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« I forti e i diversamente forti.Indovinare il numero giusto. »

Il tempo della poesia e quello della prosa

Post n°2390 pubblicato il 05 Gennaio 2023 da fedechiara
 

C'è stato un tempo in cui scrivevo poesie. Il gusto della parola capace di estrema sintesi concettuale ed evocativa e interattiva (diremmo oggi) con simboli e metafore. E bastava che leggessi Montale e scattava in me il riflesso condizionato dello scrivere 'alla Montale'. Ed era così quando leggevo le terzine brucianti della Valduga o le raffigurazioni 'zen' del bravo Magrelli. L'imitazione è sempre una buona scuola, chiedetelo a quelli che vanno a copiare i Renoir e i Velazquez dentro ai musei e trovano, infine, una loro 'maniera'.
Poi subentrò il silenzio e la mia vita è cambiata (quale non lo è?) e la parola capace di estrema sintesi e 'canto' mi è diventata oziosa, gratuita – ed è vero che i pochi poeti degni di questo nome in circolazione raramente si vanno a visitare 'nel web' o se ne colgono le perle di un loro distico giusto per una dotta citazione di breve respiro - sarà per amore di brevità, appunto, in tempi di twitter e f/b, che di gente che vuole passare due ore a leggere un qualche testo in giro se ne trova sempre meno.
Più la biblioteca di Alessandria de 'il web' allarga gli orizzonti del 'vedibile' e facilmente usufruibile, più si restringono gli orizzonti mentali, chissà perché.
Sarà perché impazza il 'multitasking', in questo scorcio di millennio entrante – che vuol dire che uno si fa la barba e legge la mail e occhieggia le offerte di Getbazza e sorveglia l'uovo alla coque e risponde a una domanda oziosa della moglie in vestaglia tutto insieme. Giovani generazioni crescono, proiettate in un futuro che li educa alle nuove tecnologie sempre più sofisticate e 'veloci' e chissà chi si ricorderà più del Parini della 'vergine cuccia' o saprà citare a memoria una terzina della Commedia.
E, a volte, mi capita di svegliarmi al mattino e di avere in mente i residui di quell'attività neuronica desueta che si esprimeva in rima o in endecasillabi e mi viene da sedermi davanti allo schermo del pc e provare a dargli forma e legame con altre associazioni e intuizioni e oniriche sfilacciature, ma dopo breve 'poetare' mi coglie l'affanno del 'cui prodest' e la poesia resta in abbozzo o scatta la tagliola del 'reset'.
Poco male. In fin dei conti, scriveva il poeta già ai tempi suoi, '… a che vale / al pastor la sua vita / la vostra vita a voi ? dimmi: ove tende / questo vagar mio breve / il tuo corso immortale?'
Nessuna descrizione della foto disponibile.

E comunque (quantunque e sebbene) : Ne ha distrutti di più, di poeti abborracciati / e di rima faticosa ed endecasillabo stento / l'aver saputo da Francesco che anche Mussolini / scriveva poesie: animo nobile e tenerello / vestito d'orbace il cui distico più famoso / fu recitato in piazza Venezia in un mattino di sole. / 'Volete burro o cannoni?' tuonò il poeta gonfiando il petto. / Ottenne un'ovazione registrata nei libri di storia / alla voce: le follie della guerra'. Parce sepulto.

 
 
 
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