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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Sara

 

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Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

Cuor di Carogna

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Diario di una gravida

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Ricominciamo. Forse

Post n°779 pubblicato il 05 Febbraio 2015 da delilah79

Le cose belle a volte durano. Semplicemente, incapaci di sopportare il peso della felicità che comportano, le distruggiamo.
Sono due anni e più che sono riuscita ad allontanare la serpe che ha ideato questo posto malefico e virtuale.
La mia vita è trascorsa con la leggerezza che da tempo avevo dimenticato (più che altro con una zavorra in meno), sono riuscita a evitare qualsivoglia contatto con il male e a glissare i suoi sporadici tentativi di incontro con le scuse più credibili (“Saretta, perdonami, ma questo pomeriggio sono impegnata a togliere i peli dal culo del mio porcospino, ti raggiungerei volentieri, ma non posso.”); fino a che, poche settimane fa, mossa da spirito caritatevole e speranzosa di sapere che la nostra adorata fosse passata a miglior vita, le ho scritto un messaggio:
Io: - Merda, come stai?
SLM (SarettaLaMerda): - Ahahah, lo sapevo! Hai letto il blog, vero?
Io: - Veramente no, perché?
SLM: - Davvero? Incredibile!!! Quando posti?
A quel punto, la nostra adorata ha iniziato a scrivermi più o meno 15 sms al minuto che spaziavano dal tema pertosse/ipocondria/morte, a sottili e quasi impercettibili epiteti che, a suo modo, volevano essere un dolce monito per farmi ricominciare a scrivere.
Eccomi qui, dunque.
Per qualsiasi lamentela in proposito, rivolgetevi alla diretta responsabile.

Cerchiamo di fare il punto della situazione.

I due anni (e più) di Delilah:

LAVORO.
Forse alcuni di voi ricorderanno che la mia vita trascorreva serena e appagata tra i corridoi dell’Università. Le strade dell’insegnamento accademico si erano generosamente aperte al mio cospetto e il mondo della ricerca italiana e internazionale bramava all’idea che io entrassi a farne parte.
Altri tra voi ricorderanno, invece, la traduzione di questo sogno in realtà: lavoravo per una Capo che mi schiavizzava a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza festività e per qualunque cosa, dalle lezioni, agli esami, ai passaggi in macchina, ai lavori di manovalanza, alla macchinetta del caffè rotta. In cambio, prometteva ricchi premi e cotillon (che nel mio caso equivalevano alla possibilità di lavorare in pace), che però, per uno strano caso, sono poi andati a un' avvenente tizia spuntata dal nulla bolognese che ha la madre primaria di non so quale reparto di non so quale ospedale e che ha accudito amorevolmente il padre della Capo e l’intera stirpe. Strane coincidenze della vita.
Dopo questo lungo tunnel di speranze vane, il mio rapporto di lavoro con la Capo si è concluso con un cortese arrivederci carico di formalità e veleni.
Immediatamente dopo, un’altra emerita figura dell’accademia italiana ha scelto me per collaborare al suo fianco a un importante e promettente progetto internazionale.
Ovviamente, la sottoscritta non è caduta nel tranello dello specchietto per allodole e ha fatto l’unica cosa che c’era da fare: ha accettato. Come si dice? Buona sì, fessa no. Ecco, mi presento: sono l’eccezione alla regola.
Il progetto è stato effettivamente interessante e ha aperto delle strade per me impensabili: io, che notoriamente adoro i fanciulli al punto che giocherei ore e ore con loro al gioco dei fiammiferi e della benzina, mi sono trovata per due lunghi anni ad approfondire il mondo del crimine e della devianza minorile. Cosa chiedere di più? Minori e anche delinquenti.
Ora sono ferratissima su come rubare una macchina e uno di loro una volta, salutandomi, mi ha detto: “Professore’, se avesse bisogno di qualcosa, di q u a l u n q u e c o s a, non esiti a chiamarmi”. La consecutio temporum non era esattamente così, ma garantisco sul contenuto.

Piccolo particolare: si sa, i progetti vanno per le lunghe soprattutto per quanto riguarda i pagamenti, per cui, in attesa di soldi (che ancora non vedo), ho al contempo lavorato: in un’emittente radiofonica (fallita), nella cucina di un ristorante (fallito), a scrivere tesi per promettenti studenti (falliti), arricchendo notevolmente il salvadanaio senza fondo delle lamentele dei miei amorevoli parenti che da quando avevo più o meno 3 minuti di vita hanno alimentato la mia autostima a suon di latte artificiale e dolci parole: sarai una fallita!

FAMIGLIA.
Come già in parte anticipato, la Regina Madre e il Re continuano imperterriti a darmi grosse soddisfazioni.
Tralasciando i loro metodi educativi a lungo termine e focalizzandoci sugli eventi più significativi degli ultimi due anni, posso orgogliosamente dire che anche questo capitolo è stato foriero di serenità e spensieratezza: mio padre ha rischiato due ictus e mia madre, per la legge della parità dei sessi, due infarti.
A questo si aggiunga che il carissimo fratello, deciso a rilassarsi un mese alle Maldive con amici, si è portato dietro, oltre alla palla di neve di Malé, una sbronza colossale che gli è costata un hangover irreparabile: un’amica del gruppo (già madre di due pargoli e sudafricana) incinta.
Lui lo chiama “la stabilità che ho sempre desiderato". Io lo chiamo “il condom che avrei voluto avere”.
Immagino che gli ictus e gli infarti di cui sopra non siano del tutto separabili dal lieto evento.
Chiaramente, il fatto di essere diventata zia mi ha reso una persona migliore.
Il giubilo e la felicità hanno invaso la mia esistenza al pari della scoperta di un intero formicaio nascosto dietro il battiscopa della cucina: una buona dose di Baygon e ho risolto il problema alla radice.

