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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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« VIOLALoser »

Così fan tutti

Post n°602 pubblicato il 08 Dicembre 2009 da sara_1971

Così come per Cenerentola il destino di Amanda Knox e Raffaele Sollecito si compie allo scoccare della mezzanotte, quando il presidente della Corte d'Assise di Perugia con un filo di voce annuncia ai due passerotti che passeranno metà della loro restante vita in gabbia. E anche in questo i due aguzzini sembrano non potersi lasciare, uniti dalla gravità della pena e dal vincolo della continuazione.

La Amelie di Seattle piange lacrime amare e, forse per la prima volta, sincere mentre il suo suddito, Raffaele, resta impassibile sotto la coltre protettiva della famiglia che ormai da un anno lo venera come fosse una santa reliquia.  

Dopo la sentenza il padre, Franco, cerca subito delucidazioni per intraprendere i successivi passi giuridici. Sperava in un responso diverso, Il Dottore, anche se nella tarda mattinata aveva già esternato l’intenzione di rimanere accanto al figlio in ogni caso, come ha sempre fatto: il 16 ottobre dell’anno scorso Raffaele aveva discusso la tesi, ed in carcere ad assistere c’era soltanto lui, l’onnipresente capofamiglia.

Mi chiedo spesso quale concatenarsi implacabile di cause ed effetti abbia fatto precipitare l’ipotesi criminale nell’atto ma questi interrogativi l’illustre casata barese sembra non esserseli mai posti: di loro stupisce soprattutto la assoluta mancanza di lucidità, oltre che di pentimento.

Dobbiamo scuoiare la Mobile di Perugia: se riusciamo a toglierci dai piedi il capo della omicidi e quell’ altro siamo a posto: dai loro telefoni tenuti sotto controllo in questi undici mesi di processo sono venuti fuori solo insulti e minacce agli investigatori, oltre naturalmente la strenua ricerca di contatti politici.

La zia Sara, militante di Alleanza Nazionale, si rivolge a Domenico Nania che, secondo i parenti di Raffaele, avrebbe potuto intercedere presso l’illustrissimo Renato Schifani. Anche la scelta di Giulia Bongiorno come avvocato è dettata dalla stessa logica. Mara, la matrigna di Raffaele, la definisce la signora Trentapalle e sottolinea: Lei sa come comportarsi in certe situazioni. Tutta questa attività, naturalmente, viene riferita a Raffaele durante i colloqui in carcere, anche questi intercettati.

C’è la sorella di Raffaele, Vanessa, che telefona al padre e annuncia di essere pronta a rompersi un dito pur di transitare nei ruoli civili dei carabinieri e riuscire così a portare avanti l’arguto piano per fare uscire il fratellino di prigione aiutandolo ad andare via da questo Paese di merda. Vanessa Sollecito ha 32 anni ed è tenente dell’Arma in forza alla Regione Lazio. Anche lei, come il padre e il resto del parentado, cerca l’appoggio di personaggi eccellenti per scagionare Raffy e far trasferire i veri colpevoli, ossia i poliziotti che lo hanno messo sotto accusa insieme a quei criminali dei magistrati che, mannaggia, proprio non ne vogliono sapere di liberarlo.

Nel paese dell’evasione fiscale, dei furbi per vocazione e dell’abuso condonato Franco Sollecito ed il suo clan rappresentano l’Italia più volgare e miserabile, ovvero quella che esercita la propria egemonia economica con un senso di rivalsa, quasi di vendetta nei confronti della magistratura. Prendendo lezione da Berlusconi berciano contro l’autorità giudiziaria ritenendo chiunque non sia dalla loro parte un nemico da annientare ed eliminare. A suon di moneta, naturalmente: tanto i soldi fanno scorrere l’acqua al contrario – farnetica quell’esaltata di Vanessa in una delle sue deliranti disquisizioni.

All’inizio della trafila giudiziaria l’intero clan mostra quell’aura di perbenismo e rispettabilità che da sempre è il vanto di una cultura rampante e meschina che da oltre un decennio imperversa in puglia (e non solo) sotto l’egida berlusconiana (ma anche no). Alla lettura della sentenza perdono tutta la loro spocchia e appaiono ingobbiti come facchini sotto il peso di una miseria che erano certi non li avrebbe mai sfiorati.

Il caso Sollecito non è che l’ennesima dimostrazione del fatto che la cosiddetta Casta non è quella politica che siede in Parlamento bensì la società stessa in cui un padre ritiene lecito qualsiasi mezzo, pur di assicurare al figlio l’impunità.

Frego il prossimo e lo Stato perché tengo famiglia e perché così fan tutti: fin dalla notte dei tempi è questo lo slogan che fa da spartiacque fra i fessi, che hanno dei principi, e i furbi, che hanno soltanto dei fini.

Ed è ancora questo il fulcro su cui fa leva l’attuale classe politica dirigente: il marpione che comanda non per la sua capacità ma per l'abilità di fingersi capace, a meno che non si consideri un merito l'affiliazione politica, di clan o dinastica.

Se è arrivato dove è arrivato alla fine è perché se lo merita.

Non è un caso, quindi, che il linguaggio di quell’altra Casta, quella che siede tra i banchi di Montecitorio, sempre più spesso richiami i tempi oscuri della vita della nostra Repubblica. La verbosità con cui qualche giorno fa il ministro Brunetta ha attaccato il “culturame parassitario” è simile al linguaggio usato dal ministro Scelba,  un brav’uomo che mandava volentieri i celerini contro i lavoratori per colpire i ribelli.  

E nel paese dei furbi i ribelli, ovvio, sono i giudici.

I due imputati hanno fortunosamente evitato l’ergastolo grazie a Giulia Bongiorno, profumatamente pagata per ricordare al suo assistito un assunto che ultimamente sembra non andare  più di moda: Avere fiducia nella giustizia significa prendere atto delle sentenze anche quando ci danno torto.

Sarebbe bene ricordare a Sollecito, a Brunetta, ma soprattutto al nostro esimio Presidente, che i tentativi scelbiani di abbattere le garanzie democratiche, all’epoca, non passarono.

E, forse, nemmeno oggi.

 

P.S. La stampa italiana ha fatto di Amanda una star. Non è la prima volta che accade: Azouz, ebbe a dire che aveva passato i mesi più belli della sua vita proprio allora, dopo la morte violenta della moglie e del figlio, tra feste, foto ed ingaggi milionari. D’altronde chi pecca clamorosamente in Italia non rischia l'aggressione, semmai l'adulazione e per i due piccioncini, tra una decina di anni o anche meno, probabilmente oltre alle porte della prigione si apriranno anche quelle della casa del Grande Fratello.

Per ora Amanda ha avuto il merito di contendersi l’attenzione mediatica con il corteo del No B-Day che ha furoreggiato qualche giorno fa in Piazza San Giovanni.

Eh… avercene di Amanda… una al giorno ce ne vorrebbe: vero Presidente?

 
 
 
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