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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Blood on the dance floor

Post n°535 pubblicato il 01 Luglio 2009 da erbavoglio_70

 

(Don't stop 'til you get enough)





Questo è uno di quegli sporadici momenti attesi dall'umanità per piangere ogni ingiustizia, ogni morte prematura, insensata, fortemente indesiderata, ogni sogno infranto, ogni crudele verità.
Pare che il destino non sappia cosa sta facendo: bestemmia – l'insano - scegliendo di compiersi attraverso il martirio di corpi giovani e perfetti. Forse c'è un errore, sì: probabilmente è così. Come nella favola di Rosaspina dormono, solo riposano, quelli che un paio di giorni (o anni) fa abbiamo visto ballare e ridere, belli e radiosi. Tremendamente vivi.

Lui non c'è più. E non solo. Altri non ci sono più.

Michael Jackson, 50 anni e Ugo Pagliai (non l'attore, ma un uomo ancora più qualunque), di 52, muoiono lo stesso giorno.

Nella morte siamo così uguali! Al telefono non urlano "Michael Jackson sta male, attenzione ai paparazzi!", ma semplicemente "Un uomo di 50 anni sta male.” Nelle stesse ore, in una piccola provincia italiana, il 118 è allertato per un malore patito da un uomo qualunque, Ugo. Onestamente non ho mai dedicato molti pensieri a Jacko (e tanto meno ne ho formulati su Ugo Pagliai, che tra l'altro non ho mai visto ballare), non sono mai stata - prima d'ora - una sua fan: cosa c'è di strano se lui è eccentrico e danza come un angelo? Parliamo, appunto, di Michael Jackson, mica, voglio dire, di Ugo Pagliai. E non ho mai creduto che M.J. fosse un uomo: lui è, indipendentemente da me e dallo scorrere dei giorni, semplicemente un mito - dei pochi a me contemporanei- un artista, uno insomma che andrà pure in bagno, ma io non ci voglio pensare: lui balla, esagera, fa parlare di sé. (Qualche mese fa, però, la parrucchiera mi ha mostrato delle foto di M.J. sulla carrozzella e mi sono detta “E questo cosa c'entra?” Di malati purtroppo il pianeta ne vanta a milioni. Io non voglio conoscere la sua miseria, ma solo vederlo vestito di lustrini. "Ma tu vedi" e ho scrollato il capo.) Insomma, troppo banale la sua parabola, detta così: disagi infantili, successo planetario in un corpo esile e docile alla dance (come la canna flessuosa della favola di Esopo, spereremmo tutti... e invece no: si spezza!), poi gli eccessi, le accuse, le creature in maschera... affronti a Madre Natura? E chi sono io per giudicare? Ho forse provato odio e amore per la mia famiglia, per le mie origini, per il mio corpo, per il mio talento, per i miei avi schiavi, per la folla che idolatra e umilia, riducendo una vita intera a un giubbino rosso in lamé o a un ripugnante criminale senza delicatezza, senza usare neppure un guanto? Il pianeta Terra ha ben altri problemi; rispettare i vivi e i morti potrebbe essere un buon inizio per risolverli. (Ugo probabilmente avrebbe trovato qualcosa di originale da dire anche in questa circostanza: lui era un uomo acuto, ma non ne era interamente consapevole e ha vissuto a ridosso delle sue manie.) Dicono i più: certe cose non si fanno se si è ricchi e famosi (se si ha tutto), sono capricci da star, miserie di uomini deboli, pompati; insomma: tutto secondo copione. Per la gioia dei più morbosi the King compie l'ultima impresa di pertinenza di un mito: morire in circostanze poco chiare, preferibilmente anzi assai scure, lasciando alla cura del pubblico adorante la catalogazione di macabri dettagli, quali una parrucca. (Imbarazzo, compassione, pena, ribrezzo, vergogna per noi stessi, cosa provate? Io un terribile senso di vuoto: mi mancano quelle domeniche degli anni '80, quando anche Ugo Pagliai era ancora vivo e quell'insopportabile di Maurizio Seymandi mi inondava di video di M.J. anziché dei Tears for fears; ho capito che è bravo, balla da dio, è sicuro di sé, ma lui non soffre come noi... e come potrebbe, con tutte quelle luci?). Analogie tra Michael e Ugo: una vita costellata di affanni, l'amore per i figli (entrambi ne avevano tre) e poi i traumi risalenti all'infanzia (ma Ugo non ha rilasciato alcuna dichiarazione alla stampa), i soldi (chi troppi chi troppo pochi). Qualche differenza: Ugo non ha lasciato debiti (ponderava a fondo ogni acquisto); la faccia di Ugo, bonaria e gioviale, era esposta alla prima occasione ai raggi del Sole del Sud; faceva colazione con caffè latte e molti biscotti tondi e dormiva almeno otto ore a notte (ma pare che a volte soffrisse di insonnia). E poi: solo M.J. al risveglio è M.J. Altre affinità: le paranoie (uno non prendeva l'ascensore e temeva di morire di stenti in autostrada, l'altro temeva - dicono - gli spettri e tanto altro). È appena il caso di dire che: Ugo non conosceva il moonwalk (nè lo avrebbe saputo mai eseguire), la notizia della sua morte non è stata una breaking news: la sua perdita ha suscitato clamore solo per un gruppo esiguo di persone. Nessun fan e nessun video per Ugo. Nel suo caso, però, non ci sono dubbi: si è trattato di un infarto e nel suo stomaco c'era parmigiana mangiata di recente. Nessuna pillola. Forse, a dirla tutta, un controllo alla pressione avrebbe dovuto farlo, ma i dottori gli erano invisi. Comunque, poco importa come: quando si va via lo si fa e basta. Quel che è certo è che la famiglia Pagliai e la famiglia Jackson sono chiamate ad affrontare gli stessi problemi: certo, le dimensioni di cifre e contatti con il mondo esterno non sono commensurabili, ma entrambe, nottetempo, quando anche l'ultimo ospite è andato via, quando dovranno in qualche modo guardare il loro caro estinto negli occhi, ebbene, allora dovranno ammettere che Michael e Ugo non stavano bene, non erano felici, ma strati di abitudine e orgoglio hanno impedito di ascoltare (di parlare), di aiutare (di lasciarsi aiutare), di non lasciare nulla di intentato (ritornello: di non lasciare nulla di intentato).


 
 
 
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