S_CAROGNE

L'ultima cena

Tempo: ore 21.00 di una sera primaverile foriera di guai.
Luogo: semi-rispettabile magione di una blogger usurata da fitte complicazioni esistenziali.
Come nelle sordide osterie di Castiglia Jay con la sua zattera di fortuna si arena per l’ora di cena a casa della blogger di cui sopra, la quale, rispondendo a scrupoli intimi di varia natura, lo fa accomodare al suo parco desco nonostante l’ultima elaborazione mentale dell’estratto conto suggerisca se non un doveroso taglio delle inutili spese perlomeno una previdente parsimonia.
Ma prescindiamo da questa inutile bagattella economica: lo sguardo di Jay denota una ansia antropologica insolita nonostante la sua eterna appartenenza ad un gruppo di moderno ermetismo.
Premessa estetica: Jay ha il fascino dell’harleysta ed è carino. Rettifico. Lo sarebbe se avesse tutti i denti e non uno sì ed uno no ambarabacicicocò. Ma procediamo.
Con una nonchalance tipica del modello di dissolutezza tossica che io ben conosco estrae dallo zaino una serie di prelibate vettovaglie e le poggia sul tavolo insieme ad una glossa di parole confuse che comprende al suo interno i termini prestito e rate.
Di qui inizia un dialogo che, se diligentemente organizzato, potrebbe a buon diritto diventare la parte centrale di un libro (il mio?).
Sara: Prestito? Quale prestito?
Jay: Un prestito che mi hanno dato.
Sara: E dove te l’hanno dato, scusa?
Jay: In una banca, e dove sennò?
Sara: E come avresti ottenuto il prestito?
Jay: Ho presentato le buste paga.
Sara: Ma tu non hai una busta paga.
Jay: Da ieri sì.

Adesso gli illusi si balocchino pure con la moltiplicazione delle chimere e gli amanti del genere epico si ritengano liberi di credere al fortunato transito di un moderno Robin Hood ma la verità, naturalmente, è un’altra. Molto più concreta. E preoccupante.
Non ha trovato un lavoro e non ha il diritto di millantare alcuna busta paga.
Le ha f_a_l_s_i_f_i_c_a_t_e, semplicemente.
A questo punto Sara sente diventare inesorabilmente bianchi tutti i suoi capelli uno ad uno mentre un triplice senso dell’incredulo si impossessa di lei.
Segue dettagliato elenco di sonore gasteme in modalità elegiaca.
Adesso sono qui immersa in una fragile tregua scaramantica dove mi pare di essere da sempre, in attesa della probabile irruzione dei cervelli aguzzi delle forze dell’ordine, intenta a sgranare rosari ai piedi di un tabernacolo improvvisato al fine di ricevere in grazia un opportuno miracolo per l’altrui anima fosca.
Forse non è un caso che io provi un forte imbarazzo nel stabilire i limiti del concetto di normalità. Ma forse non è nemmeno colpa mia.