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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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Giocala

Post n°423 pubblicato il 18 Novembre 2008 da erbavoglio_70

 

 

(Adiòs, adiòs que le vaya bien... Que le muerda un perro y le muerda bien)


Sai che sono buona e non desidero minare la tua autostima. Ma da quando sei andato via fatico a ricordarmi di te. Mi spiego meglio: se lo annoto sul Post-it accanto al letto la sera prima, leggo il tuo nome e sussurro “Ah, già, Luca.” Altrimenti possono trascorrere ore senza che il pensiero ricada su di te. Si stanno sfilacciando i rituali che ci legavano e sai bene che le abitudini cambiano in fretta. D'altra parte, con il ricatto, l'ostentazione di ricordi e legami, dei problemi del quotidiano o con l'occultamento dei sentimenti noi amiamo l'altro?

E così aspettarmi una tua telefonata, con il cervello e il cuore in fervida attesa, quasi vestiti a festa, è se non infantile assolutamente fuori luogo, ma, scusa: oggi non riesco proprio a farne a meno.

Passi per quei giorni in cui le ore sono solo ventiquattro e mi piaccio al mattino guardandomi allo specchio. Allora si innesca uno strano meccanismo, una reazione a catena di eventi ben inanellati: non cade l'asciugamano del bidet, nel tragitto verso il lavoro non ci sono ingorghi, riesco a essere fiera del mio operato (che pur non preludendo a un Nobel gratifica le mie nottate amare di studio e cioccolata), non macchio di caffè la camicetta nuova, non perdo l'accendino. Insomma non ci sono complicazioni, tanto che l'animo si cheta e rasserena “Ma sì: così va bene, questo è il mio posto”.

Ci sono poi giorni come questo, in cui l'orgoglio corre più lento dell'amore, in cui la tua assenza fagocita i dogmi e la logica. L'urgenza di dover comunicare con chi non c'è la conosco bene, avendola letta tante volte sul viso di mia madre.

Allora mi chiedo se sia sbagliato essere fedele alle decisioni prese durante interminabili notti, a seguito di ragionamenti fondati sul buonsenso, influenzata dalle sceneggiature di mille film d'amore, dai consigli magistralmente elargiti nel passato alle amiche, dalle pagine del diario sulle quali mi compatisco. Proprio io; ma a me piace chi scrive come se stesse facendo l'amore. Senza sforzo e senza fingere. Quindi cancellerò quelle frasi dettate dalla paura di confrontarmi con sentimenti che si sono evoluti, rendendo isomorfe le nostre anime distanti, e non si incanalano nell'usuale percorso a due, retaggio della maniera d'altri che non ti hanno incontrato. Se tu volessi intanto aiutarmi, perché certi vezzi sono difficilmente modificabili, potresti arrivare alle mie spalle e... oppure, cazzo, comporre il mio numero.




