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Messaggi del 19/02/2024

Le nostre vite metaforiche.

Post n°3021 pubblicato il 19 Febbraio 2024 da fedechiara
 

Le nostre vite così poco gentili. - 19 febbraio 2023

Vi confesso di essere disorientato. Ho visto un film che ha tutto l'aspetto di essere un film di straordinaria tessitura scenografica e registica, ma è ambientato su di un'isola con scarsi abitanti che soffrono di solitudine e i dialoghi che li confrontano sembrano essere quelli di una tragedia greca – con la morte, una vecchia Parca, a far da coro narrante che tesse la trama di vite irrisolte e le spezza a piacimento.
Potrei azzardare una estrema sintesi per meglio intenderla:
'Non mi vai più a genio, non mi rivolgere più la parola, ogni volta che ci proverai mi taglierò un dito.'
Che, detto così, non aiuta a capire, bensì ci avvicina cautamente alla straordinaria complessità di quelle vite solo apparentemente semplici di solitari mandriani e pescatori.
Né aiuta la frase seguente, delle poche che lo stralunato protagonista Padraic (Colin Farrel) riesce a strappare a Colm, il suo deuteragonista - musicista ispirato che impone il silenzio e la distanza fisica all'amico sempliciotto al fine di avere spazio per scrivere le canzoni e le melodie per le quali sarà ricordato post mortem e la sua vita vi troverà un senso e un traguardo.
'Che cosa resta delle nostre vite? Nessuno ci ricorderà per la gentilezza, bensì per le nostre opere e le musiche e le canzoni.'
Ma il mandriano Padraic lo contesta rabbiosamente e riafferma il primato della gentilezza e si fotta la fama degli uomini che furono grandi e lasciarono vasta impronta di sé (...più vasta orma stampar. A. Manzoni - 'Il 5 maggio').
Ecco, ora iniziamo a dare contorno e spessore ai personaggi e alla simbologia di cui si fanno portatori: il senso delle nostre vite oltre la morte e la gentilezza che abbiamo espresso in vita – e possiamo prendere fazione per l'una o per l'altra e sostenere i nostri campioni nella loro singolar tenzone.
'...se sia più nobile nella mente soffrire
i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna
o prendere le armi contro un mare di affanni
e, contrastandoli, porre loro fine?
Morire, dormire, nient’altro,
e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. …'
Torna la tragedia, come vedete, Amleto e l'essere che si prefigura il non essere e il non agire. Filosofia pura, incarnata dal mandriano Padraic che pure 'prende l'armi' contro il suo privato 'mare di affanni' e li contrasta e vi pone drammatica fine con il bruciare che farà la casa dell'amico che lo ha respinto – e qui gli autori della sceneggiatura e i critici si provano a suggerirci che il film è metafora cruenta e singolare della maledetta guerra civile e religiosa che si combatte(va) nell'isola maggiore: quell'Irlanda irredenta che fa sentire gli scoppi delle bombe e gli spari nel sonoro del film e sospende la privata narrazione dei protagonisti e prefigura la maggiore dei 'fratelli-coltelli' che tante lapidi ha disseminato nei cimiteri irlandesi.
E a a me viene in mente quest'altra guerra che si combatte insensatamente: dei 'fratelli-coltelli' russi e ucraini che il maledetto Occidente-Nato ha artatamente diviso e contrapposto e che rischia di scivolare dai coltelli macellai alle bombe termonucleari che tutti incenerirà – e la Morte, come nel film di cui narro, sta seduta alta sulla sedia a osservare beffarda il vano nostro agitarsi e proclamare un senso improbabile alle nostre vite davvero poco gentili.
('Gli spiriti dell'isola' di Martin Mac Donagh – Una valanga di premi. In questi giorni nelle sale.)
Gli Spiriti dell'Isola: la spiegazione del significato e del finale di un film straordinario [recensione Oscar 2023] | Anonima Cinefili
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Gli Spiriti dell'Isola: la spiegazione del significato e del finale di un film straordinario [recensione Oscar 2023] | Anonima Cinefili

 
 
 

Il codazzo delle vite.

Post n°3020 pubblicato il 19 Febbraio 2024 da fedechiara
 

Traslochi, - 19 febbraio2017
Ha perso Zdanov e hanno vinto, si fa per dire, 'I quaderni piacentini'. Nella trista azione di distruzione del passato, - la mia Palmira personale dell'esodo prossimo venturo - ho conservato quella pagina della nostra storia dimenticata di immaginari e velleitari rivoluzionari rappresentata sui 'Quaderni piacentini' e ho condannato il roccioso alfiere del socialismo reale ed espurgatore di ogni libera espressione artistica all'oblio. E mi resta il dubbio se il rigattiere a cui ho consegnato i libelli e le opere di Zdanov riuscirà a trovare qualcuno a cui costui, Carneade post moderno, interessi e gli offra una 'seconda occasione' di archeologia culturale per un tale figuro tristo di galleggiare ancora un poco nella memoria collettiva.
E tutto questo inscatolare e seppellire i liberi libri di scaffali sempre aperti e occhieggianti coi loro titoli charmants che impetrano la lettura e la riflessione approfondita mi mette di fronte al sogno impossibile che ho coltivato lungo i decenni di far diventare la mia mente una sezione piccola piccola della storica biblioteca d'Alessandria e mi rendo conto, invece, che il futuro è alle spalle, è ombra e sogno, come farebbe dire Shakespeare a uno dei suoi straordinari personaggi, e si porta dietro nel suo cono d'ombra il codazzo delle nostre vite.

 
 
 
 
 

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