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Sara
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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Si è girato un gran vento, tutto d’un tratto, inaspettato. E’ sbattuta la porta della cucina, un colpo secco e fragoroso, come un pugno ben assestato sul tavolo. Come un secco “basta”.
A volte mi domando se io sia stata la più fortunata delle tre, la prescelta dalla sorte, l’iniziata al cammino complicato. Colei che per maggiore onestà rispetto ad altre sarebbe stata l’unica in grado di tirare lo strattone giusto o, forse, quella più adatta a sopportare i colpi. Ma anche colei che poi rivela la fragilità del suo passaggio e l’inconsistenza della sua orma: guardami, non ho nemmeno ombra.
L’uomo è interessante perché è un essere malato, diceva qualcuno, la sua malattia è l’impotenza. Il colpo di vento si è rivelato una tromba d’aria. Ero sull’uscio di casa, pronta per andare al gran ballo. Ho rigirato il passo, mi sono diretta verso la camera in fondo al corridoio, mi sono spogliata, e così, completamente nuda, sono andata a dormire.
Bisogna saper rimodellare le proprie aspettative, riprogrammare il tempo.
Ho avuto freddo. Ho quasi sperato di prendere l’influenza, perché potessi restare lì, sotto le lenzuola bianche a fingere d’essere trasparente al resto, all’ambiente, al frastuono indecifrabile.
Se scrivi un pezzo e lo leggono ad apertura di presentazione, sei felice. Quando ti accorgi che la lettura si ferma alla citazione iniziale dell’autore - messo un po’ a caso, del quale non hai nemmeno finito di leggere il libro - ed incroci occhi che soddisfatti sembrano dirti: “sei contenta? Stanno leggendo il tuo racconto!”, allora ti senti spaesata e non tanto per il pezzo, ma perché temi un po’ che la tua vita si possa raccontare come una bella citazione d’altri senza prosecuzione.
Sei partita e da lontano invii immagini di strade note. Vorrei raggiungerti, ma sono impelagata nelle trame di una esistenza troppo spesso ricamata da altri.
Quando si è stanchi accade che si scrivano le cose più lucide, le più lineari. Magari con qualche errore di battitura, qualche vocale sbagliata, qualche virgola in più. Quando si è stanchi si riesce a trovare il filo spezzato che spesso corrisponde all’immagine riflessa nello specchio la mattina.
A volte sembra che gli eventi circostanti mi attraversino, raschiandomi dentro. Io immobile o mobile a piccoli passi, quasi impercettibili. Io in mezzo, colorata senza colore, o forse scolorita.
Hai ragione: la strada della commiserazione non è produttiva di risultati ed hai ragione anche quando mi additi come la regina nell’arte del leccarsi le ferite. Eppure sono in stallo, sento i piedi nel fango e se anche mi liberassi non saprei in quale direzione dirigere il passo. Ho perso la bussola che non ho mai avuto.
Lontani da me, ma così attaccati alla pelle per farmi sentire il vostro respirare perfetto, senza un cenno di affanno.
Gravitas gravitas… spinta a serietà. Non potere, di nuovo, ma restare immobili al fine di muoversi.
Chissà, forse è tutto un girare vorticoso senza senso.
O forse l’unico senso è così banale che abbiamo necessità di costruire artifici intorno.
Forse la risposta è tutta in una brioche con granita alla mandorla in una mattina assolata.
Erba
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