Creato da bluewillow il 31/03/2006

L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

Benvenuti nel mio blog!

Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

JANE AUSTEN -RITRATTO

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SLIME BOX

Slime adottati dal blog grafico amico Stravaganza

(clicca sul nome degli slime per leggerne la descrizione)

 

Pink Slime


 

Ink Slime

 


 

IL MIO ANIMALETTO BLOG-DOMESTICO

 

 

 

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Ralph Spaccatutto - Film - Recensione

Post n°1110 pubblicato il 01 Agosto 2013 da bluewillow
 

“Io sono un cattivo e questo è bello. Io non sarò mai un buono e questo non è brutto. Io non vorrei essere nessun altro a parte me.”

Le “commoventi” immortali parole di Ralph Spaccatutto riassumono bene lo spirito di questo film di animazione Disney, un piccolo inno al mondo dei videogiochi anni '80, ai videogame in generale, ma soprattutto all'essere se stessi, anche se questo comporta essere l'antagonista “cattivo” in un gioco, colui che non vincerà mai una vera medaglia da eroe.
“Felix Aggiustatutto” è un videogame da sala giochi che resiste da 30 anni saldo al suo posto, visto che dopo essere stato nuovo ora è “vintage”, cosa che gli attribuisce fascino nonostante la grafica primitiva.
Nel videogioco Felix ripara con il suo martello magico il condominio che Ralph Spaccatutto distrugge con le sue nude manone. Ma dopo tre decenni Ralph è stufo di essere il cattivo, l'escluso, quello che non si diverte mai e cerca supporto nelle riunioni dei “Cattivi anonimi” (presieduta da uno dei cattivi per eccellenza, un fantasmino di Pac-man). Infatti anche se nel mondo reale dei cattivi faremmo volentieri a meno senza problemi, nei videogiochi gli elementi negativi hanno un ruolo fondamentale: senza di loro non ci sarebbe modo di dimostrare il proprio valore e nessun videogiocatore che si rispetti spenderebbe un centesimo per un gioco nel quale tutto funziona perfettamente anche senza il suo aiuto.
Ma questa è la lezione che Ralph dovrà imparare a sue spese, dopo aver sgraffignolato una medaglia in  uno sparatutto, Hero's Duty, e aver portato scompiglio in Sugar Rush, introducendo nel pacifico gioco di corse e caramelle uno “scarafoide” fuggito proprio da Hero's Duty.
Dentro a Sugar Rush, Ralph si troverà ad aiutare la piccola Vanellope, un “glitch”, un errore di programmazione, che aspira diventare parte integrante del gioco.
Dopo molte peripezie Ralph capirà qual è il suo vero ruolo e quanto sia importante e nonostante ci siano tutte le premesse per un disastro totale, alla fine non solo tutto andrà a buon fine e  riuscirà a diventare amico di Felix e addirittura ad arricchire il parterre di principesse Disney di un nuovo elemento tutt'altro che zuccheroso (e credetemi, visto che tutto avviene in Sugar Rush, non era facile!).
“Ralph Spaccatutto” è un allegro film dai buoni sentimenti che piacerà sicuramente a tutti coloro che amano i videogiochi e ripensano ancora con nostalgia al perduto mondo anni '80,  una pellicola che ironizza sui cliché dei giochi più popolari. I personaggi sono animati alla perfezione, con un occhio al tipo di comportamento che avrebbero in base al tipo di videogame da cui provengono, per cui Felix e i personaggi del suo videogioco si muovono un po' più a scatti e con gestualità esagerata, proprio come nei vecchi giochi, mentre la sergente Tamora Jean Calhoun di Hero's Duty, è rappresentata con maggiore definizione, proprio come in un gioco moderno.
Proprio come in un vero videogioco ci sono corse scatenate, missioni da portare a termine, ostacoli da superare ed un cattivissimo boss finale.
Un film molto divertente, dalla grafica curata e coloratissima pensato per i bambini, ma che credo intratterrà ancora di più gli adulti.
Alla fine del film verrebbe voglia di fare un giro sulla pista di Sugar Rush e con mia sorpresa ho scoperto che è possibile, perché la Disney ha allestito un sito dedicato al film, in cui si può giocare sia a “Felix Aggiustatutto” che a “Hero's Duty” che a “Sugar Rush” (qui).
Trovare la propria strada non è semplice, soprattutto quando quello che sai fare meglio è distruggere più che costruire, ma questo film sembra voler indicare che c'è un percorso giusto per ognuno e che non ha senso invidiare gli eroi, perché come direbbe il sergente Tamora, con parole di ispirata poesia:
“L'invidia è come una palla, più la mandi a fondo, più viene a galla”.

