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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

Avvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore

 
 

Sara

 

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Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

Cuor di Carogna

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Diario di una gravida

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Porta Portese

Post n°595 pubblicato il 22 Novembre 2009 da sara_1971

Avere degli amici disadattati è un po' come avere un Dio: bisogna rispettarne le regole e i comandamenti senza mai obiettare. Perciò se il vostro amico Geghe decide di andare alla più vicina fiera di paese per vendere i suoi quadri si obbedisce. E basta.

Sara di buon’ora si incammina verso il Cep per prelevare il barbone artistoide (che per l’occasione ha passato la notte da un amico) ed i suoi quadri.

Ci sono alcune zone dove il degrado si mostra nella mancanza dei numeri civici, di citofoni, di targhette sulla porta nonché nell’aroma di fritto, di fumo, di vaniglia e di panni umidi stesi ad asciugare nel tinello: Sara arriva a destinazione proprio quando in sottofondo urla scomposte  ricordano il Terrore di Robespierre e i Comitati di Salute Pubblica. 

In questa periferia tutto è abusivo: le mura, le tartarughe nella vasca, i cavalli da corsa nel recinto, i maiali nel cortile, le galline nell’orto ma anche e soprattutto le maestranze, che sembrano appena uscite dagli anni ruggenti di Cinecittà e vi assicuro che dal vivo hanno il loro perché.

La Vostra si avvicina al portone presso cui sosta un funzionario di una nota società di recupero crediti impegnato nel regolare svolgimento del suo lavoro, al pari di un cane affamato alle prese con la spazzatura. 

Il forbito dialogo che segue avviene tra il pignoratore che sosta implacabile sull’uscio e la moglie del cliente sulla balconata.

Do nun stae nudd, accanusc' a zitm, nun tinnimm ttrris, le buste iev’n vacant, chidd figgh d’indrocch so’vnut assolut a gnutt. *

Il buongiorno, come potete capire, si vede dal mattino.

Dopo pochi secondi arriva Geghe accompagnato dal suo nuovo amichetto che indossa una salopette di marca: in certi ambienti, soprattutto carcerari, la tuta è un indumento unico, serve anche da pigiama, all’occorrenza, per cui vengono preferiti i toni pastello -  quali il giallo catarifrangente e il viola insegna mortuaria – affinché sia possibile accorgersi anche da lontano della presenza di un boss di spicco del quartiere. L’amichetto mostra sul collo un tatuaggio che parla di demoni sumeri e maledizioni inca e carica i dipinti di Geghe (che sembrano appena stati estratti dalle macerie del Colosseo) sulla Saramobile.

Partiamo. La destinazione prescelta è una amena fiera dalle parti di Palazzo San Gervasio. Della località vi dico solo questo: avete presente quei film con la casupola di legno in mezzo al bosco dove vive, ritirato, uno scrittore? E una ragazza che viene sistematicamente violentata e fatta a pezzi, poco lontano? Ecco, Palazzo San Gervasio è così, se non fosse che manca anche lo scrittore.

Per arrivarci però bisogna prima perdersi nel Parco dell’Alta Murgia senza una cartina e men che meno un navigatore: nonostante qualche piccolo nervosismo da parte di Sara (dammi un'altra volta una indicazione sbagliata e ti spacco la faccia) il silenzio che riprende i remoti suoni della campagna riesce a donare una sorta di agreste serenità sonora ad entrambi i gitanti.

Capiamo di essere arrivati a destinazione perché su un piazzale semideserto un accrocchio di suore incarognite ci guarda con sospetto. Montiamo con mestizia il banchetto. Geghe, per intenderci, è una sorta di pittore visionario e mostra i suoi quadri con lo stesso orgoglio con cui un padre mostrerebbe una ricca eredità. Solo dopo una ventina di minuti Sara riesce a convincerlo che indossare la fedele riproduzione della maschera di Scream per richiamare l’attenzione di qualche cliente non è propriamente una scelta vincente, considerando soprattutto la location dell’avvenimento mondano.

