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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Sara

 

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Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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Diario di una gravida

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Il cielo in una stanza

Post n°236 pubblicato il 11 Marzo 2008 da erbavoglio_70

 

Coloro che hanno interagito con me per più di un paio d'ore sanno che non sono il genere di persona cui piace condividere la propria privacy. Questo costituì un ostacolo quando decisi di andare a vivere in un centro sociale, con grande sollievo dei miei. Sono disposta al dialogo, allo svolgimento di attività di gruppo e anche alle grandi ammucchiate, ma devo disporre di un bagno personale e di una postazione, inaccessibile a terzi, munita di pc, scrivania, cassetti, ripiani vari e finestra. Sono maniaca dell'ordine e considero un diritto inalienabile quello di disporre, assecondando le proprie fissazioni e i propri gusti, i portapenne, i posacenere, i fogli, le tartarughe di legno. Raramente allineo gli oggetti parallelamente ai lati del tavolo e l'alterazione, anche lieve, dell'angolazione da me scelta per ogni oggetto può essere causa del mio malumore. Probabilmente, se fossi stata figlia unica come ho sempre sognato, sarei meno ossessionata dall'ansia di solitudine, e se mia sorella fosse stata meno stronza sarei meno gelosa delle mie t-shirt. Ma inutile pormi ancora certe domande, devo accettare la mia condizione di secondogenita. Questa, agli occhi dei genitori, non costituisce né un miracolo né una novità, e rappresenta per quelli della sorella maggiore un elemento di disturbo che part-time può essere impiegato per trastullarsi o per esercitare la propria capacità persuasiva. Mia sorella si stancò definitivamente di me non appena un suo compagno di classe delle medie iniziò a sortire su di lei uno strano effetto, e approfittò di un fine settimana che io trascorsi da una cuginetta per lasciare la nostra stanza, portandosi dietro anche il radiolone. Non andò molto lontano: semplicemente occupò militarmente un ripostiglio munito di finestra, concedendomi il privilegio di dormire con il terzogenito (agli occhi dei genitori innanzitutto maschio - il cui concepimento resta avvolto dal mistero - agli occhi delle sorelle essenzialmente non femmina e irrimediabilmente piccolo). Iniziò il mio inferno: il poster dell'Uomo Ragno spodestò quello di Antonio Cabrini, le mie bambole furono adescate da orrendi mostri chiamati Masters of the Universe e le mie telefonate conobbero numerose interruzioni inopportune. La situazione promiscua di riflesso fece sviluppare la mia capacità di adattamento e le mie dettagliate analisi interiori. Insomma: mai avuta una stanza per me, fino al momento dell'indipendenza economica. Inutile dire che io non ho cercato casa, ma un bunker con intorno altre stanze, destinate a ospitare i miei familiari. La caratteristica principale del bunker è l'essere uno spazio angusto per placare l'amore verso l'horror vacui di cui sono, tra le altre cose, vittima, ma soprattutto per impedire ad altri di accedervi, o quanto meno di trovarsi a proprio agio. Alla faccia degli open space io ho finalmente un posto tutto mio, con aria, luce, libri, pc, fotografie, ritagli, quaderni, penne e moleskine. Quando a tarda sera posso rintanarmi faccio l'appello, perché ogni foglio che c'è non si trova qui per caso e deve sentirsi unico, e poi, per poche ore, gioco con i miei pensieri di oggi e di ieri.




 
Rispondi al commento:
panglos
panglos il 12/03/08 alle 07:04 via WEB
Mamma mia, quanto è stimolante questo post... devo dire che Erba, da un po' di tempo, ha ripreso a produrre buone cose.
Per commentarlo adeguatamente occorrerebbero giornate di digitazione: convivenza / ordine / la collocazione nella famiglia di origine / rapporto coi fratelli / meglio un fratello, una sorella o nessuno dei due? / ospitalità.
Accenno solo al rapporto che avevo, piccolissimo (meno di 5 anni) con mio fratello e mia sorella, entrambi più grandi di me.
Mia sorella, primogenita, si è resa conto ben presto che il mondo era destinato ai maschi, non si è arresa al suo destino di essere inferiore, ma, questo solo da bambina, si è adattata evolutivamente. Vivevamo allora in una casa che mio padre aveva comprato nei quartieri spagnoli di Napoli, non mi risulta che la casa sia stata pagata con i proventi di una rapina, ma ricordando il tenore di vita della mia famiglia, non mi stupirei. La casa ha un ampio (4m. x 3,5m) inresso/soggiorno/salotto/tinello, una cucina piccolina, e una comoda camera da letto che può ospitare, se opportunamente stipate, 5 persone, nella fattispecie madre, padre e tre figli. La privacy era improponibile, manco sapevamo cosa fosse, mi sono sempre chiesto dove trovassero i miei genitori la riservatezza necessaria per vivere una vita di coppia, con tre figli sempre fra le palle. Però da qualche parte la trovavano, giacché in quella casa fu concepito un 4° figlio... il concepimento fu provvidenziale perché ci costrinse a cambiare casa, in quella, a meno di disporci a strati, proprio non ci saremmo entrati.
Ritornando a mia sorella, quello che ricordo è il rapporto che aveva con le bambole... avevamo per giocare un ampio (4m x 4) stanzone in un sottoscala dove ci riunivamo noi tre fratelli e due fratelli di una amica di mia madre. Il gioco che facevamo, ideato da mia sorella e dal suo amichetto coetaneo, era di inscenare un processo alle bambole con accusa e difesa; l'avvocato difensore non era molto bravo, giacché il processo si concludeva puntualmente con un verdetto di condanna. Il crimine commesso dall'imputata doveva essere efferato giacché la pena era la decapitazione che veniva eseguita con la sciabola di mio padre.
Da grande ho indagato chiedendo a mia sorella cosa la avesse indotto a ideare quel gioco, non mi è sembrato di individuare motivi freudiano, se non un odio profondo per il ruolo al quale gli adulti avrebbero voluto condannarla.
 
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