 
 
 

Pesca al salmone nello Yemen - Paul Torday

Post n°1109 pubblicato il 29 Luglio 2013 da bluewillow
 

Titolo: Pesca al salmone nello Yemen Titolo originale: Fishing Salmon in the Yemen Autore: Paul Torday Traduzione: Annamaria Raffo Casa editrice: LIT pag: 253

pesca al salmone nello yemenUn ricco sceicco yemenita, Muhammad ibn Zaid bani Tihama, decide che non c'è modo migliore di provare al mondo che la fede può autentici miracoli che quello di introdurre la pesca al salmone nello Yemen. I salmoni infatti vivono solo in climi freddi, mentre lo Yemen è uno stato asiatico, che si trova appena sotto l'Arabia Saudita, dal clima così torrido che per la gran parte dell'anno i suoi corsi d'acqua sono in secca, sono cioè degli “uadi”, che si riempiono solo durante le piogge monsoniche. Per realizzare il suo piano lo sceicco si rivolgerà per una consulenza all'ente britannico per la pesca e finirà per sconvolgere la vita di un tranquillo idrobiologo, Alfred Jones, inizialmente totalmente contrario alla stramba impresa, perché non appena Peter Maxwell, capoufficio stampa del primo ministro inglese, si accorgerà di poter mettere le mani su una notizia proveniente dal Medio Oriente che non sia a base di bombe e attentati e in grado di dare lustro al governo, il povero Jones verrà praticamente costretto a lavorare al progetto “Salmone nello Yemen”. Con la collaborazione della giovane Harriet Chetwode-Talbot, che cura gli affari dello sceicco, Alfred sarà costretto a prendere sul serio un sogno giudicato folle, ma alla fine l'ottimismo dello sceicco finirà per contagiarlo, donandogli quel pizzico di fede che gli manca.

