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Messaggi del 03/02/2024

SCORRETTO TOGLIERE DAZI A KIEV!

Post n°1758 pubblicato il 03 Febbraio 2024 da scricciolo68lbr

La mia particolare rassegna stampa, prevede questo articolo tratto dall'edizione di venerdî 02 febbraio de La Verità.
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Levare i dazi a Kiev mette fuori mercato i nostri produttori
Pollo, cereali e latte ucraini invadono il continente. A soffrire di più gli aiuti di Bruxelles a Zelensky sono i Paesi dell’Est.

È l’altra questione Ucraina; la protesta dei contadini romeni, polacchi, ungheresi, slovacchi e dei tedeschi soprattutto dell’Est è motivata (anche) dalle importazioni selvagge dalle pianure di Cherkasy, di Kherson, dell’oblast di Sumy. E sulle importazioni, o meglio sulla mancanza di clausole specchio, si fondano anche le rivendicazioni dei francesi, dei greci e degli spagnoli.

La Commissione europea ha usato l’agricoltura come merce di scambio senza mettere minimamente in conto le conseguenze sul reddito dei nostri contadini. In particolare il grano, l’olio di semi di girasole, il mais, il pollame, il latte e i formaggi sono stati sdoganati senza "dazi" e a prezzi di dumping dall’Ue come "aiuto" alla popolazione ucraina.
La conseguenza è che i romeni, i polacchi, gli ungheresi oggi hanno un reddito agricolo dimezzato. E le proteste degli agricoltori si sono tradotte prima in un blocco delle importazioni deciso da Polonia e Ungheria, successivamente nel dilagare della protesta.
Nel 2022 sono stati importati cereali e semi oleosi per 11,5 miliardi di euro da Kiev, quest’anno la cifra è salita a 13 miliardi di euro, a cui si sono aggiunti i polli. Fino al giugno 2022 i quantitativi erano contingentati a 90.000 tonnellate di carni avicole, ora si è arrivati a 218.000 tonnellate con un aumento del 240% in un anno. Lo stesso vale per il latte e i prodotti caseari che hanno avuto un boom: latte e panna (23%), formaggi (24%), caseina e caseinati (17%) e burro (15%). In particolare in Romania il latte ucraino fa paura agli allevatori. Il commercio del grano è in mano alle quattro big del mercato dei cereali ABCD (Acer, Bungie, Cargil e Dreyfuss: tre multinazionali statunitensi e una franco-olandese) che si appoggiano ad oligarchi locali quali Oleg Bakhmatyuk, Andriy Verevskij, Rinat Akhmetov. Lo stesso vale per il pollame di cui è il primo beneficiario il miliardario ucraino Yuryi Kosyuk che ha esportato in Francia un più 122% di prodotti avicoli. Sempre i francesi lamentano un’invasione dello zucchero di Kiev passato da 25.000 tonnellate nel periodo pre-bellico a 350.000 tonnellate nel 2023. Sulle barricate così ci sono anche i produttori di barbabietole d’Oltralpe. La questione ucraina è più spinosa: i Paesi al confine con Kiev, e anche i tedeschi della ex Ddr, temono che se l’Ucraina entrerà nell’Unione, come Ursula von der Leyen auspica, per vie brevi senza prima accordi di tutela delle produzioni europee, la Pac finirà per avvantaggiare quell’agricoltura in danno delle altre visto che l’Ucraina è una potenza agricola. A dimostrazione di come la Commissione non consideri le conseguenze sul mondo agricolo dei suoi atti viene un monito del professor Felic e Adinolfi, direttore del centro studi Divulga, uno dei più accreditai in Europa sull’economia agraria, che nel suo rapporto sul Green deal ammonisce: «Quella dell’Europa rischia di essere una corsa solitaria e penalizzante». Si sono fatte analisi sull’impatto del Farm to Fork sulla produzione agricola europea e ne è emerso che – sostiene Adinolfi – «tutte hanno come comune denominatore la previsione di riduzione della produzione agricola, di aumento dei prezzi al consumo e di calo della redditività dei produttori agricoli europei».
Perciò è necessario che l’Europa s’impegni sulla reciprocità (le cosiddette clausole specchio, quelle che chiedono tutti gli agricoltori attualmente in rivolta) «affinché l’iniziativa europea di lotta alla crisi climatica sia un successo e non si trasformi in un boomerang».
Ma le cose non stanno così. La Von der Leyen ha siglato, ad esempio, un accordo col Mercosur dando libero accesso alle merci brasiliane. Il Brasile, che è il nostro primo fornitore di semi oleosi e cereali e che ha aumentato l’export verso l’Europa quest’anno del 51% ha solo lo 0,5% di superficie coltivata a biologico, un terzo della chimica che usa è vietata in Europa, ha solo quest’anno approvato 37 principi attivi per uso agricolo che sono fuorilegge in Europa. Gli Usa e la Cina, da cui compriamo tantissimo, da soli rappresentano il 27% delle emissioni agricole del mondo, eppure abbiamo aperto all’importazione dalla Cina di tutto, ma Pechino in cambio ci compra meno carne di maiale. Superata la peste suina i cinesi sono tornati in joint venture con i russi a produrre maiali – ne sono i primi consumatori al mondo – che allevano in stalle a grattacielo dove sono stipati dai 10.000 ai 40.000 capi. Tutto ovviamente nel rispetto del controllo delle emissioni!
La protesta degli agricoltori europei sta tutta nei numeri del rapporto Divulga, che ha anticipato ciò che sta avvenendo sul mercato. «La posizione commerciale dell’Ue», 
scrive Adinolfi con i sui tecnici, «se il Green deal non troverà reciprocità, peggiorerebbe particolarmente per il settore cerealicolo, con un calo delle esportazioni del 38% ed un aumento dell’import del 39%. La carne suina vedrebbe un crollo del 77% del l’export». Il Green deal, negli studi di Jrc (il centro di ricerca europeo) del Dipartimento agricolo americano e dell’Università di Wengen, significa un crollo produttivo di 20 punti, un aumento delle importazioni di circa 39 punti, un crollo dell’export del 20% e un aumento dei prezzi
agricoli che va da un minimo del più 24% per la carne bovina a un più 92% per gli agrumi. Un ottimo affare per gli agricoltori. Del resto del mondo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 
 
