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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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« Il sesso degli angeliAl cinema »

Recensioni Caos calmo (il libro)

Post n°227 pubblicato il 29 Febbraio 2008 da sara_1971

Dove bisogna cliccare per bannare un libro?

Lasciate perdere le gocce per dormire: bastano quattro o cinque righe di Caos Calmo dopo i pasti per cadere in un sonno profondo e ristoratore.

Vorrebbe essere un libro, questo di Sandro Veronesi, sul dolore esistenziale, quello sordo ed implacabile che non si percepisce esteriormente, e invece riesce ad essere solo un polpettone farcito di nulla: tutto sommato una pietanza ipocalorica e poco appetitosa. Innocua, se non fosse per i 17,50 euro spesi.

Pietro Paladini, direttore di una pay tv, è un manager di successo che diventa improvvisamente vedovo una mattina d’estate mentre salva la vita a una sconosciuta sulla spiaggia: l’esordio non sarebbe poi malissimo se non fosse seguito da 400 e rotte pagine che tutto fanno fuorché tenere alto il livello di interesse per il seguito della storia.

Perché Paladini, presumibilmente sconvolto da un lutto inaspettato, inizia così a trascorrere tutte le sue giornate davanti alla scuola della figlia in attesa che lei esca, diventando un confessore per i personaggi della sua vita, il fratello, il capo, la cognata, la segretaria, che a turno vanno a trovarlo nella sua auto (Sic!), certi che lui sia lì, nei giardinetti davanti alla scuola, ad emanare quiete e a donare preziosi attimi zen.

Le colonne sonore dei Radiohead sono il testo più interessante che potrete leggere e questo la dice lunga.

La scrittura fluida, purtroppo lontana dall’essere incalzante, accompagna una trama banale, lenta, e personaggi statici. Il ritmo è stonato, la frenesia si disperde, l'ossessione diventa ragionativa, la narrazione indulge alla chiacchiera e per questa perdita di armonia la storia naufraga prima ancora di aver preso il largo.

Irritante, sì, irritante è la parola giusta se si pensa che il romanzo ha vinto il premio Strega. Chi ha vissuto un dolore così forte ha il diritto di definire alterigia il voler scrivere di esso senza averlo provato: è sempre sgradevole cercare di spacciare la noia mortale per profondità. Siamo sinceri: il segnalibro viene riposto senza l’ombra di un rimpianto.

Il capitolo dedicato alla mail del drogato va necessariamente saltato: nel caso in cui il lettore fosse comunque perversamente intenzionato a farlo proprio, può buttarlo giù tutto d'un fiato, esattamente come certe medicine dal sapore sgradevole.

Non c'è anima, non c’è necessità di scrivere in questa cattiva imitazione di Joyce che riesce ad essere solo sintesi pedagogica del destino umano: la sofferenza è raccontata ma mai davvero espressa. Una carrellata di protagonisti falsi, antipatici e inverosimili che non rappresentano la superficialità ma viceversa ne sono affetti, bestemmie che dovrebbero risultare blasfeme e invece strappano una mesta alzata di sopracciglio: il lutto di questa narrazione va elaborato in più giorni affinché ci si possa nuovamente avvicinare ad un libro in serenità.

Ma siamo clementi, un personaggio stimolante è Lara che, con rara saggezza, abbandona il romanzo nelle prime pagine. E poi il salvataggio della donna in mare con contemporanea erezione può servire da spunto in qualche film hard, per esempio.

Per inciso  la scena di sodomia è riuscita mettere di pessimo umore un po’ tutti, sia i perbenisti che gli appassionati del porno: pretenzioso resta il termine più consono ad un libro interessante solo nelle intenzioni e che corre rischi che non riesce a gestire ricorrendo ad un'alchimia che non funziona.

Questo è un buon esempio di letteratura di riciclo: da leggere solo se qualcuno ve lo presta. Grazie ma potevamo farne a meno.

P.S.  Non sarebbe sbagliato se qualcuno ricordasse al logorroico autore che è davvero di cattivo gusto citare se stessi.

 

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 01/03/08 alle 00:00 via WEB
<Il panchinaro.> ---------------- Questo è il titolo che darei al libro. A differenza dello sport, chi è in panchina spera sempre che il mister faccia un cenno, per cominciare a scaldarsi, iniziare la propria partita. Il protagonista del libro invece decide autonomamente di sedersi, forse di arrendersi e certamente di non affrontare la situazione venutasi a creare. Anzi, aspettando la figlia all’uscita di scuola si aggrappa ad un modus vivendi che ormai non è più parte di sé. Una dolore interiore che non voglio giudicare come sconfitta perché, credo, in questi casi è tutto soggettivo. Se il Paladini riesce ad assimilare la perdita della moglie standosene calmo e seduto, con un probabile caos cerebrale, è la sua soluzione. Il difficile del libro sia stato, credo, il tentativo di descrivere questo movimento interiore con la staticità esteriore. Il cognome dell’autore invece, per associazione, mi conduce al dolore, alla sofferenza ma, senza volerlo cara Sara, anche il citare Lara ha risvegliato in me, dolori assopiti. Lara il mio splendido pastore tedesco che mi ha lasciato circa otto anni fa e che prediligeva accovacciarsi sul divano buono. Giornalmente e per una settimana tornavo sul luogo di sepoltura per salutarla….poi ho preso in casa Shyla…un bassotto tarchiato e bastardo che proprio non assomiglia a Lara….la vita continua…sono passati anni e quel bastardo è ancora affettuosamente sul mio divano. E’ troppo tardi per cenare quindi, per voi, solo questa pietanza –ipocalorica-
 
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