posizione geografica dello Yemen“Pesca al salmone nello Yemen” è un libro in cui scorre, fra un salmone e l'altro, una vena di sottile, ma intenso umorismo, che sembra inizialmente una piccola fiaba utopistica, ma non lo è, ed una commedia romantica, ma in verità non è nemmeno questo, perché in entrambi i casi c'è un retrogusto amaro dopo molta dolcezza.
Paul Torday ci trascina con l'entusiasmo dello sceicco Muhammad ibn Zaid, convinto che sia possibile una vera pace fra Oriente e Occidente e che non ci sia modo migliore di provarlo che mettere qualcuno sulla riva di uno uadi in piena a pescare un pesce impossibile per un clima desertico, perché nel momento in cui gli uomini pescano si annullano fra loro tutte le differenze sociali o di religione e sono autenticamente fratelli.
Ma il mondo non è fatto per i sognatori e l'impresa dello sceicco mette in moto una serie di manovre sia in Oriente che in Occidente: alcuni gruppi terroristici vogliono infatti fermare il “Progetto Salmone nello Yemen” perché troppo collaborazionista con il Regno Unito, mentre viceversa sul suolo britannico lo staff del primo ministro vuole farlo passare come un successo di politica estera.
Attraverso vari punti di vista e una serie di forme narrative diverse, dalle e-mail, al diario, all'intervista, agli articoli giornalistici, fino all'interrogazione parlamentare e all'interrogatorio, Paul Torday costruisce una storia in cui vediamo in contemporanea la facciata lustra delle cose e l'insieme di macchinazioni che vi si nascondono dietro, il tutto condito con molta cinica ironia e una beffarda presa in giro dei costumi nazionali britannici.
Gli inglesi infatti preferirebbero sacrificare i propri figli che consegnare a degli stranieri i loro preziosi salmoni, che solo una canna da pesca munita di legittima licenza può portare via dai loro fiumi.
Oltre ai non pochi problemi professionali, Alfred Jones, che verrà praticamente costretto a mettersi a capo del progetto, dovrà affrontare quelli matrimoniali, prendendo sempre più coscienza di quanto  si sia allontanato dalla moglie Mary, costantemente assente dalla sua vita, mentre sentirà sempre più vicina Harriet, la quale però ha il cuore in pena per il fidanzato Robert mandato in missione militare all'estero.
Divertente, ma anche un po' triste allo stesso tempo, “Pesca al salmone nello Yemen” è un originalissimo romanzo sul potere sconvolgente del sognare in grande, ma anche su come ogni sogno debba sempre confrontarsi con la realtà: una utopia a metà in cui il personaggio più riuscito è sicuramente quello dello sceicco, saggio e folle, pronto a spendere fiumi di soldi e a rischiare la vita per il piacere di dimostrare che alcuni gesti possono cambiare i rapporti fra le persone.
Del resto un po' sognatore Paul Torday deve esserlo per forza, visto che "Pesca al salmone nello Yemen" è il suo primo romanzo, pubblicato in U.K. nel 2006, quando lo scrittore (classe 1946) aveva già 61 anni, un'età di solito non riservata ai debutti, ma che gli ha garantito comunque il successo, un premio prestigioso e addirittura un film "Il pescatore di sogni" tratto dal suo libro nel 2012.
Anche se nel libro non tutto andrà come previsto, anche se manipolatori, assassini e politici si metteranno di mezzo, un pizzico della fede dello sceicco si stacca lo stesso dalle pagine e permette al lettore, come ad Alfred Jones, di passare dal pensiero “è impossibile, è folle, è ridicolo” al “ma perché no, in fondo!” e di immaginare per un attimo lucenti salmoni argentati scivolare sulle acque circondate dal deserto.

 
 
 

L'agente segreto - Joseph Conrad

Post n°1108 pubblicato il 26 Luglio 2013 da bluewillow
 

Titolo: L'agente segreto Titolo originale: The Secret Agent Autore: Joseph Conrad Traduzione: Annagrazia Bassi Casa editrice: Newton Compton pag: 256

