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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

Benvenuti nel mio blog!

Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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Death Comes to Pemberley - P. D. James

Post n°767 pubblicato il 08 Febbraio 2012 da bluewillow
 

Titolo: Death Comes to Pemberley Autrice: P. D. James Casa editrice: Faber & Faber pag: 320 (riferite al cartaceo) lingua: inglese formato: e-book

Anche la celebre giallista P. D. James non ha resistito alla tentazione di scrivere un seguito di "Orgoglio e Pregiudizio", eccola quindi alle prese in "Death Comes to Pemberley" (letteralmente "La morte arriva a Pemberley") con una versione in chiave mistery di uno dei tanti sequel di "Pride and Prejudice".
La scrittrice è consapevole che l'esisto dei suoi sforzi potrebbe essere incerto, se paragonato allo stile impeccabile della Austen, ma soprattutto conscia del fatto che le scene di dramma esasperato non appartengono a questa autrice, si scusa con i lettori, nella "nota dell'autore" iniziale (tradotta dall'inglese):

Devo delle scuse alla memoria di Jane Austen per aver coinvolto la sua amata Elizabeth nel trauma di una investigazione per omicidio, specialmente per il fatto che nel capitolo finale di Mansfield Park, Miss Austen ha reso ben chiaro il suo punto di vista: "Lascio altre penne a dilungarsi su colpa e desolazione. Io abbandono tali odiosi argomenti appena mi è possibile, impaziente di riportare coloro che non abbiano commesso grossi torti a una condizione di accettabile benessere e di occuparmi di tutto il resto."