 
Rispondi al commento:
panglos
panglos il 18/11/08 alle 06:58 via WEB
Ebbene sì, sono comunista, o, meglio, lo sono stato. Oggi sono un tranquillo uomo di sinistra: non mangio più i bambini, almeno fino a che la dispensa non è proprio vuota.
Mi chiedi come fa una persona dotata di cervello ad essere comunista; come si faccia oggi ad essere comunisti in Italia me lo chiedo anch’io; si va a grossi passi verso una politica bipartitica dove non c’è spazio per gli estremismi siano essi di destra o di sinistra; io penso da molti anni che probabilmente un giorno scopriremo che Bertinotti è sul libro paga di Berlusconi: Bertinotti ed i suoi affiliati consentono a Berlusconi di sventolare lo spauracchio del comunismo facendo passare i veri problemi, quelli per i quali vale la pena di assistere ad un confronto politico, in secondo piano.
Detto questo posso però dirti come è maturata la mia coscienza politica (comunista un tempo, di sinistra oggi).
Vedi io non sono nato a Pisa, sono nato a Napoli; non vivevo nella Napoli bene ma in un quartiere modesto; la quasi totalità di Napoli è così, i quartieri alti sono pochi. Quindi sono cresciuto in un quartiere che dava il senso tangibile alla parola proletariato.
Ricordo un episodio, avevo non più di 8 anni: nel mio palazzo, al pian terreno, in un “basso” (così si chiamano) c’era una donna con almeno 3 figli che viveva da sola, tutti la chiamavano “monnezza” (spazzatura) per la scarsa cura che dedicava a se stessa e alla casa. Un giorno, doveva essere primavera, scoppia un temporale fortissimo, da casa mia si sentono il pianto e le grida spaventate di alcuni bambini, erano i figli di “monnezza”, la madre li aveva lasciati da soli. Mio fratello, che ha sempre avuto un ottimo spirito di iniziativa, li porta in casa nostra dove mia madre li tranquillizza e offre loro del the; erano scalzi, vestiti di mutandina e canottiera, sporchi dai capelli ai piedi.
Mi è capitato negli anni talvolta di pensare a quei bambini, cresciuti sentendosi chiamare i figli di “monnezza”, nell’indigenza più assoluta dove anche fare il bagno è un lusso; non penso di essere pessimista se dico che non credo oggi siano dei professionisti affermati.
Tutto ciò per dire che sono cresciuto con una forte esigenza di giustizia sociale perché intorno a me non la vedevo: una donna adulta ha il diritto di vivere come vuole, ma dei bambini devono vivere e crescere in un ambiente che abbia i requisiti minimi di vivibilità indipendentemente dai genitori che gli sono toccati.
Negli anni ’70, anni durante i quali è maturata la mia scelta politica, c’erano solo due partiti che valevano la pena di essere presi in considerazione: la DC e il PCI; non ho mai considerato la possibilità di aderire ad un partito minore, già applicavo un mio personale bipartitismo, o l’uno o l’altro. La DC era portatrice di valori e di comportamenti morali che non mi appartenevano; il lassismo morale dei suoi rappresentanti e la cultura cattolica di cui si faceva portavoce erano lontanissimi dal mio pensiero.
Dall’altra parte c’era il PCI, portatore di valori a me più vicini (l’uguaglianza nelle opportunità e il rigore morale furono quelli che fecero maggiormente presa su di me). Anche nel PCI c’erano però delle posizioni politiche che digerivo con molta difficoltà: la rivoluzione, ossia la guerra armata, mi faceva orrore, ed orrore mi faceva l’accondiscendenza verso tutti i crimini di cui si macchiava l’Unione Sovietica.
Indro Montanelli, in quegli anni, ebbe a dire: “Turatevi il naso e votate DC”; ebbene io mi turavo il naso e votavo PCI. Un’altra frase di quegli anni che amo perché rappresenta appieno la mia evoluzione politica è: ”Chi non è comunista a 20 anni è senza cuore, chi lo è ancora a 30 è senza cervello”.
[... seconda parte...]
Sono stato probabilmente frainteso, sono i limiti di un dialogo a distanza: la mia "monnezza" non è una storia lacrimevole, è il simbolo della sconfitta di uno Stato. Non si doveva piangere per lei, non ne vedo il motivo, ma si dovevano creare le strutture affinché i suoi figli (non lei!) crescessero avendo uno straccio di opportunità. Non è facile demagogia dire che se quei bambini sono oggi spacciatori o assassini è un po' colpa anche di uno Stato che li ha ignorati.
Ho cercato di dirti due cose che non sono arrivate:
1) Non sono mai stato comunista, non lo ero, non lo sono e non lo sarò. Ho votato per un partito che mi sembrava meno malvagio di un altro. La lotta di classe mi ha sempre fatto ridere: quanti comunisti ho conosciuto il cui obbiettivo fondante era avere qualche soldo in più in busta paga!
La sinistra di quegli anni, e quella di chi ancora oggi la rimpiange, era così lontana dai miei veri ideali che quando è crollata (vorrei solo ricordarti che questo è avvenuto 19 anni fa!) sono stato, credimi, molto più felice delle persone di destra. Finalmente poteva nascere una sinistra moderna.
2) La situazione attuale è, per certi versi, ancora in divenire: c’è un bipolarismo ma ci sono ancora troppi partiti. Io bramo una realtà politica sovrapponibile a quella americana (che tu sembri tanto amare): due grandi partiti uno di centrodestra e uno di centrosinistra. Chi vince governa, chi perde si dà da fare per governare alle successive elezioni così come è in America.
 
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