Ho poco tempo per fare il report accurato che vorrei ma al nostro banchetto si sono avvicinati soltanto una stranissima famiglia, tassonomicamente molto vicina alle pecore, che difatti ha fatto di tutto per ricreare in loco il proprio habitat, ed una coppia di fidanzati metà gregge e metà shopping con al seguito prozia inglese, classe operaia, vecchia scuola (ciuccio intinto nel whisky, per intenderci, meglio se con vago sapore di torba). L’unica vagamente interessata ai quadri. E la stessa che dopo una faticosa contrattazione in inglese si allontana scandalizzata dall’esorbitante prezzo richiesto dall’autore.

Per fortuna (?) nel corso della fiera Sara stringe amicizia con un paio di avventori. Una ragazza madre appena venuta fuori da un periodo di depressione con cui scatta una immediata simpatia (Da parte mia perché si sa che ho un debole per gli sfigati, da parte sua, invece, la simpatia immediata scaturisce dal fatto che la aiuto a far vomitare il figlio di nove mesi che si era appena ingoiato la plastica dei fazzoletti Tempo) ed un aitante indigeno. Figo. Molto. Uno di quelli con cui ti verrebbe di stare lì a parlare per ore e a fingerti interessata a tutto tranne a una cosa (che poi è l’unica che davvero ti interessa fin dal primo momento in cui lo hai visto ma tralasciamo).

Peccato basti un’oretta di conversazione per capire di avere a che fare con uno sfigato della peggior specie. D’altronde ormai la mia è una sorta di regola della conoscenza amorosa: perché un uomo di media prestanza sia interessato alla sottoscritta deve essere:  indebitato fino al collo, in procinto di entrare/uscire dalla _______ (inserire a piacimento uno dei seguenti luoghi di culto: comunità, prigione, casa circondariale, luogo di prima accoglienza, casa di cura) e aver appena fatto dello scotch il proprio migliore amico. Solo a quel punto entra in gioco Sara. E difatti a Bari si torna con tutti i quadri invenduti ed in quattro. E solo perché il pargolo che aveva (giustamente) tentato il suicidio durante la settimana resta affidato alle cure della nonna paterna in quel di Palazzo San Gervasio.

Durante tutto il viaggio di ritorno Geghe si diletta ad indossare la maschera di Scream in sincrono perfetto con il delizioso tic all’occhio destro della ragazza madre nostra ospite, mentre Sara detta le risposte del cruciverba facilitato su cui si è incaponito l’oriundo. (Alla mia domanda Ma perché hai deciso di venire con noi a Bari? ha risposto, testuali parole Perché sono tutto contenziato).

Nonostante questo, volendo per un attimo passar sopra quell’inutile palla al piede linguistica che sono i congiuntivi, ho anche pensato che mi sarebbe piaciuto all’arrivo dirgli  “Abito qui, perché non sali? Ho una collezione di bestie menomate, parecchie piante solo in parte legali, qualche bicchiere spaiato e svariati avanzi del pranzo di ieri però puoi darti una ripulita”. Poi mi sono ricordata che si è rotta la caldaia e negli ultimi 3 giorni sono andata a lavarmi nel bagno della palestra TNT perciò ho lasciato perdere. Oggi sto ancora sfogliando il calendario alla ricerca di santi da risvegliare e sono di pessimo umore (ma che strano): il fatto che io a 38 anni rateizzabili mi ritrovi a passare giornate come questa ivi descritta è chiaro simbolo di un disagio profondo e radicato, che io affronto con rara simpatia (per carità) che però al momento non mi sembra il sistema più efficace per comprare una caldaia nuova. Anche se poi magari torna tanto tanto utile per tutto il resto.

 

Ah, e non usate il verbo sbattere in mia presenza, che non è aria.

 

*Traduzione dal Debitorese all'Italiano

Non posso pagare niente, conosci mio marito e quindi sai che non abbiamo soldi: le buste erano vuote, questi figli di una meretrice sono venuti solo a mangiare. La dotta spiegazione si riferisce al bon ton matrimoniale in quel di Bari. Da noi i matrimoni sono di due tipi: riparatori, a seguito di gravidanza indesiderata, oppure ad investimento con tasso di interesse variabile, nel senso che vengono organizzati al fine di racimolare i talleri e saldare i debiti contratti per arredare il nido d’amore. In questo caso evidentemente gli sposi sono rimasti fregati perché i tignosi invitati hanno approfittato della confusione del banchetto di nozze per lasciare buste-regalo vuote. Viva gli sposi!

 
 
 
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