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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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« PussycatMaime »

 Io ballo da sola

Post n°319 pubblicato il 10 Giugno 2008 da erbavoglio_70

 (Wish you were here)

Istinto, puro istinto. Ci sono momenti, anche in una ordinaria vita impiegatizia, in cui a comandare sono le pulsioni. Ovviamente i danni causati sono, come si dice, incalcolabili. E capita di ritrovarsi la sera soli in una casa in penombra, e di ascoltare un po' di musica.

Ballo da sola, così, forse, sentirò meno la tua assenza. Eviteremo di pestarci i piedi, potrò anche cadere, senza che tu senta l'impulso di soccorrermi. Non ti aspetto, tranquillo: ballo da sola.

Scalza, con i capelli sciolti, libera. La rabbia, la paura, la gioia, lo stupore: voglio godermi da sola questa vita che straripa da ogni cellula, e il corpo, docile, accetta di accompagnarmi.

La sagoma deformata stagliata sul vetro della finestra sembra, senza occhiali, quella di una fanciulla esile, bellissima, gitana, sconfitta, ma indomita. Non c'è una coreografia da eseguire, l'unica possibilità è quella di muoversi così, e quante parole sgorgano da quelle dita rivolte al cielo (non conta la tecnica, piuttosto l'intensità del sentire). La bambina che esigeva perfezione e rigore non c'è (più), i suoi capelli non sono più raccolti in uno chignon. Ora mi piace guardarmi, per accertarmi di essere davvero io, e di volermi ancora bene. Piacere, Erba, balla con me, come quella volta: avevi diciotto anni, quando eravate in quaranta in quella masseria, e c'erano il vino, le stelle, i cani, i Pink Floyd e qualche canna a giro. Non volevi parlare, solo ballare, e si sedettero. Gli amici sanno capire quando hai bisogno di lasciarti andare.

