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La bestia e l'innocenza

Post n°739 pubblicato il 03 Gennaio 2019 da fedechiara
 

La Bestia e l'innocenza Ieri accadeva 03/01/2014

Il tempo che procede inesorabile e indifferente alle azioni e seduzioni degli uomini per fermarlo e dirlo loro amico e alleato scandisce oggi il giorno tre del primo mese di un viaggio lungo un anno.
E accade una quantità di eventi nell'universo mondo quali sono accaduti solo qualche giorno fa, ma era un anno fa, - tu vedi gli abbagli del tempo che fugge e infila bandierine segna-tempo nei cumuli di neve delle nostre vite che presto si squaglieranno nella memoria individuale e collettiva e altra acqua scorrerà sotto i ponti che non macina più.

Ed ho un larvato ricordo - flash back labili e dai colori smarriti come le vecchie diapositive - dei miei quattro viaggi nell'India mitica delle religioni e dei templi e delle filosofie e meditazioni e dei guru falsi e bugiardi e non ho mai concentrato l'attenzione attualizzante sulle raffigurazioni delle cattive e crudeli divinità che presiedevano alla consumazione della violenza fra gli uomini e le donne: la mitica Kali dalle molte braccia, nera sposa di Shiva - e chissà perché è raffigurata al femminile quando quasi tutta la violenza che si consuma nel mondo è degli uomini sulle donne.


Ed è l'India che non vorremmo vedere e udire quella che si modernizza, ma che sacrifica l'ennesima vergine sull'altare della violenza al maschile e ne brucia il corpo e non mostra un briciolo di pietà perché ha osato la trasgressione massima della pubblica denuncia e fede laica che la polizia faccia il suo dovere e arresti i carnefici e si avvii la macchina della giustizia terrestre.

Un pessimo anno nuovo è quello che ripropone in cronaca gli odiosi 'femminicidi' e attizza l'odio fra le due metà del cielo incapaci di riconoscimento reciproco dei diritti e dei doveri spettanti ad ognuno – e torna la bestia e la belva fuori dalla antiche raffigurazioni a dirci schiavi della preistoria animale chiusa nel cervelletto atavico che dovremmo lobotomizzare, se vogliamo sognare il futuro delle stelle e dei viaggi spaziali.

Ecco la prima strofa d’una poesia di Swami Vivekananda, il famoso discepolo di Sri Ramakrishna, nato e morto a Calcutta.

Vieni, Madre, vieni!
Le stelle sono coperte,
nubi sopra nubi,
l’oscurità è vibrante, sonante.
Il ruggente turbine del vento
è abitato dalle anime di un milione di pazzi
fuggiti dal manicomio,
che sradicano gli alberi,
spazzano via i pellegrini dal cammino.
Il mare si è unito alla furia
e onde alte come montagne s’innalzano
verso un cielo di pece.
Un lampo di fosca luce
rivela mille e mille ombre della morte,
sudicia e nera,
che diffonde piaghe e dolori,
ballando ebbra di gioia.
Vieni, Madre, vieni!
Foto: La Bestia e l'innocenza

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