AMORE.
E qui la questione diventa succulenta.
Ebbene sì, la vostra Deliluccia (la H decidete voi dove posizionarla) ha una storia stabile da due anni.
Oddio, di stabile c’è solo la data di inizio che si intreccia alle altissime instabilità mentali dei due protagonisti.
Lui: Chef di fama ed esperienza, bello come il sole, aitante, atletico, forte, intelligente, arguto, spiritoso, capace…
L’idillio è durato tre mesi, degni dei migliori romanzi di letteratura erotico-romantica.
Dopo di che, siamo caduti nel baratro della depressione. Sua, inizialmente, mia, conseguente. Forse avrei dovuto capire che sarebbe andata così da quel piccolo e insignificante gesto di autolesionismo che lui chiamò “incidente di lavoro”, quando, sulle orme di una Nikita rivisitata, decise di infilzarsi la mano con un coltello.
Fatto sta che, al momento, saltelliamo allegramente di fiore secco in fiore secco in attesa di una nuova primavera che, presumibilmente, vedremo solo dopo un equilibrato mix di En, Bromazepam e Xanax.
Non mi è ancora chiaro se sono la causa principale di questi eventi o se riesco sempre a cacciarmi in storie con uomini a un passo dal “best before end”.

Sempre nella sezione amore ho un’importante annuncio da farvi: il 18 luglio scorso sono diventata mamma di Sofia (o Sophie). Cane abbandonato, malmenato, attaccato da altri cani che si è presentato alle porte della mia casa con tutto il bagaglio delle sue turbe psichiche.
Avrei dovuto tenerla una sola notte. Stranamente non l’ha voluta nessuno.
Microchippata, sterilizzata, sverminata, vaccinata, psicopatica. Regalasi al miglior offerente.

DENARO.
Quei pochi risparmi che avevo li ho bruciati dal veterinario, dal parrucchiere (gli anni iniziano a sentirsi e la ricrescita incombe sul mio cranio) e in somatoline (le ragioni di quest’ultimo acquisto saranno chiare a breve).
Se non avrete più mie notizie, venite a cercarmi alla stazione. Sarò sul primo binario, seconda panchina a destra. Gradita una coperta e un pasto caldo. Segno di riconoscimento: un cane depresso che non mi molla nonostante cerchi di scaraventarlo su ogni treno in corsa. Sfortunatamente, Lecce è il capolinea: la velocità dei treni solitamente non fratturerebbe nemmeno la zampetta di una zanzara.

SALUTE.
Sono ormai quattro anni che sfogo le mie amarezze nel tabagismo.
Le conseguenze evidenti sono un fiato corto peggio di Maurizio Costanzo e una voce al risveglio da fare invidia ad Amanda Lear ed Eva Robins messe insieme. La buccia d’arancia non mi appartiene: sono io.
Conto di smettere il prossimo 17 febbraio.
Se finora qualcuno di voi ha ritenuto fossi anche vagamente acida, consiglio caldamente di non avere contatti con me da quella data fino al giorno della mia morte (o della sua).

AMICI.
Negli anni le amicizie sono cambiate, molti degli ameni personaggi “ospiti” di alcuni miei post sono venuti a mancare.
Una costante è l’amico oramai ventennale, soprannominato “il malato” a causa di una malattia rara, incurabile, scoperta circa cinque anni fa, rispetto alla quale anche Telethon ha alzato le mani.
Costui, unico esemplare in grado di sopportarmi per un lasso di tempo superiore ai cinque minuti, fa ancora parte della mia esistenza. Ha tuttavia cambiato città. Ha, inoltre, abbandonato una promettente carriera in campo giuridico per avvicinarsi alla sua patologia: ora è iscritto a un corso per O.S.S. (Operatore Socio Sanitario). Sostanzialmente cambia cateteri e pulisce culi di ottantenni dalle 6 della mattina alle 14. Dice di stare bene. Non mi permetto di dissentire. Comincio, infatti, a ritenere che, dopo essere state accanto a me, le persone siano disposte davvero a tutto.
Un altro amico è sempre O.S.S, passa il tempo a tatuarsi e a comprare cose delle quali si sbarazza più o meno trenta minuti dopo averle acquistate. Costruisce alberi di Natale in plastica riciclata (d’inverno) e bigiotteria in carta (d’estate). In entrambi i casi, tutti quanti fingiamo apprezzamenti che durano il tempo che va dal suo portone al più vicino cassonetto.
Si annoverano tra gli amici più stretti anche un cieco, un’infermiera, un extracomunitario che, nonostante i quasi dieci anni di permanenza in Italia, continua a declinare maschili, femminili, plurali, singolari con una sola vocale: la i; una Mary Poppins mancata che accudisce bambini autistici e un assistente per disabili.
Come vedete, le amicizie le seleziono in base alle mie necessità.

Direi che per ora il quadro generale può considerarsi concluso.

Giorni fa guardavo foto del 2007.
Quando ero giovane e bella, ma non credevo di esserlo, la pelle liscia, il corpo levigato, il sorriso, strano a dirsi, presente.
Quando la vita scorreva regalandomi momenti irripetibili, che, come tutti, non ho mai saputo considerare tali.
Al momento, non nego di avere lo stesso entusiasmo per la vita che potrebbe avere una Milf che decide di iscriversi in una chat erotica. Ci penserò.
Nel frattempo, mi metto a cucinare il pangasio surgelato per la cagna di strada ed esco sul balcone per un’ennesima sigaretta.
Vi terrò nei miei pensieri mentre guardo l’orizzonte: il cimitero.

 

 
 
 
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