 

Ucraina, "la Russia non è un paese aggressore": la sentenza che ribalta tutto!

Post n°1757 pubblicato il 03 Febbraio 2024 da scricciolo68lbr
 

Guerra in Ucraina, la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite dà ragione alla Russia nel processo sulla questione della discriminazione razziale che ha avuto inizio nel 2017

Il 31 gennaio 2024, la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite ha emesso la sentenza definitiva nella controversia con la Russia avviata dall'Ucraina nel gennaio 2017,basata sulla Convenzione inerente l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (CERD), assolvendo la Russia. La Corte Suprema ha, inoltre, respinto le affermazioni ucraine che accusavano la Federazione Russa di finanziare il terrorismo. La corte ha, inoltre, rifiutato di riconoscere la DPR e la LPR come “organizzazioni terroristiche”, sulla base delle accuse provenienti dall'Ucraina e non ha riconosciuto il Paese di Putin colpevole di finanziare organizzazioni terroristiche.

La Corte internazionale di giustizia non ha riconosciuto la Russia come “paese aggressore”, smentendo clamorosamente la base propagandistica occidentale degli ultimi due anni. "Le argomentazioni della parte russa sull'infondatezza delle insinuazioni ucraine sono state ascoltate all'Aja: delle oltre 20 denunce avanzate da Kiev durante il processo, durato sette anni, la Corte le ha respinte quasi tutte e ha lasciato l'Ucraina senza alcun risarcimento", si legge in un comunicato il ministero degli Esteri russo.

Inoltre, la Corte non ha ritenuto la Russia responsabile dello schianto del volo Boeing MH17 e del coinvolgimento della DPR nella tragedia. E' stata respinta anche la denuncia di oppressione dei tartari di Crimea per motivi etnici. Sulla base di queste accuse, Kiev sperava di rafforzare le sue richieste per il trasferimento dei beni russi confiscati in Occidente e l'introduzione di restrizioni internazionali contro la Russia. La Corte ha respinto anche le accuse ucraine alla Russia di appoggiare e foraggiare gruppi terroristici. Il caso è chiuso. Tutte le richieste di risarcimento dell'Ucraina sono state respinte.

