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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

Cuor di Carogna

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Diario di una gravida

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Tu mi turbi

Post n°385 pubblicato il 19 Settembre 2008 da erbavoglio_70

 

Se lo sguardo del vostro interlocutore è simile a quello di Sara a scuola, di Erba davanti a un elettrodomestico, di un uomo davanti a una bomboniera, con buona probabilità non è interessato a ciò che gli dite. Lo attirano senza dubbio maggiormente i tasti del suo cellulare, il monitor del suo computer, lo zapping spasmodico. Esempi:

  • Entrate in casa, felici: “Ehi! Sono scappata dall'ufficio ed eccomi qua! Ho anche comprato i panzerotti!” I bambini, compatendovi, accennano a un saluto e tornano a fissare afasici i cartoni animati, mentre lui sillaba un “Ciao amore, un momento” digitando freneticamente (quasi voglia sottolineare che il vostro rientro inaspettato gli ha rovinato il climax della chat che lo vedeva coinvolto).

  • Decidete di salutare i vostri colleghi dopo le vacanze: “Posso? Ehi! Abbronzatissimo!” Possibili reazioni: “Ehi, ciao! Scusa sono al telefono passerò da te più tardi.” (Frase pronunciata mentre il collega si contorce sulla sedia.) “Eccomi subito da te, finisco di scrivere una mail.” (Frase pronunciata con gli occhi fissi sul monitor.) “Scusa, scusa, sto scappando.” (Frase pronunciata con gli occhi fissi sul telefonino.)

  • Incontrate un amico: vi fermate entrambi, il che è un buon segnale. Prontamente capite che in movimento non è in grado di comporre sms, dato che con un sorriso ebete stampato in faccia continua a spostare freneticamente il pollice opponibile che la natura gli ha donato, pensando che il dire “Già già... eh eh... ah ah...” sia definibile con il sostantivo femminile conversazione.



Tali circostanze, ammettiamolo, renderebbero nervoso anche un paracarro*. Ho letto poi un articolo, diretto e sentito, di quel nostalgico di Michele Serra: in sintesi afferma che a fronte di una second life non esista un tempo virtuale, cosa che – comprensibilmente – poco o nulla affetta i giovanissimi. Serra non punta ovviamente alcun dito accusatore contro internet, e tranquillizza gli adulti: un contatto con il mondo esterno è quasi sempre garantito dal richiamo ormonale. Piuttosto, li (ci) ammonisce: solo con dialoghi, racconti, amici interessanti si potrà strappare l'adolescente dalla devozione verso il proprio monitor.



Intendiamoci: io sono una convinta sostenitrice della frase di Pennac [...] la frase scema stabilisce invece una connivenza riposante che può esistere solo tra amici intimi. Soltanto con gli amici più stretti ci raccontiamo le storielle più stupide, come per rendere omaggio alla loro raffinatezza intellettuale. Con gli altri facciamo i brillanti, sfoggiamo il nostro sapere, ce la tiriamo, seduciamo. Attenzione, però: frase scema, non espressione idiota.



*Questa è relativamente facile.

 
Rispondi al commento:
jodo77
jodo77 il 20/09/08 alle 17:38 via WEB
Ciao! A proposito del post di Sig.ra Erba, mi capita spesso di ritrovarmi in una conversazione, magari da me cercata e voluta, e di comportarmi come se ne volessi scappare via il prima possibile. Ad esempio, incontrando una persona che non vedevo da tempo, sento dapprima il piacere di rivedere un viso noto, riconoscere nei suoi tratti momenti gradevoli, e ricambiare il piacere proponendo frasi confortevoli. Poi però, non appena lo scambio di convenevoli lascia il Porto della Convenzione ed il suo "ciao-come va?-cosa stai comprando di bello?", mi ritrovo sperduto nell'immenso Mare della Conversazione, con l'imbarazzante sensazione di non avere null'altro da dire a questa mia controparte improvvisata. Così, agganciandomi all'ultima parola da lei pronunciata, provo ad incastrare - come nel tetris - argomenti che siano miei, tentando alla cieca un incastro che vada a segno, indizio di un'affinità che da qualche parte ci dovrà pur essere! Nonostante questi tentativi vadano, a volte, a bersaglio, il momento è ormai rovinato dal sospetto che l’interlocutore abbia mangiato la foglia. Sicchè ormai la frittata è fatta, e, nonostante lo scambio di battute prosegua all’apparenza spedito, il mio sguardo viene inesorabilmente attratto da un orizzonte posto alle spalle di quello che sta già assomigliando ad un fastidioso ostacolo parlante. Sto già cercando il punto di fuga, intendendo la fuga vera e propria, fisica, da quel posto e da quel momento. L’aspetto curioso è che tutto questo succede anche in quei casi in cui io non vedevo l’ora di scambiare quattro chiacchiere con quella certa persona! Mi ritrovo ogni volta a combattere tra la voglia di rimanere e continuare uno scambio, ed il timore di rubare il tempo a qualcos’altro, desiderando magari di continuare l’incontro, o ripeterlo, in altro luogo e in altro tempo. Così, con la giacca appoggiata sul braccio e la mano sulla maniglia della porta, infilo, appena possibile, un “Oh dai, ti lascio andare, bisogna che scappo, mi stanno aspettando”, girando le spalle e sentendomi sollevato dallo scampato pericolo di non si sa bene cosa. Qualcuno è mai guarito da questa cosa? Come diavolo si fa? Voi che siete gente di mondo, avrete pure dei consigli da darmi. Adesso vi saluto però, bisogna che scappo. Son già in ritardo.
Cià!
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