 
Rispondi al commento:
erbavoglio_70
erbavoglio_70 il 10/06/08 alle 22:29 via WEB
Anzi, guarda, mi correggo. E ti fotto il post. • Collabora con noi • Liberatoria legale Valuta la risposta - capolavoro chiara/completa non chiara superficiale obsoleta errata Cerca in vialattea.net Vuoi che ti siano segnalate le nuove risposte di chiedi all'esperto ? Scrivi qui sotto il tuo indirizzo e-mail e invia! 01-03-2004 versione stampabile Paradosso del gatto di Schrodinger. Lo strumento che dovrebbe uccidere o lasciare vivo il gatto deve misurare se la particella è stata emessa oppure no, ma lo strumento, misurando ciò, non ha già perturbato il sistema eliminando così l'incertezza? (Risponde Davide del Vento) Il cosidetto Paradosso del gatto di Schrodinger è un famoso esperimento concettuale proposto nel 1935 da Erwin Schrodinger, per dimostrare le limitazioni della meccanica quantistica. L'esperimento consisteva nel realizzare un sistema isolato dall'ambiente esterno, costituito come segue: 1) un sistema quantistico (per esempio un campione di materiale radioattivo) che avesse, nel giro di un ora, il 50% di probabilità di decadere in uno stato differente da quello iniziale 2) un rivelatore (per esempio un contatore Geiger) in grado di misurare se il decadimento fosse avvenuto o meno 3) una fiala di veleno sigillata, collegata al rivelatore di cui al punto precedente con un sistema che l'avesse aperta ad avvenuto decadimento 4) ed ovviamente il gatto, che nel giro di un ora sarebbe morto con una probabilita' del 50% Schrodinger voleva dimostrare la limitatezza della meccanica quantistica nel descrivere un sistema macroscopico. Per dovere di cronaca segnalo che lo stesso Schrodinger ebbe a dire, nel seguito, che avrebbe preferito non aver incontrato quel gatto. Il motivo della formulazione del paradosso è il seguente. La meccanica quantistica eè perfettamente deterministica al suo interno, in quanto le funzioni d'onda che descrivono lo stato del sistema evolvono nel tempo secondo la famosa equazione di Schrodinger, la quale permette di calcolare esattamente (se siamo bravi a fare i conti) lo stato futuro del sistema, dato lo stato attuale. Non c'è nessuna "indeterminazione", a questo livello, semmai l'unico limite è che ci sono alcuni "stati del sistema" classicamente interessanti (per esempio avere una particella in una posizione e velocità note) che invece quantisticamente non esistono. Ripeto: semplicemente non esistono, non esiste per esempio uno stato in cui una particella si trova esattamente in un certo punto ed ha esattamente una certa velocit&agrave. Quasi per "compensare" questa limitazione, la meccanica quantistica prevede degli stati "sovrapposti", impossibili in meccanica classica (ed un po' controintuitivi): per esempio può esistere una particella che stia "contemporaneamente" in due posti differenti. Non c'è nulla di indeterminato in questa "ubiquità", semplicemente esistono questi stati "sovrapposti". L'indeterminazione nasce nel momento dell'interazione con il mondo "classico", che tipicamente viene identificato come una "perturbazione". In genere la perturbazione cui siamo interessati è quella dovuta allo strumento di misura, che fa "collassare" la funzione d'onda in quello che tecnicamente si chiama un "autostato della quantità misurata". Per dirla in parole semplici, "scompare" la sovrapposizione così strana di cui ho parlato sopra. Per continuare l'esempio, la particella viene trovata in uno solo dei due possibili posti, con una certa probabilità, che è quella cui ci si riferisce quando si dice che la meccanica quantistica è una meccanica "probabilistica" (e corrisponde a quel 50% di probabilità di decadimento del materiale radioattivo di cui ho parlato nelle prime righe di questa risposta) Questo collasso, pero', è molto strano: perchè l'interazione del sistema con uno strumento di misura deve cambiare l'evoluzione in modo probabilistico, mentre l'interazione del sistema con un qualsiasi altro oggetto quantistico cambia sì tale evoluzione, ma in modo perfettamente deterministico? In che cosa uno strumento di misura è diverso da un altro oggetto? In fin dei conti uno strumento di misura deve rispettare le stessi leggi fisiche del sistema, e quindi, se la meccanica quantistica è corretta, anche lo strumento di misura deve comportarsi di conseguenza. Quindi il collasso della funzione d'onda non dovrebbe avvenire, ma dovrebbe essere lo strumento di misura ad andare in una sovrapposizione di stati. Nel caso del paradosso il gatto dovrebbe essere CONTEMPORANEAMENTE vivo e morto! Con questa affermazione si voleva dimostrare l'incompletezza della meccanica quantistica nel descrivere la realtà macroscopica (per la cronaca la meccanica quantistica riesce a prevedere molte proprietà microscopiche con una precisione davvero impressionante!). Ci sono state alcune interpretazioni filosofiche del paradosso, invero molto estreme, che sono arrivate a dire che il collasso della funzione d'onda deriva dall'osservatore "umano", in quanto gli strumenti di misura (ed i gatti) effettivamente vanno in una sovrapposizione di stati, la quale scompare grazie all'osservazione dello sperimentatore (il quale non va lui stesso in una sovrapposizione di stati a causa dell'esistenza dell'anima, sic!). Un'interpretazione più razionale e verificabile che è andata per la maggiore a lungo è stata quella secondo cui un sistema macroscopico, ossia fatto da un grandissimo numero di atomi, non può trovarsi in una sovrapposizione di stati quantistici a causa della sua complessit&agrave. Non sarebbe quindi la meccanica quantistica ad essere incompleta, ma la complessità dei sistemi macroscopici a farne "scomparire" gli effetti. Questo in realtà non è esattamente vero, in quanto sono stati osservati dei sistemi macroscopici che esibiscono comportamento quantistico. Quello che conta è la cosiddetta "coerenza", ma questo potrebbe essere oggetto di un altra domanda ed in prima approssimazione possiamo accettare il discorso sulla complessità accennato sopra.
 
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