l'agente segretoNel 1894 l'anarchico francese Martial Bourdin morì a causa della prematura esplosione di una bomba che stava trasportando nei pressi dell'osservatorio di Greenwich, probabilmente per realizzare un attacco dinamitardo contro uno dei più illustri simboli britannici. Queste almeno furono le deduzioni della polizia, perché l'uomo, che sopravvisse per poco tempo dopo la deflagrazione, si rifiutò di rivelare le proprie intenzioni, né confessò il proprio nome, fino a che sopraggiunse la morte. Addosso all'uomo fu trovata una ingente quantità di denaro, cosa che fece immaginare che non avesse alcuna intenzione di farsi saltare in aria, ma anzi di fuggire non appena svolto il proprio compito: solo per un evento fortuito questo non era accaduto.
L'intervento del “caso”, del destino beffardo che aveva giocato l'attentatore, doveva aver molto colpito Joseph Conrad, da sempre affascinato, nei suoi romanzi, dagli eventi in grado di sovvertire vite intere. Nel 1907 lo scrittore pubblicò “L'agente segreto”, una versione romanzata di quello stesso attentato, ambientata però nel 1896 e rivissuta attraverso personaggi fittizi.
“L'agente segreto” è un romanzo profondamente diverso da quelli ispirati alla vita di mare: di solito c'è sempre un personaggio, fra i molti punti di vista offerti da Conrad, amante delle molteplici prospettive di racconto, con cui solidalizzare, qualcuno che rappresenti un lato positivo, una tendenza al bene. In “L'agente segreto” invece non ci sono innocenti, salvo forse solo colui che realizza materialmente l'attentato, ma solo perché Conrad sceglie di farlo essere un ragazzo con disabilità mentali, totalmente inconsapevole di quello che sta facendo, manipolato da qualcuno di cui si fida; l'innocenza di Stevie però sarà tutt'altro che un bene, perché in realtà ne sarà la condanna.
“L'agente segreto” è un romanzo che ha per tema il tradimento e la doppiezza: in questa storia nessuno mostra la propria natura, tutti fingono e hanno obiettivi diversi da quelli che dichiarano. La doppiezza e la finzione arrivano a contaminare ogni aspetto della vita umana, dall'ambito lavorativo a quello famigliare, fino alle più alte istituzioni sociali.
Apparentemente Mr. Verloc è un commerciante  londinese di merci ambigue (materiale pornografico e simili), affiliato ad un gruppo anarchico, ma in realtà è l'agente segreto Δ (delta), al servizio di varie ambasciate straniere e che talora collabora anche la polizia britannica. Winnie Verloc, che ha sposato il più anziano Mr. Verloc, solo  perché le sembrava fosse un uomo di buon cuore, in grado di accettare di prendersi cura del fratello Stevie, un ragazzo con problemi mentali al quale tiene come un figlio, e dell'anziana madre, in realtà conosce solo una parte delle attività del marito, quelle cioè più in superficie di commerciante ed anarchico, mentre ignora la reale natura delle sue occupazioni, sua autentica fonte di guadagno.
Per anni Mr. Verloc è stato l'agente più fidato del vecchio ambasciatore, ma quando i vertici cambiano, Verloc viene messo alle strette da chi lo sostituito e minacciato di licenziamento da Mr. Vladimir, perché ritenuto poco utile. Mr. Vladimir vorrebbe che sul suolo inglese venisse realizzato un attentato contro la nuova religione dei britannici, la scienza, perché ritiene che questo scatenerebbe nell'opinione pubblica inglese il desiderio di introdurre norme repressive che diversamente non sarebbero mai accettate, per poi favorirne l'applicazione anche nella propria nazione.
In un racconto che anticipa gli eventi per poi ritornare su come si sono svolti, apprendiamo del fallimentare tentativo di Mr. Verloc di dimostrare il proprio valore, in una sequenza di avvenimenti in cui l'imprevisto giocherà all'agente segreto e alla sua famiglia un tiro mancino. Ad esplodere non sarà solo una bomba, ma una serie di finzioni e di apparente rispettabilità che teneva in piedi la vita di Mr. Verloc.
“L'agente segreto” è un romanzo molto moderno, estremamente cinico, una “semplice storia”, come la definì lo stesso autore nel sottotitolo spesso associato al titolo principale, che però rivela una complessità di rapporti umani improntati alla falsità.
Perfino dalla parte dei “buoni”, esiste una rivalità fra l'ispettore capo Heat, che vorrebbe coprire la vera natura dell'attentato che farebbe saltare i suoi ponti con fidati informatori e creerebbe troppo scandalo, e il Vice Commissario che invece vorrebbe porre fine alla carriera degli agenti come Verloc , elementi pericolosi sempre in grado di turbare l'ordine pubblico, sebbene in questa scelta sia guidato anche da motivi di natura personale, nel tentativo di salvare un amico della moglie.
“L'agente segreto” è un romanzo giocato tutto sulla psicologia dei suoi personaggi, desiderosi di nascondere la propria vera natura, che rivela attraverso di essi l'essenza ambigua del potere e dei suoi mezzi di controllo.
Non posso dire che questo sia tra i miei romanzi preferiti di Conrad, sebbene ne apprezzi la fine capacità di tratteggiare personalità complesse in situazioni di fragilità psicologica, perché ha in sé una certa staticità: sappiamo quasi da subito cosa sta per accadere o è accaduto, cioè il fallimentare attentato all'osservatorio, quel che ci resta da osservare è il “domino” della caduta delle illusioni ed una serie di tradimenti a catena; questo rende la narrazione forse meno avvincente del solito.
Apprezzo comunque il tentativo di Conrad di raccontare un mondo di ambiguità e manipolazione dell'opinione pubblica che ha le sue radici fin da un passato piuttosto lontano e rispecchia probabilmente quanto ancora avviene oggi.