Il Presidente della Commissione Europea Charles Michel, con un post su X celebra la «responsabilità nel supporto all’Ucraina» mostrata dall’UE con l'unanime decisione di stanziare 50 miliardi di euro a Kiev. I finanziamenti erano precedentemente stati bloccati dal veto del Primo Ministro ungherese Viktor Orban, motivo per cui l’UE aveva minacciato di tagliare i finanziamenti all’Ungheria e di togliere a Orban stesso il diritto di veto, appellandosi all’Articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea.

Dal Financial Times scopriamo che i leader europei avrebbero potuto rifiutarsi di scongelare i fondi destinati all'Ungheria, basandosi sul comportamento, definito "non costruttivo" di Orban, che, di fronte al palese ricatto, ha sottolineato che "un simile sviluppo della situazione avrebbe portato all' Armageddon". Il Washington Post ha scritto che il presidente ungherese ha affermato che gli europei hanno bisogno dei 50 miliardi di euro, tanto quanto gli ucraini. Così ha suggerito un compromesso, accolto dai leader europei: non stanziare l'intera somma in una sola volta per quattro anni, ma approvare i finanziamenti per Kiev annualmente ed all'unanimità.

I fondi UE per l'Ungheria rimangono, per ora, congelati ma solo perché l'UE sta cercando di salvare le apparenze. Orban si aspetta che i soldi saranno sbloccati come parte dell'accordo. Non si parla, infatti, di bruscolini: dal dicembre 2022 l'UE sta congelando circa 10 miliardi di euro dei fondi per l'Ungheria stanziati durante il Covid-19, insieme a circa 22 miliardi di euro dei normali fondi strutturali dell'UE. Solo alla fine del 2023 la Commissione europea ha approvato un pagamento anticipato di 900 milioni di euro destinati a Budapest.

Ma l'UE, spesso in gran difficoltà nel rilasciare ai Paesi membri fondi a sostegno del lavoro e del sociale, da dove ha preso 50 miliardi di euro per il Fondo per l'Ucraina?

17 miliardi di euro provengono da beni russi sequestrati. Il Consiglio europeo ha appoggiato l'uso dei proventi dei beni russi congelati per finanziare l'Ucraina. In una dichiarazione rilasciata a seguito del vertice di ieri, si legge che dei 50 miliardi di euro, 17 miliardi sono "aiuti a fondo perduto".

Questi fondi sono un "regalo" all'Ucraina a spese della Russia, una sovvenzione, mentre il resto sono prestiti che dovranno essere rimborsati e, vedremo come, perché osservando la situazione del Paese, appare curiosa tutta questa fiducia nel rivedere tornare indietro tutti quei soldi.

8,5 miliardi di euro perverranno dal "fondo per il clima": l'UE ha tagliato da 10 a 1,5 miliardi di euro il fondo destinato a stimolare il Green Deal, dirottando i fondi verso la difesa.

8 miliardi sono uno strumento di investimento per coprire i rischi nei settori prioritari. I finanziamenti di questo strumento saranno disponibili per gli investitori attraverso la BERS, la BEI e altre istituzioni internazionali.

3 miliardi saranno utilizzati per il supporto tecnico, compresa la copertura degli interessi sui prestiti nell'ambito dell'Ukraine Facility

La decisione di Biden di vietare le esportazioni di GNL è un aiuto per Putin - riferisce Fox News - citando il senatore repubblicano del Texas, Ted Cruz. "La settimana scorsa, cosa ha fatto Joe Biden? Ha annunciato quello che io chiamo un 'sussidio a Vladimir Putin da parte di Joe Biden'. Ha bloccato le future esportazioni di GNL, il che significa che l'Europa dovrà acquistarlo dalla Russia, invece che dagli Stati Uniti", ha dichiarato Cruz. Secondo il senatore, la decisione del leader americano priva i residenti locali di posti di lavoro ed è un esempio di debolezza.

