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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

Benvenuti nel mio blog!

Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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Frankenstein - Mary Shelley

Post n°458 pubblicato il 22 Febbraio 2009 da bluewillow
 

BLOG-CALENDARIO 2009- FEBBRAIO


L'inverno è certamente una stagione ideale per la lettura, ma non avrei mai sospettato che un tempo freddo potesse essere un ottimo stimolo anche per la scrittura prima di conoscere la storia della  composizione di “Frankenstein” di Mary Shelley. Questo romanzo deve infatti molto non solo al talento e all'inventiva della sua scrittrice, ma anche ad alcuni eventi fortuiti che portarono l'estate del 1816 ad essere una delle più fredde della storia, tanto da rendere tale annata famosa come “l'anno senza estate”.
Nel 1815 il vulcano Tambora nell'isola di Sumbawa, in Indonesia, diede luogo ad una delle più grandi eruzioni della storia: centinaia di metri cubi di roccia furono esplosi in aria, insieme ad un grandissimo ammasso di polvere che venne riversato nell'atmosfera.  Le polveri del Tambora si  diffusero per tutto il globo ed  agirono come un filtro nei confronti dei raggi solari, provocando una sorta di piccola era glaciale anche negli anni successivi.
E' quindi grazie ad un evento avvenuto a moltissimi chilometri di distanza da Villa Diodati, sulle rive del lago Ginevra in Svizzera,  residenza di Lord Byron, che un gruppo dei migliori poeti e scrittori del loro tempo si riunirono oziosamente al chiuso per molte settimane, a causa del maltempo, durante una freddissima estate. Laddove un gruppo di gitanti qualunque si sarebbe limitato ad una interminabile serie di partite a carte, Mary Shelley, Lord Byron e il medico John William Polidori finirono per sfidarsi in una gara singolare, nella quale avrebbe vinto chi avrebbe composto il miglior romanzo gotico. Lord Byron ebbe l'idea  per una storia ispirata da alcune leggende che aveva udito sui vampiri, ma poi l'abbandonò. Il tema però interessò molto  Polidori che  scrisse “The vampyre”, breve storia che circolò poi negli ambienti letterari, spesso erroneamente attribuita a Byron, introducendo il tema del vampirismo nella letteratura inglese. Mary Shelley scrisse invece un abbozzo di Frankenstein, storia che venne poi ripresa più compiutamente negli anni successivi ed infine pubblicata nel 1818. Per quanto riguarda la gara,la vincitrice fu proclamata all'unanimità proprio Mary Shelley.
“Frankenstein o il moderno Prometeo” introduce per la prima volta in letteratura un tema molto interessante e certamente molto attuale ancora oggi: quali sono i limiti della scienza? Fin dove può spingersi l'uomo senza violare qualche legge fondamentale della natura?
Certamente sotto l'influenza delle discussioni sulle recenti teorie darwiniste e sul galvanismo, Mary Shelley immagina che un giovanissimo e valente giovane scienziato, Victor Von Frankenstein, riesca a scoprire, ancora studente, il segreto per conferire la vita alla materia inanimata.
Come Prometeo rubò il fuoco agli dei per regalarlo agli uomini e renderli quindi più simili ad essi, così Victor si accinge a rubare alla natura il suo più grande segreto, la scintilla della vita. Ma può essere l'uomo degno di un tale dono? Il creato diventa creatore e come accadde anche al suo “Illustre Predecessore”, qualcosa anche questa volta va storto: ad attendere “la creatura” di Victor non c'è di sicuro alcun Eden, nemmeno per il breve tempo di una settimana.
Il giovane Frankenstein finisce infatti per creare un uomo dalla proporzioni gigantesche e dalle fattezze orribili, simili ad un cadavere, che una volta portato alla luce della vita lo getta nel più grande orrore, spingendolo alla fuga e portandolo quasi sull'orlo della follia per la spaventosità del risultato. Mary Shelley non si cura certo di ipotizzare, come accadrebbe in un moderno romanzo di fantascienza, alcuna teoria  pseudoscientifica che giustifichi i risultati di Victor Frankenstein, né tantomeno pone limiti a quello che la creatura stessa è in grado di fare.
Infatti anche se “il mostro” non è esattamente una bellezza, ha notevoli capacità di adattamento alle situazioni. Neanche cinque minuti dopo che il suo “papà” si è dato alla fuga è già in grado di camminare ed allontanarsi precipitosamente, vagando ramingo per i boschi e dedicarsi a più di un misfatto.  E se ciò non vi bastasse al suo successivo incontro con il buon Victor non solo è capace di parlare fluentemente, ma come ogni “creato” che si rispetti ha un mucchio di domande da porre al suo creatore (perché mi hai fatto? Che senso ha tutto questo? Non potevi farmi più bellino?) ed è in grado di porlo finalmente di fronte alle sue responsabilità morali.

“Oh, Frankenstein non puoi essere equanime con tutti e calpestare sol me, al quale più di ogni altro, devi giustizia, clemenza e persino affetto! Ricorda che sono la tua creatura; dovrei essere il tuo Adamo, ma sono piuttosto un angelo caduto che tu hai allontanato dalla gioia senza che avesse compiuto alcun misfatto. Ovunque vedo beatitudine, dalla quale io solo sono irrevocabilmente escluso. Io ero benevolo e buono; l'infelicità ha fatto di me un demonio. Rendimi felice e sarò di nuovo virtuoso”.


Mentre la prima parte del libro è una narrazione esposta dal punto di vista di Victor, in cui la creatura è quasi un oggetto, la parte centrale del romanzo è vista nella prospettiva del mostro che entra quindi in una dimensione umana, rivelandoci la triste storia di un essere lasciato senza amore e senza guida, in un mondo fonte solo di dolore che inevitabilmente lo conduce al male.
Il mostro è  più alto, più forte,  più intelligente di un uomo comune: impara a parlare e a leggere da solo e per di più si dedica perfino a testi niente male come i libri di Plutarco e “I dolori del giovane Werther”. Un mostro che faccia simili letture non può che avere un animo romantico ed infatti c'è solo una cosa che desideri dal suo creatore come risarcimento: una Eva che faccia compagnia ad un così sfortunato Adamo.
Ma può davvero Victor Frankenstein assumersi  la tremenda responsabilità di creare questa nuova specie di mostri superuomini, capaci forse di sopraffare l'intero genere umano in un futuro? Se volete saperlo non vi resta che leggere il volume di Mary Shelley che certamente vi sorprenderà per la profondità del dilemma etico e per l'essere molto diverso da tutte le versioni cinematografiche che ne sono state fatte, nelle quali il mostro, ben lungi dal citare Plutarco, ha praticamente sempre solo un lato animalesco e selvaggio. “La creatura” di Victor ha invece tutto lo spessore di un essere umano completo, sebbene molto diverso da tutti gli altri, che desidera intensamente vivere e conoscere, e non è detto che il dilemma di una simile esistenza non possa un giorno travalicare i confini puramente specultivi di un libro per manifestarsi nella realtà, nel laboratorio di qualche moderno Frankenstein.


Edizione di riferimento


Titolo:
Frankenstein Titolo originale: Frankenstein, or the modern Prometeus Autrice: Mary Shelley Traduzione: Nadia Fusini Casa editrice: Gruppo editoriale Espresso pag: 339 costo: 4,90 euro

 
 
 
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