Di Joseph Conrad ho recensito anche:

I duellanti
Il caso

 
 
 

E' ufficiale: Jane Austen sarą sulle banconote da 10 sterline

Post n°1107 pubblicato il 24 Luglio 2013 da bluewillow
 

 

Il neo-governatore della banca d'Inghilterra Mark Carney ha presentato oggi ufficialmente, al Jane Austen Home Museum di Chawton, il volto delle nuove banconote da 10 sterline che vedono campeggiare sulla loro faccia proprio Jane Austen, l'indimenticabile autrice di “Ragione e Sentimento”, “Orgoglio e Pregiudizio”, “Emma”, “Mansfield Park”, “Persuasione” e “L'abbazia di Northanger”: la potete ammirare in tutta la sua bellezza proprio nella foto qui in alto.
Le banconote con Jane Austen, che rimpiazzano quelle con Darwin, circoleranno a partire dal 2016 o forse dal 2017, in questo caso celebrerebbero il bicentenario dalla morte della scrittrice, avvenuta il 18 Luglio 1817.
Il progetto ha preso spunto da una petizione che ha raccolto circa 35.000 firme che chiede da tempo di introdurre più volti femminili sulle banconote, oltre a quello della regina.
Il governatore ha così dato l'annuncio:

“Jane Austen merita certamente un posto nel gruppo selezionato di figure storiche che da riprodurre sulle nostre banconote. I suoi romanzi hanno un fascino duraturo ed universale ed è riconosciuta come una delle più grandi scrittrici della letteratura inglese.”

Fino a questo momento le uniche altre figure femminili ad apparire sulle banconote inglesi, da quando nel 1970 è cominciata la serie dedicata ai personaggi storici inglesi, sono state la famosa infermiera Florence Nightingale e la filantropa Elizabeth Fry, Jane Austen sarebbe quindi la terza, ma a quanto pare in futuro ci sarà più attenzione ad una equa rappresentanza femminile sul denaro circolante da parte della banca d'Inghilterra.
Poiché a parte un disegno fatto dalla sorella Cassandra, non esistono in realtà immagini ufficiali di Jane Austen, la banconota ne rappresenterà una delle versioni più accreditate e “abbellite” del disegno stesso, di realizzazione più tarda (la versione di Cassandra è forse un po' scarna), mentre sullo sfondo si possono osservare una immagine di Jane Austen che scrive e un paesaggio dedicato a Chawton.

 

 
 
 

Verso un'altra estate - Janet Frame

Post n°1106 pubblicato il 22 Luglio 2013 da bluewillow
 

Titolo: Verso un'altra estate Titolo originale: Towards Another Summer Autrice: Janet Frame Traduzione: Giovanna Scocchera Casa editrice: Neri Pozza pag: 238


...e dalla loro baia tormentata
svaniscono i chiurli verso un'altra estate.
Ovunque tra luce e quiete mormora
l'ombra della partenza; l'orizzonte ci guarda;
E nessuno sa dove andrà a coricarsi la notte.


verso un'altra estateA questi versi del poeta neozelandese Charles Brasch deve il titolo di questo bellissimo, poetico, intenso romanzo di Janet Frame (1924-2004), una delle maggiori scrittrici e poetesse della Nuova Zelanda, candidata un paio di volte perfino al Nobel che però non vinse mai.
Janet Frame non ha mai ottenuto il riconoscimento svedese, ma ha vinto un premio di gran lunga maggiore nel corso della sua carriera grazie alla scrittura: la propria vita.
Nel 1951, a seguito di una errata diagnosi di schizofrenia, dopo una lunga degenza in un ospedale psichiatrico e dopo ben duecento elettroshock (esperienza che racconterà in prima persona attraverso volumi autobiografici), Janet Frame stava per essere sottoposta a lobotomia, ma proprio qualche giorno prima che l'intervento venisse eseguito vinse un importante premio letterario; il medico che la curava decise che non avrebbe potuto privare una persona capace di raggiungere un simile risultato delle proprie capacità e per questo una mente sensibile, delicata ed una scrittrice dall'immenso talento è stata restituita alla vita e alla letteratura.
L'esperienza della malattia mentale segnò però tutta l'esistenza di Janet Frame, nonostante gli importanti premi e i successi raggiunti con la scrittura, facendola costantemente sentire come qualcuno che viveva al limite fra due mondi: quello esteriore della cosiddetta normalità e quello interiore di una realtà soggettiva sempre sul punto di prevalere.
“Verso un'altra estate” fu scritto nel 1963, ma per volere della scrittrice, che affidò il manoscritto ad una fondazione che ne gestisce le opere, fu pubblicato postumo solo nel 2007, dopo la morte avvenuta nel 2004, perché Janet Frame riteneva che quanto contenuto nel libro fosse di natura troppo personale per essere pubblicato mentre era in vita: è infatti la confessione davvero molto intima del costante senso di inadeguatezza che perseguitava la scrittrice nell'intrattenere relazioni sociali, del senso di spaesamento e del panico provato anche solo nel condurre una semplice conversazione, della costante dicotomia fra mondo mentale e reale, percepiti in perenne lotta.

