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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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SanPa
Post n°658 pubblicato il 21 Maggio 2010 da sara_1971
Appena sali sulla collina di San Patrignano il pensiero non può non tornare al fondatore-totem della comunità, il fu Vincenzo Muccioli. Tutto parla ancora di lui: la gigantografia che lo mostra a capo di una interminabile colonna di reietti ti impressiona per la vastità del fenomeno e ti provoca una sorta di vertigine. Ogni profeta è un santo per chi lo venera e un mostro per chi ne condanna l' impostura: se ti trovavi lì dentro era perché a Muccioli almeno un po’, in fondo, ci avevi creduto. Ancora adesso, che la roba continua a spingere su quei lidi migliaia di relitti, neanche la prova inconfutabile della colpevolezza del Patron farebbe cambiare idea a chi continua ad idolatrarlo come un salvatore. Non è bastato l’omicidio di Roberto Maranzano o i suicidi avvenuti in comunità, e soprattutto non sono serviti i racconti del carceriere Raimondo Crivellin, in comunità noto come Piedini, per scalfire la sua immagine di santone (Tutti i giorni inseguivo tossici che scappavano da S. Patrignano, tutti i giorni ne riportavo, tutti i giorni ne picchiavo, tutti i giorni ne rinchiudevo, soprattutto nella cassaforte della pellicceria. Un luogo angusto, senza finestre. Per ogni nuovo ospite Michelone cambiava combinazione alla cassaforte. Ho passato sette anni a S. Patrignano e il mio compito é sempre stato quello. Non sapevo mai la ragione di una punizione: eseguivo ordini di Muccioli). In fondo era solo un prete che abusava delle sue pecorelle smarrite, decisamente una cosa già vista, nessuno ha voluto davvero capire cosa nascondesse tutto questo, forse perché all’epoca era (e viepiù ancora adesso è) un affare troppo grande; temo che in nessun altro paese europeo un individuo della pasta di Vincenzo Muccioli avrebbe potuto essere osannato come in Italia. Ci sarebbe da chiedersi che stato fosse quello che ha lasciato che questo accadesse: tutti assenti ingiustificati ma con un ottimo motivo politico per non esserci. Ancora oggi molti di loro (parimenti da destra e da sinistra) negano che alcune tra le comunità più reclamizzate dai media abbiano in realtà riempito il paese di reduci, sconfitti dall'esperienza negativa fatta in clausura (e non di rado ripetuta anche diverse volte) e rientrati ai Sert per chiede cure. Tutto questo, così disdicevole, giace ora dimenticato su quella Collina, e tutto è stato sepolto: quel che affiora di quegli anni sono solo i cavilli di una magistratura pachidermica e le buone intenzioni di un padre che ricorreva al male per il bene più grande dei figli. Alla morte di Vincenzo sembrava che San Patrignano fosse destinata a sfaldarsi, d’altronde le doti carismatiche del suo Padre-padrone apparivano come il vero e unico collante della comunità. Invece Sanpa è ancora lì, non solo ha resistito alla lottizzazione ma è anche una delle poche imprese italiane a essere in largo attivo. E grazie alla manodopera gratuita, alle donazioni favorite dalla reputazione massmediatica e soprattutto ai finanziamenti, è diventata il modello che la globalizzazione sta proponendo al mondo. Forse il Patron lo aveva capito con qualche decennio d'anticipo, ed in questo è consistita la sua genialità, o forse la comunità è il giusto mausoleo dello scotto di un ventennio che ancora stiamo pagando a caro prezzo. D’altronde chiudere San Patrignano, come qualcuno si augurava, sarebbe stata una soluzione vendicativa e stupida, che si sarebbe ritorta unicamente sulla pelle di chi ci è dentro. Di contro aprire la comunità agli occhi del mondo, della pubblica opinione, e alle competenze professionali, questo sì, è stato doveroso. Come prima, a San Patrignano, non si è potuto continuare, indipendentemente dal verdetto che ha visto Muccioli assolto per l’omicidio colposo. Io ci sono stata in tempi recenti, sotto l’egida del figlio Andrea, e ci sono stata in un periodo in cui non avevo più nulla da perdere, anzi non avevo più nulla e basta, e quel che ti offre Sanpa è unico ed irripetibile. Arrivi con un bagaglio ingombrante: biglie, spille, robot, collezioni di puffi, deliziosi maglioni di cashmere, chaise longue di puro equino, scarpe di lucertola con dettaglio in foca, make-up dai toni silver simbolo della competizione e del conflitto, fantasie patchwork con effetto murales, look fumetto e graffiti, il caos della metropoli e la tranquillità della provincia grassa, carico di milioni di complicazioni di quella che noi chiamiamo civiltà, ma lì, di fronte all’intensità del sentimento che ti ispira il posto, ti prende una sorta di comunione dal sapore intimo, nonostante le centinaia di sentimenti supponenti ti continuino ad assalire per ogni orma lasciata sul terriccio. Sarà il respiro dei morti che negli anni 80 facevano con molta coerenza la loro vita da tossici, sarà la desolante solitudine di quelli che hanno visto generosità, speranze e miserie nascere e morire per due volte, o la rutilante creatività del fattone che, quando deve procurarsi la roba, ci mette molta fantasia, ma quando sul finir della giornata ti siedi in cima alla collina, ti prende una strana sensazione, un misto di vertigine e fascinazione che ti spinge a sentirti consolato dall’idea di essere, finalmente, come tutti gli altri. Uguale, come gli impicci che ti passano accanto e che attraversi con disattenzione, senza vederli, senza serbarne il ricordo, ma che nonostante tutto ti urtano e ti tolgono dignità. Perciò della sorte di tutto ciò che Muccioli ha messo in piedi, del bene e del male che ha fatto, del patrimonio umano che a lui si riferisce, non può essere una Corte di giustizia a decidere: appartiene unicamente al foro interiore di ciascuno di noi.
“Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.” “Come lo sai che sono matta?”, disse Alice. “Per forza”, disse il gatto, “altrimenti non saresti venuta qui”. |
Erba
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