Se c'è una cosa che Jane Austen non ha mai amato molto è proprio la rappresentazione dell'eccezionalità: nei suoi libri ogni individuo non è mai né totalmente buono o malvagio, ma un misto, in proporzioni variabili di entrambe le cose. Jane Austen ha sempre cercato di essere fedele ad una realtà oggettiva, limitata ovviamente al mondo che essa stessa conosceva. Non per niente in "Northanger Abbey" si fa beffe del romanzo gotico alla Ann Radcliffe: divertente da leggere, ma che non ha alcuna attinenza con la realtà. Celebre la scena della sua eroina, grande lettrice di romanzi gotici, che apre con trepidazione un cassetto di una scrivania, in una camera da letto nella quale è ospitata per la notte e vi trova, non senza una certa delusione, non la confessione di una donna prigioniera nella stessa stanza o qualunque altra trovata di stampo romanzesco, ma una comunissima lista della spesa.
P. D. James deve quindi allestire un omicidio in un mondo creato da un'altra scrittrice per rappresentare una tranquilla normalità, in cui le forti emozioni sono di solito quelle che derivano da pene d'amore e d'amicizia.
Siamo nel 1803, a circa cinque anni dal matrimonio dei protagonisti di "Pride and Prejudice", benedetto dall'arrivo di due bimbi.
Dopo un capitolo iniziale nel quale viene riepilogata, non senza una certa ironia, la storia dell'amore tra Elizabeth e Darcy dal punto di vista degli abitanti del vicinato, che vedono nella ex signorina Bennett una astuta calcolatrice, capace di pianificare ogni mossa, compresa quella di una opportuna visita a Pemberley proprio nel momento in cui vi era presente il futuro marito da accalappiare (nel romanzo originale, in realtà tutto avviene in maniera casuale), P.D. James deve darsi da fare per trasformare lo scenario di Pemberley, da fastoso e rassicurante, come ce lo aveva dipinto Jane Austen, in misterioso e maledetto.
Ecco quindi spuntare dal nulla un cottage, nel parco di Pemberley, dove un antenato di Darcy, vissuto in solitudine dimentico dei propri doveri, si è tolto la vita suicidandosi con un fucile, dopo la morte dell'amato cane Soldier.
I tranquilli boschi della magione dei Darcy si trasformano quindi in uno scenario fosco, dove si aggirano fantasmi inquieti e che fa sorgere strane dicerie fra la servitù.
"Era una notte buia e tempestosa" è un inizio piuttosto sfruttato, ma fa sempre comodo ed è quello che P. D. James utilizza per aprire il romanzo (non alla lettera ovviamente).
La sera che precede il ballo di Lady Anne, dedicato alla memoria della madre di Darcy e Georgiana, mentre il vento ulula come impazzito fra gli alberi, una carrozza giunge davanti alla porta di Pemberley: ne esce una sconvolta e piangente Lydia che ritiene che il marito sia stato ucciso nei boschi.
Lydia racconta che, mentre era diretta in carrozza (non invitata) a Pemberley per il ballo, suo marito George Wickham e il capitano Denny, un suo ex commilitone, hanno avuto in diverbio, al culmine del quale lo stesso Denny, dopo aver chiesto al conducente di fermarsi, si è precipitato fuori dalla vettura, dirigendosi nel folto del bosco, subito inseguito da Wickham. Dopo un certo tempo Lydia e il conducente avevano sentito degli spari e, deducendone che doveva essere accaduto qualcosa di terribile, erano corsi alla dimora dei Darcy per chiedere aiuto.
Darcy, il colonnello Fitzwilliam (cugino di Darcy) e l'ospite (nonché pretendente di Georgiana) Henry Alveston, si recano immediatamente sul posto e in una radura trovano un Wickham ubriaco, piangente, con il volto e le mani ricoperte di sangue, chino sul cadavere del capitano Denny, mentre si lamenta che quanto accaduto è tutta colpa sua.
Le evidenze sono tutte contro Wickham, la cui propensione alla menzogna e alla manipolazione avevamo già conosciuto bene in "Orgoglio e pregiudizio", dove aveva ingannato abilmente tutti, ma soprattutto Elizabeth, dipingendo sé stesso come un buono maltratto dall'orgoglioso Darcy, di cui era stato compagno d'infanzia, mentre in realtà aveva più volte tradito la fiducia che gli era stata ampiamente concessa, tentando addirittura di sedurre la quindicenne Georgiana, convincendola a fuggire con lui per sposarla, con l'aiuto della governante Mrs Younge.
Ovviamente il mistero è molto più complicato di quel che sembra, ma seguiremo Wickham nelle varie fasi del suo processo, in quella che appare, in questo volume, soprattutto come una rievocazione storica del procedimento penale inglese ottocentesco, che non come una parte effettivamente importante del volume.
In questo libro infatti nessuno si improvvisa investigatore e non c'è pericolo, come in altri sequel di questo romanzo, di vedere Darcy ed Elizabeth nei panni di improvvisati Sherlock Holmes, ma la scoperta di come si siano svolti gli avvenimenti viene lasciata ad eventi casuali ed opportune confessioni.
Senza addentrarmi nei dettagli del giallo, per non rovinarvi una eventuale lettura, posso solo dirvi che la figura di Wickham verrà demolita anche più che non nel romanzo originale, trasformandolo da falso, avido ed ambizioso in un uomo dalla moralità infinitamente più dubbia di quanto non sia già apparsa in precedenza.
P. D. James si diverte, da giallista, a ricostruire i punti oscuri della trama di "Orgoglio e Pregiudizio", allestendo una spiegazione di come Wickham sia riuscito in passato ad ottenere l'appoggio di Mrs Young, alla quale è legato da un insospettabile legame.
Inoltre ci fornisce una "colpevole" per la più che opportuna fuga di notizie sull'intesa fra Darcy ed Elizabeth che nel volume della Austen aveva portato una altezzosa Lady Catherine de Bourgh, zia di Darcy, a fare una solenne ramanzina ad Elizabeth sull'opportunità di "insidiare" uomini di più alto ceto sociale, cosa che aveva poi favorito, paradossalmente, proprio la riunione dei due innamorati: era stata ovviamente Charlotte, invidiosa di Elizabeth e desiderosa di prevalere sull'amica di un tempo, a spifferare tutto a Lady Catherine.
Un altro personaggio totalmente demolito da P.D. James è, a sorpresa, il colonnello Fitzwilliam, cugino di Darcy: in questa versione lo vedremo trasformarsi da simpatico figlio cadetto, dal carattere solare, in un conte altezzoso e inacidito, divenuto tale in seguito alla morte del fratello maggiore, precedentemente erede allo stesso titolo. Inaspettatamente anche il colonnello sarà un pretendente di Georgiana.
Altra trovata divertente è quella di legare idealmente "Orgoglio e Pregiudizio" a "Persuasione", inventando un precedente impiego di Wickham come segretario di Sir Walter Elliot, padre della protagonista di "Persuasione" Anne, molto sensibile al fascino femminile: nella versione di P. D. James, Wickam dovrebbe infatti lasciare il lavoro a causa delle insidie fatta alla moglie Lydia proprio da sir Elliot (nel libro originale sir Elliot ha una infatuazione un'amica di Anne, la vedova Mrs. Clay).
Nel complesso il volume ha una partenza un po' lenta ed il giallo in sé non si può certo dire appassionante, anche a causa di frequenti rievocazioni degli avvenimenti che non sembrano mai portare a nuovi elementi chiarificatori: mi chiedo onestamente perché portare una ventata gotica a Pemberley solo per un omicidio, quando questo tutto sommato ha davvero poca influenza sulla dinamica dei fatti.
Tutto il pathos è concentrato nei capitoli finali, ma non è sufficiente a risollevare una trama un po' fiacca che riesce ad essere convincente solo quando si rifà ad avvenimenti del libro originale, seguendo i passi di Jane Austen, di cui cerca di spiegare i passaggi che la scrittrice aveva lasciato più indefiniti.
Una lettura che può certamente essere piacevole per chi conosce già bene "Orgoglio e Pregiudizio" (io ho trovato talora molto divertenti le "variazioni sul tema" di P. D. James) ma forse molto meno appassionante per tutti gli altri.
Mi chiedo onestamente perché chi scrive sequel dei romanzi di Jane Austen cerchi di ficcare a forza dramma e gotico nelle sue trame, quando invece questa scrittrice si è impegnata in ogni modo esattamente in senso opposto, scrivendo d'amore, ma senza mai tenere troppo lontano il lume della ragione.

 

 
 
 
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