Il volume racconta di un week-end trascorso dalla scrittrice neozelandese Grace Cleave (alter ego della stessa Janet Frame) ospite in una località del nord inglese, del giornalista Philip Thirkettle, che l'aveva intervistata, e della sua famiglia, insieme cioè alla moglie Anne e ai due figli piccoli Noel e Sarah. Secondo questo articolo del Guardian, il giornalista in questione sarebbe stato Geoffrey Moorhouse che intervistò Janet Frame nel 1962.
Quella che potrebbe sembrare una normale visita di cortesia, diventa per Grace Cleave fonte di inesprimibile ansia e preoccupazione, ben consapevole che per quanto brava con la parola scritta quella invece affidata alla voce non fa che tradirla. “Verso un'altra estate” è il racconto del profondo senso di inabilità sociale di Janet Frame/ Grace Cleave, una donna che percepisce tutto con assoluta chiarezza e dettaglio, fino all'ultima sfumatura d'emozione, ma che riesce a restituire solo una piccola parte della sua ricchezza interiore, come se parlasse, nella vita comune, una lingua differente e non umana.
La più forte, importante e coraggiosa dichiarazione di questo libro è infatti la rinuncia di Grace Cleave/ Janet Frame ad appartenere alla razza umana: non è una donna, ma qualcuno a cui stanno spuntando le ali, un uccello che sta per migrare verso un'altra estate.
Il libro è tutto giocato sul doppio filo della descrizione degli eventi reali, raccontati in terza persona, e del flusso di coscienza, usato sempre in maniera assolutamente perfetta, che richiama molto la scrittura di Virginia Woolf, nel quale Grace/Janet  ricorre invece alla prima persona, attraverso rimembranze di eventi passati, legati soprattutto all'infanzia.
Durante il fine-settimana a casa di Philip ed Anne, osservando i due nel loro ruolo di genitori, sposi e ospiti, Grace viene trasportata costantemente nel passato, nel proprio stesso mondo famigliare, vissuto attraverso molte difficoltà economiche, la morte di alcuni parenti e i continui spostamenti dovuti al lavoro del padre come tecnico di locomotiva in Nuova Zelanda.
La Grace adulta e quella infantile spesso si confondono, come confusi diventano le parti di Philip e Anne, a volte genitori, fratelli della stessa Janet, quando il mondo interiore sembra sovrastare quello  esterno e Grace sente di essere profondamente, fino all'ultima fibra del suo essere, qualcuno a cui stanno spuntando le ali, un uccello che migra verso un'altra estate.

“Quando Anne disse “Oh, non esattamente”, Grace tremò di terrore, come se lei fosse Anne, mentre Anne non era se stessa bensì la madre di Grace, oh, non c'era alcuna disciplina di identità. Perché la gente oltrepassava sempre i propri giusti confini? Che terribile furto c'è stato nella mia vita, pensò Grace, che mi ha tolto il potere di stabilire confini, di saper distinguere tra individuo e individuo?”

