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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

Benvenuti nel mio blog!

Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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Festa mobile - Ernest Hemingway

Post n°1034 pubblicato il 08 Aprile 2013 da bluewillow
 

Titolo: Festa mobile Titolo originale: A moveable Feast Autore: Ernest Hemingway Traduzione: Vincenzo Mantovani Casa editrice: Mondadori pag: 256

“Se hai avuto la fortuna di vivere a Parigi da giovane, poi dovunque tu vada questa esperienza ti accompagna fino alla fine della vita, perché Parigi è una festa mobile”

Nel più tragico momento della sua vita, gli ultimi anni prima del suicidio, segnati da depressione e momenti di terribile sconforto, la memoria di Ernest Hemingway correva agli anni perduti della giovinezza, in quella indimenticabile Parigi  in cui il ventenne sconosciuto aspirante scrittore, con pochissimi mezzi, ma molta ambizione, divideva con la moglie Hadley e il primo figlio Bumby, un piccolo appartamento, molte ristrettezze e tanta felicità, forse ancora inconsapevole, ma ben presente negli anni della vecchiaia, e cercava la strada espressiva che lo avrebbe portato a segnare tanto profondamente la storia della letteratura.
Mi alzavo in piedi e guardavo fuori sui tetti di Parigi e pensavo: “Non preoccuparti. Hai sempre scritto e scriverai ancora. Non devi fare altro che scrivere una frase sincera. Scrivi la frase più sincera che sai”. Allora finalmente scrivevo una frase sincera, e poi continuavo da lì. Era facile, allora, perché c'era sempre una frase sincera che conoscevo o avevo visto o avevo sentito dire da qualcuno”.
Oppure
“Avevo già imparato a non vuotare mai il pozzo della mia fantasia, ma fermarmi sempre quando c'era ancora qualcosa, là in fondo, e lasciare che tornasse a riempirsi durante la notte con l'acqua delle sorgenti che lo alimentavano”.
Non c'è da stupirsi che Hemingway trovasse ispirazione in una Parigi dove per le strade si potevano incontrare James Joyce, Francis Scott Fitgerald, John Dos Passos, Gertrude Stein o in cui esisteva una libreria come “Shakespeare & Co.”, in cui una meravigliosa Sylvia Beach, libraia citata più volte in questo libro, consentiva anche ad artisti totalmente squattrinati come Hemingway di prendere in prestito in cambio di pochi spiccioli, e spesso facendo credito sulla base della sola fiducia, le opere di scrittori immortali come Turgenev, Tolstoj e Dostoevskij, letture parigine ancora vive nei ricordi (secondo Hem, Dostoevskij è uno scrittore eccezionale, ma che scrive malissimo, che colpisce, ma non si può rileggere, ad esempio).
Le pagine di “Festa mobile” vibrano di vita. Nella piena maturità, al massimo delle sue capacità espressive,  Hemingway fa rivivere tutti coloro a cui deve qualcosa, a cui o su cui ha ancora qualcosa da dire: la prima moglie Hadley a cui dedica un ricordo affettuosissimo, l'amico Ezra Pound che lo ha incoraggiato e sostenuto (come con decine di altre artisti), la libraia Syvlia Beach, già citata, un Francis Scott Fitgerald innamoratissimo e dipendente dalla moglie Zelda, già sulla strada dell'autodistruzione (divertentissimo il capitolo dedicato ad un viaggio insieme a lui), l'ex amica Gertruste Stein a cui ha ancora da dire qualcosa, in relazione al fatto di aver definito la sua generazione, quella di coloro che avevano vissuto la prima guerra mondiale, una generazione perduta
“pensai che tutte le generazioni erano perdute da qualche cosa e lo erano sempre state e sempre lo sarebbero state”
La gran parte dei capitoli/racconti di questo volume, una raccolta editata alla morte dello scrittore dall'ultima moglie  Mary, e pubblicata nel 1964,  è improntata non solo alla sincerità, ma ad un franco umorismo e sono in verità estremamente divertenti.
Eppure, anche in questo libro pieno di vita, apparentemente di gioia, l'ombra della morte, così lontana negli anni del fulgore e della giovinezza rievocati, ma il cui pensiero doveva invece ossessionare quelli della vecchiaia, si affaccia inconsapevole tra le pagine, fra le righe: la parola morte, in varie forme, è ripetuta fra queste pagine almeno una quarantina di volte.
Come se tentasse un inconsapevole auto-salvataggio, lo scrittore si aggrappa ai ricordi più felici, quando cercava ancora la grandezza e le difficoltà anziché fiaccarlo, lo ispiravano, ad esempio se saltava un pasto, andava a vedere una mostra di quadri:
“Capivo Cézanne molto meglio quando ero affamato e vedevo con chiarezza come dipingeva i suoi paesaggi. Chissà se aveva fame anche lui quando dipingeva”
“Festa mobile” è un libro bellissimo, intenso, vivo, per usare una parola cara ad Hemingway e che certamente apprezzerebbe, è un libro sincero.
Molti sanno scrivere, più o meno bene, ma pochi, pochissimi, solo i grandi artisti, con la loro scrittura riescono a regalare qualcosa della loro esperienza a chi legge: Hemingway è uno di questi e “Festa mobile” uno di quei libri la cui lettura continua anche dopo che le pagine sono state chiuse, perché come tutti i volumi davvero belli le sue parole accompagnano il lettore per sempre, un po' come il ricordo di Parigi nella mente di Ernest Hemingway.

Nota
Questo libro viene pubblicato da mondadori in due versioni. Una, quella che ho recensito, è la prima versione ufficiale, editata da Mary Hemingway, l'ultima moglie dello scrittore, che scelse quali brani pubblicare e quali invece lasciare fuori dal libro, dopo il suicidio del marito.
Un'altra versione invece è definita come restaurata, in cui i capitoli hanno una organizzazione differente e comprende brani che Mary Hemingway aveva deciso di non inserire, fra cui uno, a quanto pare, in cui Hemingway rivolgeva profonde e sincere scuse alla prima moglie Hadley, che aveva abbanondato per un'altra donna, Pauline Pfeiffer, che diventò poi la sua seconda moglie.

 
 
 
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