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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

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Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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Nel tempo di mezzo - Marcello Fois

Post n°867 pubblicato il 02 Luglio 2012 da bluewillow
 

Titolo: Nel tempo di mezzo Autore: Marcello Fois Casa editrice: Einaudi formato: e-book pag: 263 (riferite al cartaceo) costo: 1,99 € (era un libro in promozione perché candidato al premio Strega)


“Nel tempo di mezzo” è il seguito di un altro romanzo di Marcello Fois , dal titolo “Stirpe”, nel quale inizia una saga famigliare che parte dall'orfano Michele Angelo Chironi, destinato a diventare un fabbro nella Sardegna di inizio '900, per attraversare quasi un secolo, comprendendo il periodo di tempo che va dal 1889, anno di nascita del protagonista del primo libro, fino al 1978, comprendendo invece nel secondo volume soprattutto lo sviluppo della vita del nipote di Michele Angelo, Vincenzo Chironi.
Non ho letto il volume che precede “Nel tempo di mezzo”, ma posso ben dire che “Stirpe” sarebbe un titolo adattissimo anche al secondo libro: il nucleo del romanzo sembra infatti centrato soprattutto sul propagarsi di una genealogia, a dispetto di tutti gli eventi avversi che possano sopraffarla.
La famiglia secondo Marcello Fois è quasi un destino: nascere da certi antenati significa condividerne una porzione di Fato, soprattutto quando questo si manifesta attraverso eventi drammatici. Così i Chironi, ad esempio, sono destinati ad avere benessere materiale, a realizzarsi nella società, ma a vivere in qualche modo nell'infelicità, perdendo i propri  affetti.
“Nel tempo di mezzo” si apre, nel 1943, nel mezzo della seconda guerra mondiale, con l'arrivo a Nuoro di Vincenzo Chironi: l'uomo, cresciuto in un orfanotrofio in Friuli, dopo la morte della madre, ha scoperto solo molto tardi di essere stato in realtà riconosciuto dal proprio padre, Luigi Ippolito, morto durante la precedente guerra, e ha deciso di visitare quel che resta della famiglia  che non ha mai conosciuto e che vive in Sardegna.
L'aspetto di Vincenzo, del tutto somigliante al padre, convince immediatamente il nonno Michele Angelo e la zia Marianna, entrambi vedovi e senza altri parenti al mondo, che quello che hanno davanti è davvero un Chironi, l'ultima esile speranza che la loro vita, segnata dai lutti, possa in qualche modo proseguire attraverso quel nipote sconosciuto, piovuto dal cielo.
Ripreso in seno alla sua famiglia d'origine,Vincenzo attraversa la trasformazione della Sardegna da terra malarica e selvaggia a zona di lottizzazioni, nuove ricostruzioni e speculazioni, mentre l'Italia cambia con il boom del dopoguerra.
L'esistenza di Vincenzo non sarà però meno travagliata di quella dei suoi antenati: in qualche modo la felicità sembrerà continuamente sfuggirgli, anche se “la stirpe”, l'unica cosa che conta in questo libro, in qualche modo continuerà a propagarsi.
Marcello Fois ha un bellissimo stile, estremamente elegante, che riesce a comunicare con efficacia il senso di impotenza dei suoi personaggi rispetto agli eventi drammatici delle loro esistenze, ma a mancare in questo libro non è certo la bella scrittura: di quella ce n'è tantissima, forse troppa, perché  non c'è un solo passaggio, anche di secondo piano, che non sia arricchito da qualche dettaglio.
L'inizio del volume è visto con gli occhi di Vincenzo che conosce per la prima volta non solo la sua famiglia, ma anche la Sardegna. Se in principio l'eccesso di dettagli, arricchiti di drammaticità, può avere un senso, come quando ad esempio ci viene descritto un pastore cieco che accompagna il protagonista lungo un pezzo della sua strada, per poi non ritornare mai più nella storia, perché Vincenzo sta osservando questo mondo sconosciuto ad occhi sgranati, assorbendone ogni particolare, e la cosa è quindi utile a creare una atmosfera, nel resto del libro l'eccesso di “carico emotivo” associato ad ogni minima azione è un po' come la telecamera di un regista che indugi troppo su ogni inquadratura rallentando il ritmo della storia, e che invece di creare più pathos riesca invece a smorzarne la forza per eccesso di monotonia.
Come ho scritto sopra, a mancare in questo libro non è la bella scrittura, ma forse è la storia che, mi duole ammetterlo, perché davvero Marcello Fois scrive benissimo, è veramente noiosa.
I Chironi purtroppo non hanno niente di notevole. Sì, soffrono. Sì, alcuni di loro, come nelle migliori saghe famigliari sudamericane, hanno anche visioni metafisiche, ma la loro vita è un concentrato di omologazione e non c'è nessun personaggio che non rientri in qualche cliché.
Il nonno è un vecchio conservatore che vorrebbe solo vedere andare avanti la sua famiglia e la sua officina, la zia Marianna sembra la quintessenza della devota tradizionale donna del sud, lo stesso Vincenzo è un personaggio opaco, che segue una specie di corrente senza mia opporvisi.
In questo libro le donne hanno una saggezza che deriva loro solo dal fatto di essere donne, gli uomini hanno “esigenze” che derivano loro solo dal fatto di essere uomini.
C'è in questo libro una scena di violenza carnale, a cui segue un suicidio, che però porta a generare un figlio: ebbene,  il fatto che alla fine da tutto scaturisca una vita sembra quasi una specie di happy-ending, perché l'unica morte possibile è il non avere figli. Davvero sembra contino solo i geni, non le persone. E' un sentimento forse comune, perché ci sono sul serio tante persone che vivono e pensano esattamente in questo modo, ma questo non toglie che io lo trovi insopportabile.
La famiglia secondo Marcello Fois non mi piace, non posso farci nulla: è un concentrato di dolore formato maxi-scorta a cui non si può sfuggire, anzi peggio ancora, a cui nessuno viene in mente, nemmeno lontanamente, che si possa sfuggire. E' forse anche più di un destino, perché contro questo ci si può ribellare, per quanto inutilmente, ma proprio una specie di benda sugli occhi, qualcosa che viene accettato come il fatto che il cielo sia blu e l'erba verde.
Accettazione e dolore sono un po' il filo conduttore di questo libro: si accetta la corruzione in politica come naturale, esattamente come si accetta che i propri parenti muoiano, senza trarre dal tutto niente se non un desiderio che ci sia qualcuno a continuare la tradizione, una stirpe.
E' un mondo piccolo quello dei Chironi, tutto concentrato su di sé: la loro è una umanità che non anela a nulla di più che ad una vita senza scosse, che non prova nemmeno rabbia per la propria condizione, semmai un po' di invidia per quelli che già hanno generato figli.
Per essere brevi, ecco cosa penso di questo libro: una bellissima scrittura sprecata su una storia che stende dalla noia. Davvero, la parte più interessante per me è stata quella in cui viene descritta la distruzione delle cavallette nella provincia di Nuoro, la seconda quella in cui invece si sterminano le zanzare con il DDT.  Il resto purtroppo è troppo aderente a dei cliché.

Sono stata cattiva? Forse. Ma pensate che ho ancora due libri candidati al premio Strega, come "Nel tempo di mezzo", da recensire e sento che non sarò più indulgente!

 
 
 
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