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La marcia.

Post n°2348 pubblicato il 07 Dicembre 2022 da fedechiara
 
Tag: marciare, si

C'è la 'Marcia di Radestky' e la 'Lunga marcia' di Mao tse Tung, che camminò con il suo esercito di contadini attraverso tutta la Cina e la unificò sotto il comando del comitato centrale e suo personale. E c'è la marcia cinematografica di Tom Hanks che narra le vicissitudini di Forrest Gump - un 'diversamente abile' che si conquista il suo posto nel mondo e un'effimera fama camminando da est ad ovest del continente americano e la morale che ci ammannisce è che '...stupido è chi lo stupido fa' – ognuno cerchi la figura totemica che meglio illustra quel suo semplice concetto e quell'altro: dei cioccolatini della madre che 'non sai mai quali ci trovi nella scatola'.
Ma c'è anche la marcia del Mahatma Ghandi, la 'marcia del sale' di quella 'grande anima' che contrastava, con il gesto simbolico di impadronirsi di un granello di sale, il commercio esclusivo e monopolistico di quel prezioso minerale da parte dei britannici occupanti - e avviava una serie di azioni di contrasto al dominio britannico nel sub continente indiano.
E, memore di quell'efficace e semplice gesto dimostrativo del 'marciare' e unificare simbolicamente l'India sotto i suoi passi, ecco Rahul Ghandi, incolpevole usurpatore del nome del Mahatma (non ne è un discendente), che si fa sedici e più chilometri al giorno da nord a sud lungo i 3570 km del percorso stabilito - e sarebbe un viaggio davvero seducente e da proporre ad ogni visitatore (come per noi il 'camino de Compostela' dei pii pellegrini) se non fosse per la pletora e l'intendenza politica di partito che si porta seco e riduce quel suo camminare ad un progetto politico di ritorno al potere del partito di cui è leader designato.
Perché l'India è davvero un continente da percorrere a piedi o in bicicletta, per i più sportivi, o in tuk tuk a pedali, per chi intendesse contribuire fattivamente al contrasto della povertà atavica di quelle popolazioni premiandone gli affannati conducenti.
E mi sovvengono le immagini dei miei quattro viaggi in quel mondo di incanti fatali e sdilinquimenti mistico-poveristici – dividendo il subcontinente in 'partes quater' da est ad ovest - e la prima volta fu, di notte, appena fuori dall'aeroporto internazionale di Nuova Dehli, la visione mozza-fiato di un uomo semi nudo, le gambe mozzate per intero, che si spingeva in avanti sopra un suo carrello essenziale che cigolava a cui avevano aggiunto le ruote di diversa misura di due trolley e ci guardava fisso tendendo la mano in silenzio in quella sua e nostra notte di afa e visione nebbiosa di un paesaggio indistinto e la notte vuota e nessuno intorno oltre a noi.
Il nord e il sud del mondo a confronto.
Un fermo-immagine simbolico che si ripresentò in cento e mille immagini ad ogni tappa successiva, fuori dai maestosissimi templi dei monaci 'vestiti di cielo' e dei grassi sacerdoti induisti che ricevevano gli omaggi floreali e/o gastronomici dalle mani dei fedeli in visita al tempio – e a nutrirsene non era la dea o il dio di riferimento a giudicare dalle stazze corporee.
E il labirinto interno di un tempio dalle mille colonne d'avorio dove, nel fondo dei sancta sanctorum in penombra, occhieggiavano gli inquietanti idoletti dagli occhi d'oro di una fede cieca il cui ingenuo culto pagano mi stupiva per il racconto mitico che ne leggevo nelle pagine delle guide e sembravano le narrazioni fiabesche riservate ai bimbi di pochi anni di età con dei-elefanti e dei-scimmie parlanti trasvolanti sopra i loro animali-guida.
India mon amour. Compratevi il bel libro di Dominique Lapierre o acquistate un biglietto con destinazione Mumbai o Nuova Dehli. E viaggiate in lungo e in largo in quel mondo mitico, che respinse Alessandro il Grande manu militari, per almeno giorni quaranta di una vostra personale sospensione temporale.
Non sarete più gli stessi, al ritorno.
India mon amour
BOOKS.GOOGLE.COM
India mon amour
  • Potrebbe essere un'immagine raffigurante 2 persone, tempio e attività all'aperto

 
 
 
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