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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Sara

 

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Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

Cuor di Carogna

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Diario di una gravida

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Rosa

Post n°258 pubblicato il 03 Aprile 2008 da delilah79

Rosa 56 anni,  impiegata, sposata da 31 con Antonello. Un figlio, Marco, 24 anni.

Quando sono arrivata in questa casa (due anni fa) è stata la prima e unica vicina a darmi un sincero e non pettegolo benvenuto. Si è seduta senza disagio tra scatoloni ed imballaggi chiedendomi di farle un “caffé di conoscenza”. Il caffé di conoscenza, mi ha spiegato, è il primo tra due estranei, quello che rompe il ghiaccio, che crea un contatto, salvo, poi, non ripetersi più.

Con Rosa è stato amore a prima vista! Dopo il caffé mi fa, ridendo, “Credono tutti che io sia depressa. Qualcuno prima o poi verrà a dirtelo, così anticipo i tempi! Forse è vero; o forse ho solo deciso di non correre come gli altri per poi non arrivare mai! Andiamo a mare domani?”.

Il giorno dopo, non so come, né perché, ero a mare con lei, “la sconosciuta depressa” come, scherzando, si definiva.

Sabato sera trovo Rosa sui gradini all’entrata della chiesetta, vicino casa. Tutta rannicchiata su se stessa. Era da un po’ che non ci incontravamo. Mi avvicino, la vedo in lacrime. La faccio entrare in casa. E’sobria, ma lo sguardo è assente. Mi si siede davanti e fissandomi inizia: “Ci sono momenti (mattine, sere, notti) in cui ti senti terribilmente solo e fuori dal mondo. Sono momenti che arrivano d’improvviso, dopo un brutto pensiero, un messaggio sbagliato. Ti prendono senza annunciarsi; colpiscono tra stomaco e cuore. Tra un semaforo rosso ed un parcheggiatore abusivo che ti indica il posto per la tua auto, mentre tu ti stai chiedendo quale sia quello della tua vita ed il tuo in questa realtà. I conti non tornano mai per chi ha voglia di dare e qualche volta (solo qualche volta) di ricevere! Ci sono momenti in cui hai bisogno di un abbraccio ed il cellulare spento di tuo figlio non basta a sapere che c’è. Momenti in cui ti chiedi troppo e, in verità, non dovresti chiederti nulla! Nessuno mai che riconosca all’altro il giusto mezzo come beneficio del dubbio… Capita che non si riesca a spezzare la corda senza capire che il prezzo da pagare è maggiore! Non so se sono capace. Non so se voglio esserne capace. A volte è più dignitosa l’incapacità.”. Poi si alza, mi bacia sulla fronte e va via. La seguo con lo sguardo finché non appuro che rientra a casa.

Fino a due giorni fa è stato un via vai da casa sua alla mia con mille doni. Un suo reggiseno, un cacciavite, una mezza pizza. Non mangia. Dice che si nutre d’affetto. Ieri, rientrando, c’era Antonello ad aspettarmi. Occhi rossi. Non so cos’abbia fatto Rosa, ma so che è stato abbastanza serio da allarmare il marito. “Diceva di avere dieci anni”, mi racconta.

Ora Rosa è nel reparto psichiatria. Non può ricevere visite.

Quello che penso è che sia l’unica ad essere arrivata, senza corsa; e che da lì, dal suo mondo senza traguardi, se la stia ridendo, prendendosi gioco di noi poveri stolti!

 

Ventiquattresima settimana.

Sesto mese.

Cresci.

Qualunque sia il tuo sesso, ti chiamerai Andrea.

 
Rispondi al commento:
panglos
panglos il 04/04/08 alle 07:32 via WEB
Dovevamo aspettare due commentatori storici (Ipolipidico e Di_più) per avere dei commenti a tema...
Entrambi a mio parere affrontano solo parte del problema: ipolipidico lo riconduce ad un percorso a ritroso, da adulti a bambini; di_più affronta il modo di porsi di fronte al malato di mente.
Il problema a mio parere è molto più complesso, non sbaglia di_più ad affermare che sarebbero necessarie pagine e pagine di commenti per sviscerarlo...
La malattia mentale abbraccia un campo vastissimo di patologie che vanno dalla nevrosi alla psicosi. La cosa che colpisce del post di Delilah è che Rosa non può ricevere visite, ciò vuol dire che non è in grado di tollerare la presenza di altri. Mi è difficile immaginare che una persona che non può sopportare, in quanto la sua patologia non le consente di farlo, la presenza di un suo simile viva una esperienza riconducibile ad un ritorno all'infanzia, molto più probabile è che viva un'esperienza di profonda sofferenza. Non esiste sofferenza paragonabile a quella che vive una persona il cui cervello ha smesso di funzionare correttamente; la sede dei sentimenti, dei ricordi, delle relazioni, la nostra stessa essenza, ciò che ci consente di identificarci con noi stessi non risponde più come prima e molto spesso ne siamo consapevoli; è questa consapevolezza l'aspetto più terrificante della patologia mentale.
Il modo che di_più propone per relazionarsi ad un malato di mente è sicuramente condivisibile, anche se io direi che quel modo di porsi dovrebbe essere esteso a tutte le persone che ci circondano, condivisibile, dicevo, ma purtroppo ben lontano dalla realtà. Il primo sentimento che suscita un malato di mente è paura, una paura irrazionale che è in fondo la paura del diverso. Alla paura poi si sostituiscono o si aggiungono commiserazione, atteggiamenti di superiorità (il malato di mente non è alla nostra altezza), infantile accondiscendenza, atteggiamenti che si terrebbero con un bambino deficiente (il malato di mente non è un adulto) ed altro ancora.
L'errore più comune che si commette quando si incontra un malato di mente e di identificarlo con la sua malattia, nel ritenere cioè che un cervello malato lo sia nella sua totalità, è qulcosa di diverso rispetto ad una persona sana, non ama più come una persona sana, non ha più l'intelligenza di una persona sana, non è più capace di relazionarsi agli altri come una persona sana... è, appunto, un malato di mente.
Questo grosso modo è ciò che penso... più o meno... forse... chi lo sa...
 
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