolo firmato da alcuni esperti dell’università di Pisa (cioè l’ateneo che cura l’operazione). Costoro non fanno altro che illustrare a grandi linee che cosa sia la Comprehensive sexuality education, e si premurano di spiegare quali siano secondo i criteri internazionalmente riconosciuti i requisiti «fondamentali per l’implementazione di un programma efficace» di educazione sessuale. Tra questi requisiti ci sono: «Una visione positiva della sessualità e inclusiva delle diversità, che promuova la prevenzione dei rischi ma anche il senso di responsabilità verso il proprio e altrui benessere sessuale»; «un approccio basato su diritti umani e sessuali, consenso e rispetto della privacy, per favorire l’attivazione verso il rispetto dei diritti riguardanti le scelte sul corpo, le relazioni e le pratiche sessuali consensuali» e «una visione trasformativa del genere, che metta in discussione ruoli, norme e stereotipi, tenendo conto e rispettando le differenze, con l’obiettivo di costruire una società più equa e giusta». Ovvio: queste sono le indicazioni che arrivano dalle organizzazioni sovranazionali. E guarda un po’ si parla di trasformare il genere, di mettere in discussione i ruoli e le norme. Sarà una coincidenza, ma ogni volta che si discute di educazione all’affettività e di educazione sessuale fanno capolino queste simpatiche ideuzze. Che ovviamente non emergono al primo sguardo, anzi sono bene occultate nei documenti e negli articoli, ma in un modo o nell’altro si ripresentano. Non sappiamo se e come nelle classi italiane si siano svolte o si svolgeranno discussioni sui generi e la loro trasformazione, ci limitiamo a notare che sul tema sarebbe bene tenere gli occhi aperti e fornire ai genitori tutte le informazioni necessarie affinché possano sapere che cosa viene sottoposto all’attenzione dei loro figli. Detto che l’educazione sessuale in Italia è già arrivata, e che è giunta con gli approcci e gli obiettivi stabiliti dal pensiero attualmente prevalente, tocca considerare in conclusione un altro particolare. Prestate attenzione alle date: il progetto che abbiamo illustrato è stato approvato nel 2020 ed è divenuto operativo nel 2022. Al ministero della Salute, in quel periodo, c’era Roberto Speranza e all’Istituto superiore di sanità stava Silvio Brusaferro: due dei grandi protagonisti della stagione pandemica.

Poiché abbiamo buona memoria, ricordiamo di una chat fra i due riguardante proprio la chiusura delle scuole. Brusaferro spiegava a Speranza che il comitato tecnico scientifico non aveva trovato sufficienti appigli scientifici per giustificare la serrata, ma Speranza insisteva per blindare tutto. Finì che Brusaferro si prodigò in qualche modo per accontentarlo. Vi chiedete che cosa c’entri? Beh, a nostro avviso questa storia c’entra eccome. Quelli che hanno dato il via libera alla educazione affettiva nelle scuole sono gli stessi che quelle scuole le hanno chiuse, obbligando i ragazzi a restare piantonati in casa, con il conseguente aumento di depressioni e disagi. Visto che si preoccupavano tanto della «educazione al rispetto» e della tutela delle diversità, avrebbero dovuto cominciare evitando di escludere le persone dalle classi e dalle attività sportive e insegnando ai ragazzini a rispettare i compagni di classe non vaccinati. Ma che volete farci: in pandemia, il rispetto non era di moda. E sarà pure che il genere si può trasformare, ma i geniacci che pretendono di rieducare il prossimo non cambiano mai.

 

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