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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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Il buio oltre la siepe

Post n°250 pubblicato il 26 Marzo 2008 da erbavoglio_70

 

Lui, che potrebbe chiamarsi Marco o Paolo, è un uomo di trentadue anni, forse trentaquattro, improvvisamente colto da una strana sindrome. Pur conducendo una esistenza definita normale dal suo entourage, pur essendo simpatico e appagato dal lavoro e dal sesso, è impossibilitato a uscire dal negozio situato in fondo alla strada. O forse un ufficio, o un'auto. Il fatto importante è che in quel negozio, o in quell'ufficio, o in quell'auto, c'è una donna che non può annoverare tra i suoi affetti, non essendo una fidanzata o una amica o una parente, con la quale ha conosciuto il senso della comunicazione. Quella fatta di scambi, di silenzi e di sguardi, oltre che di parole e risate o discussioni. Con lei non è importante scegliere un argomento, perché riescono a trascorrere ore insieme pensando che siano minuti. Marco (o Paolo) è turbato dal fatto che lo sorprende sempre più spesso l'ansia non appena lo squillo del telefono o un rumore improvviso gli ricordano che il suo posto è il pianeta Terra. Lui sta così bene lì, con lei, e ritiene il mondo fuori da quella stanza crudele, o almeno dissennato. Loro non hanno fretta, piuttosto hanno bisogno di calma. Di progetti e di ricordi hanno gli armadi pieni. Il caso li ha fatti incontrare e loro sanno godere dell'inaspettata possibilità di riassaporare una sensazione paragonabile a quella da sospensione nel liquido amniotico, avulsa da critiche, giudizi e necessarie prestazioni sessuali o intellettuali. Marco (o Paolo) teme che un giorno il negozio possa chiudere, mentre la donna è consapevole del fatto che un giorno lui non andrà a trovarla. Ma di questo non parlano. Non avrebbe senso farlo, dato che non hanno obblighi reciproci, e hanno deciso di non addomesticarsi per lasciare fluire liberi i loro pensieri. Per evitare che aspettative, paure e gelosie invadano i loro pomeriggi fatti di nulla, forse, ma capaci di rendere sopportabile la teoria di convenzioni e doveri cui la vita quotidiana li chiama. A volte lui si ferma, con la mano sulla maniglia, e la saluta. Ma non apre la porta, sta troppo bene lì dov'è. Le chiede di aspettare, le sorride sapendo che anche per lei è presto. Domani non finiranno i discorsi iniziati, perché loro non ne hanno mai finito uno. Non hanno fretta, nel loro bozzolo il tempo non fa paura.

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 27/03/08 alle 01:12 via WEB
Un post molto dolce, rosa pallido e senza tonalità di rosso squallore. Il viaggiatore di emozioni, il Marco P_olo alla veneranda età di 33 anni è forse vecchiotto per affrontare questo tipo di sensazione?? Per un attimo mi ci sono ritrovato nel protagonista del post, la differenza è che: gli sguardi, i silenzi anche il semplice cenno con la mano in segno di saluto, con il cuore in gola ed aspettando identico cenno, erano i primi innocenti approcci di un dodicenne verso il gentil sesso. Erano gli sguardi che si incrociavano per ore, nei pomeriggi assolati. Si fingeva entrambi di leggere qualcosa e ci si sbirciava attraverso giardini quasi comunicanti. Credo che molti di noi hanno avuto questo tipo di esperienza. I primi contatti con l’altro/a è iniziato proprio lì nella tua piccola strada e, all’epoca, quella via rappresentava il mondo intero. Lo spazio oltre la strada era intercluso, il mondo finiva lì. Guai attraversare. Bastava quindi poco, nel piccolo mondo della tua strada, che sensazioni mai conosciute esplodessero come un vulcano. Forse Marco ha avuto la fortuna di rivivere quelle emozioni?? Chissà… a me è successo… Tornato alla casa natia, ormai ventenne, mentre in giardino leggevo un libro, alzo lo sguardo e mi accorgo che lei era lì che leggeva. Il tempo si era praticamente fermato a circa otto anni prima. A volte, mano al cellulare, la chiamo. Un breve saluto, in occasione di ricorrenze e/o festività. Quegli sguardi e parole non dette, sbirciando attraverso le foglie di un albero di fichi d’india, sono ormai persi tra obblighi e pensieri di vita quotidiana. –ipo-
 
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