Perciò, si constata facilmente che gli americani non sono in grado di continuare a sostenere, con nuovi finanziamenti, la guerra perché il Congresso ha chiuso i rubinetti, così Biden fa pagare il conflitto in Ucraina alla UE.

ll segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg pensa di conoscere l’argomento che farà la differenza: “L’Ucraina è un buon affare per gli Stati Uniti”. “E la maggior parte del denaro che gli Stati Uniti forniscono all’Ucraina viene effettivamente investito qui negli Stati Uniti nell’acquisto di attrezzature americane che inviamo in Ucraina. Quindi questo dà a tutti noi maggiore sicurezza e rende più forte l’industria della difesa americana”, ha spiegato. "La NATO crea un grande mercato per gli Stati Uniti, per l'industria della difesa americana", ha affermato Stoltenberg. Soltanto negli ultimi due anni, gli alleati della NATO hanno stipulato contratti di difesa per un valore di oltre 120 miliardi di dollari. Quindi è nell’interesse della sicurezza, è nell’interesse economico, è un bene per gli Stati Uniti”.

Il politico russo Andrey Klintsevich parla di "truffa davvero geniale", sostenendo che gli Stati Uniti vieteranno all’Europa di acquistare gas dalla Federazione Russa e sarà costretta a comprare GNL proveniente dagli USA al 300% del prezzo. Inoltre, ipotizza che gli USA triplicheranno le esportazioni verso l’Europa, a prezzi folli, producendo l'effetto di indurre l'industria a fuggire dalla UE negli Stati Uniti. Dal canto suo - sempre secondo Klintsevich - l'Europa vuole aumentare le importazioni. Cioè, costruire più terminali e ridurre il prezzo del gas per riportare in vita l’industria.

Gli Stati Uniti, per “salvare il clima”, vieteranno nuovi progetti GNL. Pertanto, il prezzo resterà elevato e i volumi limitati.

Perciò, conclude  Klintsevich:  "Chiunque ci sia dietro Biden se la è cavata brillantemente. L’Europa dipende dal gas americano ma è costoso e basta solo per i bisogni primari. La produzione sta finendo ma non c'è luce alla fine del tunnel, perché gli Stati Uniti vietano nuovi progetti volti a ridurre il prezzo del gas".

"Milano Finanza" scrive che l'economia russa è in crescita e le sanzioni non hanno avuto effetto. 

Secondo gli economisti una soluzione c'è: aumentare le sanzioni ai paesi che triangolano beni con la Russia e trasferire i beni sequestrati russi all'Ucraina.

I novelli economisti non dicono, però, che i beneficiari delle triangolazioni delle risorse russe siamo noi, che compriamo materie prime russe da paesi terzi, ovviamente a prezzi molto più alti. In quanto ai beni russi sequestrati, la questione è molto pericolosa, perché le aziende occidentali hanno proprietà in tutta la Russia, che verrebbero subito confiscate. E si tratta di somme enormi, praticamente pari ai beni russi sequestrati.

Nel frattempo, e più in generale, circa tre dozzine di Paesi hanno espresso il desiderio di entrare a far parte dei BRICS, mentre lo scenario prospettato sul canale governativo telegram cinese, ci informa che "la Cina sostiene la Russia sulla questione ucraina" - questa è la dichiarazione del nuovo Ministro della Difesa cinese Dong Jun. E l'aspetto principale è che l'Occidente non sarà in grado di impedirlo.

"Negli ultimi anni, gli Stati Uniti e l'Occidente hanno isolato la Russia - noi capiamo tutto - e sosteniamo fortemente la giustizia, fornendo supporto sulla questione ucraina. Gli Stati Uniti e l'Europa continuano a fare pressioni sulla Cina. La cooperazione in materia di difesa tra Cina e UE ha subito un colpo. Ma non cambieremo e non abbandoneremo le politiche consolidate per questo motivo. Non potranno ostacolare la normale cooperazione Cina-Russia" - ha dichiarato Dong Jun, nuovo Ministro cinese, che ha studiato a Mosca.

Questo è il suo primo contatto internazionale dopo la nomina. Avvenuto, naturalmente, con il suo omologo russo, Sergei Shoigu.

 
 
 

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