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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

Benvenuti nel mio blog!

Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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Le origini di Frankenstein secondo Mary Shelley

Post n°926 pubblicato il 29 Novembre 2012 da bluewillow
 

Frankenstein di Mary Shelley è stato uno dei più innovativi romanzi del XIX secolo, precursore di molti temi cari alla fantascienza, ma anche alla scienza moderna, come le implicazioni etiche collegate alla creazione di una vita artificiale, ma intelligente.
L'idea di base del libro nacque durante la freddissima estate del 1816, il famoso anno senza estate, che Mary Shelley, il marito poeta Percy Bysshe Shelley, John Polidori e Lord Byron trascorsero insieme in Svizzera, nella villa di quest'ultimo.
Il tempo inclemente costrinse i tre a restare spesso in casa e per non annoiarsi cominciarono ad immaginare nuove storie.
In occasione di una ristampa del romanzo, la stessa Mary Shelley volle spiegare come fosse nata l'idea per la sua opera più famosa nella prefazione al volume. Quella stessa prefazione fu poi ristampata in un articolo pubblicato sul Manchester Guardian del 26 Novembre 1831.
"The Guardian" ha reso disponibile online l'articolo originale dai suoi archivi a questo indirizzo: è scritto in una prosa meravigliosa, quindi, se conoscete bene l'inglese, vi consiglio di leggerlo proprio in questa lingua, anche perché ha tutta l'aria di essere uno stupendo racconto, in cui Mary Shelley non rinuncia a dare sfogo alla sua incontenibile fantasia.

Il copyright su questo articolo è ormai decaduto, quindi se invece non conoscete a sufficienza l'inglese, eccone una mia traduzione (non sempre letterale; nota al testo: quando si nomina Shelley, la scrittrice si riferisce al marito):
 

Le origini di Frankenstein di Mary Shelley

Molte e lunghe furono le conversazioni fra Lord Byron e Shelley, alle quali prestai il mio ascolto, quasi del tutto silente. Durante una di queste, furono discusse varie dottrine filosofiche e fra le altre quella sulla natura del principio della vita, e se fosse mai possibile che fosse scoperto e trasmesso.
Parlarono degli esperimenti del Dr. Darwin (parlo non di ciò che il dottore fece realmente o disse di aver fatto, ma, cosa più interessante per me, di cosa si diceva avrebbe potuto fare), il quale conservò un pezzo di lombrico in una teca di vetro, finché con qualche mezzo straordinario non cominciò ad agitarsi con movimenti volontari. Tuttavia, nonostante tutto, non gli fu data la vita.
Forse un cadavere avrebbe potuto essere rianimato; il galvanismo aveva dato prova di tali possibilità; forse le membra componenti di una creatura avrebbero potuto essere fabbricate, messe insieme e dotate di calore vitale.
La notte passò fra questi discorsi e anche l'ora delle streghe era ormai stata superata prima che ci ritirassimo per riposare. Quando posai la mia testa sul guanciale, non dormii, e nemmeno pensai.
La mia immaginazione, non invitata, prese possesso di me e mi guidò, regalandomi immagini che si presentarono alla mia mente con una vividezza di gran lunga superiore alle forze che di solito hanno le fantasticherie. Io vidi, con gli occhi chiusi, ma con una acuta visione mentale. Io vidi il pallido studente di arti proibite inginocchiarsi vicino alla cosa che aveva messo insieme; io vidi l'orribile fantasma di un uomo sdraiato; e poi, in seguito all'azione di un macchinario potente, lo vidi mostrare segni di vita, e agitarsi con difficoltosi movimenti semi-vitali.
Avrebbe dovuto essere terrificante, perché supremamente terrificante sarebbe l'effetto di un qualunque comportamento umano che imitasse lo stupendo meccanismo del creatore del mondo.

Il suo successo avrebbe terrorizzato l'artista; sarebbe scappato via dal suo odioso manufatto, divorato dall'orrore. Avrebbe sperato che, lasciata a se stessa, la debole scintilla vitale che aveva trasmesso sarebbe svanita, che quella cosa che aveva ricevuto una così imperfetta rianimazione, sarebbe ripiombata nella materia morta, e che avrebbe potuto dormire nella convinzione che il silenzio della tomba avrebbe spento la transitoria esistenza dell'orribile cadavere che aveva ritenuto potesse essere la culla della vita.
Egli dorme, ma viene risvegliato; apre i suoi occhi, scorge l'orrida cosa alzarsi al suo fianco, aprire le palpebre e fissare il suo sguardo su di lui con occhi acquosi, gialli, ma intelligenti!
Aprii i miei in preda al panico.
L'idea prese così possesso della mia mente che un brivido di terrore mi attraversò e desiderai scambiare le spaventose immagini della mia fantasia con quelle della realtà che mi circondava.
Erano ancora lì. La stessa stanza, il parquet scuro, le imposte chiuse, attraverso le quali filtrava il chiaro di luna e la sensazione che il lago trasparente e le alpi alte e bianche fossero al di là di esse.

Non riuscii a liberarmi facilmente del mio orribile fantasma; continuava a tormentarmi. Dovevo cercare di pensare a qualcos'altro.

Tornai alla mia storia di fantasmi: la mia noiosa sfortunata storia di fantasmi! Oh! Se solo avessi potuto trovare il mezzo capace di terrorizzare i miei lettori come ero stata terrorizzata io stessa quella notte! Rapida come la luce ed altrettanto confortante fu l'idea che irruppe dentro di me "L'ho trovato! Ciò che ha terrorizzato me, terrorizzerà gli altri; mi occorrerà solo descrivere lo spettro che ha infestato il mio guanciale".
L'indomani annunciai che avevo pensato una storia. Iniziai quel giorno con le parole "Era una cupa notte di novembre", approntando una semplice descrizione dei sinistri terrori del mio sogno ad occhi aperti, ma Shelley mi incoraggiò a sviluppare l'idea in forma più estesa.

Certamente non attribuisco la suggestione di un fatto accidentale, né l'effetto di quell'onda di sensazioni, a mio marito, ma se senza il suo incoraggiamento non avrebbe mai preso la forma con la quale fu presentato al mondo.



 

 
 
 
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