A rimanere in entrambi i casi, interiore ed esteriore, è però il senso di incomunicabilità attraverso le parole, solo la parola scritta, quella in cui Grace Cleave è abile, forse non tradisce, non muta con il tempo ( non a caso il  nome della protagonista evoca con “grace” la grazia, l'abilità, ma anche ciò che spacca, divide con “cleave”).
Grace vorrebbe poter comunicare la propria sovrastante interiorità, ma ha paura di non essere compresa:

“Perché non dirglielo? Perché non spiegare? Si disse. Non desidero abitare il mondo degli uomini sotto mentite spoglie. Sono contenta di aver scoperto la mia identità dopo anni di confusione. Perché le persone dovrebbero avere paura, se mi confido con loro? Eppure hanno sempre paura e sono sempre invidiosi di chi finalmente trova la propria identità; li porta a riflettere sulla propria, al metterla al riparo, a coccolarla, per timore che possa essere presa in prestito o manipolata, e proprio nel momento in cui la proteggono si accorgono con sgomento che la loro identità non è nulla, è qualcosa che hanno sognato e mai conosciuto; e allora inizia la meticolosa ricerca – chissà cosa sceglieranno – una bestia? Un altro essere umano? Un insetto? Un uccello?”

Non ci sono parole esatte per descrivere quello che Grace/Janet prova, il linguaggio è quindi spesso ricco di metafore, di simboli e analogie che raccontano l'incomunicabile:

Nella mia mente dilaga una sostanza che cresce rapida, una sorta di concime propizio ai momenti abbandonati che sbocciano alti e improvvisi come gli alberi delle fiabe, e prima di un battito di ciglia ecco una foresta – uccelli, animali, persone, case, tutti germogliati da quel momento abbandonato, in un movimento rapido e al tempo stesso lento.
Quando la gente mi chiede “A cosa sta pensando?” io vedo un lampo di luce con la coda dell'occhio; e vedo scendere da quella nuvola, come re e regina da una carrozza, i venerati penseri vestiti per l'occasione.


La profonda bellezza della scrittura di Janet Frame è, oltre che nella sua lingua ricca di immagini, fiorita, fantasiosa, soprattutto nella sua assoluta onestà verso sé stessa, una sincerità a volte dolorosa, ma spesso anche molto autoironica: Grace Cleave è una donna stimata per il suo lavoro, ma che nasconde i propri libri nella dispensa, si vergogna se le mettono davanti un suo libro per firmarlo, sa che tutti attendono da lei parole sagge e piene di significato e proprio per questo diventa ancora più incapace di dire cose che abbiano senso e non riesce ad evitare di essere spesso buffa. Sente che dovrebbe darsi arie di importanza, ma viene facilmente scambiata per una domestica a spasso per Londra, si culla con fantasie di successo sociale e conversazioni brillanti, per poi ritrovarsi sempre  nella maglie strette della timidezza.

Questo libro mi ha fatto pensare che follia è il nome che si dà a chi dice solo la verità a se stesso, mentre normalità è quello di coloro che sanno proteggere il proprio io con la vanità, le illusioni e la menzogna.

Grace/Janet è una donna così fragile da fa venir voglia di abbracciarla, proteggerla: non a caso la scrittrice si lamenta del fatto che tutti sembrino sentirsi sempre in dovere di prendersi cura di lei.
Quello che mi ha colpita profondamente è l'umiltà di una donna che per il suo talento avrebbe forse avuto tutti i motivi del mondo per darsi arie di importanza, ma che invece riesce al contrario a sentire solo tutta la propria inadeguatezza per ciò che non sa fare.

“Verso un'altra estate” è una lettura commovente, divertente, ironica, una profonda riflessione sul linguaggio e sull'identità, di come questi siano spesso profondamente legati, di come possano porre limiti insopportabili, ma aprire anche prospettive di inaspettata libertà se si ha il coraggio di farsi crescere le ali e volare verso un'altra estate.

 
 
 

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-non vedo il becco di un euro, ma in compenso a scriverlo sto andando alla neuro
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-nessuno mi regala i biglietti del cinema
-nessuno mi paga per scrivere e per dire quello che penso...
- e nemmeno quello che non penso!
- perchè se il "Giornale del Grande Fratello" èuna testata giornalistica, va a finire che io sarei la CNN! (questa l'ho quasi copiata da un altro blogger!).
Se volete leggere altre definizioni simili e più divertenti (magari vi torna comodo) potete trovarle QUI

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