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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

Benvenuti nel mio blog!

Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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Una forma di vita - Amélie Nothomb

Post n°721 pubblicato il 12 Dicembre 2011 da bluewillow
 

Titolo: Una forma di vita Titolo originale: Une forme de vie Autrice: Amélie Nothomb Traduzione: Monica Capuani Casa editrice: Voland pag: 128 costo: 14 €

Amélie Nothomb è sempre adorabilmente scorretta: che si parli di disordini alimentari, della guerra in Iraq o della sua stessa vita, che è spesso al centro dei suoi migliori romanzi, questa scrittrice non ha tabù o limiti che non possano essere superati.
"Una forma di vita"  è  un divertente  romanzo epistolare che vede la stessa Nothomb, nella sua figura di scrittrice, come protagonista e corrispondente con un tale Melvin Mapple, che le si presenta per lettera come suo ammiratore, nonché soldato americano di stanza in Iraq, afflitto da una grave obesità.
Sembra che l'idea per il romanzo sia venuta alla scrittrice leggendo un articolo dedicato ai problemi dei soldati U.S.A., fra cui si elencava la tendenza sempre più frequente all'eccesso di peso.
Come è tipico della Nothomb il tema è stato portato all'esasperazione e dunque il soldato Mapple non è solo un po' grassoccio, ma così severamente obeso da essere un vero e proprio caso clinico.
La vicenda offre lo spunto alla scrittrice per severe invettive contro una guerra giudicata inutile e soprattutto dovuta a motivi infondati (le inesistenti armi di distruzione di massa), nonché per disquisire in generale significato della scrittura nella sua vita.
In maniera coraggiosa e assai ardita (visto che certamente stimolerà l'ulteriore invio di tonnellate di lettere) la Nothomb dichiara di rispondere davvero ai messaggi dei propri ammiratori e di aver più volte intrattenuto con essi, anche se non con tutti, dei veri e propri scambi epistolari, ricevendo spesso sonore delusioni e strane richieste: non solo lettere di complimenti o ammirazione, ma anche scrittori in cerca di un'occasione, professori che volevano che correggesse i compiti degli alunni (tutti suoi fan, ovviamente!), preghiere di inviare del denaro o di trovare un lavoro, nonché missive di un numero molto alto di  bugiardi patologici.
Il volume si apre con una Amélie che sembra quasi mettersi su un piano di superiorità rispetto al suo interlocutore, le cui lettere giudica assai strane per l'orgoglio mostrato dal mittente verso la propria "generosa" forma fisica.  Mapple dice infatti di essere obeso come forma di ribellione contro una guerra che non condivide: arriva addirittura a sostenere che mangiare in modo eccessivo sia una forma di tossicodipendenza, ma anche un modo di dimostrare che si ha un'anima capace di ribellarsi al marcio e all'ingiustizia di una missione militare contro civili inermi.
Nella seconda parte del volume l'autrice viceversa ridimensiona sé stessa, gettandosi addosso da sola l'accusa di irrimediabile ingenua, che sull'onda dell'emotività è a volte troppo pronta a credere a qualunque cosa le venga scritta. Allo stesso tempo, comincia ad annullarsi la differenza fra mittente e destinatario, non solo per il fatto che lo stile di Melvin diviene ancora più nothombesco che mai (impossibile anche solo per un attimo prendere per vero questo scambio epistolare, vista l'assoluta uniformità della scrittura), ma anche perché man mano che emerge il vero Mapple, anche la scrittrice rivela la vera sé stessa, mostrando meno rigidità e formalità. Alla fine il grasso Melvin non è altro che una specie di alter ego della scrittrice, o meglio una sua immagine allo specchio: forse ciò che vede o teme di vedere dentro di sé.
Il volume è quasi una lettera "nelle lettere" ai propri sostenitori, a cui Amélie rivolge numerosi appelli: non scrivere più di due fogli, possibilmente in fronte-retro per motivi ecologici, non raccontare storie lacrimose per suscitare pietà per poi aggiungere " non vorrei che pensasse che voglio farle pietà", non pretendere di non essere trattati come tutti gli altri perché il destino sarebbe essere immediatamente cestinati (tutti "gli altri" non vengono infatti cestinati), in linea di massima cercare di essere sinceri e non pretendere di avere strane e misteriose corrispondenze con l'autrice ("io te te siamo uguali", "solo tu mi puoi capire").
Come al solito nel romanzo non mancano le frasi degne di citazione, la migliore è forse una riflessione sull'arte:

"Un artista che non dubita è un individuo insopportabile quanto un seduttore che ritenga di aver già conquistato. Dietro ogni opera si nasconde una pretesa enorme, quella di esibire la propria visione del mondo. Se una simile arroganza non è controbilanciata dai tormenti del dubbio, si ottiene un mostro che sta all'arte come il fanatico alla fede".

Nonché una frase, davvero significativa, sul perché la Nothomb scriva:

"Da quando hai cominciato a scrivere cosa insegui? A cosa tendi con un ardore tanto eccezionale da tanto tempo? Cosa è per te scrivere? Tu lo sai: se scrivi ogni giorno come un'indemoniata è perché hai bisogno di un'uscita di emergenza. Essere uno scrittore per te significa cercare disperatamente la porta d'uscita".

Il libro è come sempre acuto, geniale e un po' folle, ma soprattutto troppo breve! Se dovessi mai scrivere una lettera alla Nothomb avrei una sola richiesta: quella di vederla alle prese con un romanzo di più di duecento pagine!

 
 
 
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