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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Sara

 

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Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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Post n°144 pubblicato il 03 Dicembre 2007 da erbavoglio_70

Un giorno, in terzo liceo, lessi la frase di F. Schlegel “Pensati come un essere finito educato all'infinito, allora tu penserai un uomo”. Ritenni che andasse bene anche per una donna. E quello fu il primo sbaglio. Inoltre, errori di gioventù, fraintesi, e iniziai una lotta contro il tempo.

A diciassette anni provai addirittura a ridurre progressivamente le ore di sonno, certa  che un giorno avrei potuto eliminare del tutto quell'inutile perdita di tempo. Superfluo dire che l'esperimento terminò con un periodo di catalessi, ravvivato solo dagli improperi dei miei che minacciarono di sedarmi se avessi continuato a usare la sveglia in modo improprio. Ma so bene come rivoltare una frittata, e così colsi il lato B della cosa: sognare in modo creativo avrebbe reso il poltrire comunque producente. Intendiamoci: produrre per me non equivale certo a costruire palazzi o a fondare reti televisive, altrimenti Berlusconi oggi sarebbe solo un basso pensionato con la spilla “Forza Erba” sulla giacca. Per me produrre significa non consentire ai neuroni superstiti di annoiarsi. 

Anche mettere in ordine cronologico i ricordi in uno scàtolo (si può dire, lo hanno già fatto Pirandello, Capuana e Bernari prima di me. Quell'altro è scatòlo. [vedi post n. 100])  o spolverare  non passivamente  (per esempio componendo rime a partire dalla parola acaro) è produrre.

Vorrei, credetemi, riuscire a riposare il pomeriggio, o almeno a stare stesa dopo un parto. Ma anche allora ho iniziato a scattare foto, a prendere appunti, a sfogliare libri di puericultura. Al più posso concedermi chiacchiere telefoniche, se l'interlocutore è  interessante, anche perché durante una telefonata posso comunque stendere i panni, o guidare, o riordinare la stanza dei bambini.

Il medico mi ha detto che non c'è da preoccuparsi (tanto non è mio marito): sono solo ipercinetica. Sarà per questo che la prima volta che ho sofferto per amore mi calmò un solo pensiero, quello di poter leggere tutti i libri in circolazione a casa dei miei. Cose da adolescenti. Ora, al contrario,  un pensiero analogo mi butta nella più nera disperazione: come posso sapere tutto quello che c'è da sapere? Non potrebbe aiutarmi qualcuno a catalogare tutto lo scibile umano (dai fumetti, alla musica, ai libri, alle ricette, ai blog) e dirmi cosa davvero non è il caso di perdersi?

Non vi dico tutto questo per indurvi a raccogliere fondi per una visita specialistica, ma solo per farvi capire che uno in fondo i guai se li cerca. Accingendomi ad uscire dal tunnel del pannolino (nel senso che non avevo più tra le mani neonati), ho iniziato ad avere un po' di tempo da destinare a nuove attività, e quella serpe di Sara ne ha subito approfittato.  Forse, però, ora stiamo esagerando: non stiamo postando una volta a settimana come mi aveva chiesto, vuole i soldi dal sedicente Direttore del giornale di Frosinone [salve, Dir! Li voglio anche io!] e ora ha anche accettato una nuova collaborazione per un giornale di Bari  (naturalmente anche a mio nome, perché si è convinta che siamo Dolce e Gabbana e che stiamo giocando a Risiko).

Voi probabilmente pensate che da queste parti abbiamo molta fantasia, invece no: il nostro è uno sguardo alla É. Zola. Lei è veramente pazza. Mi telefona alle 7 del mattino per dirmi “il tuo pezzo fa schifo, scrivine uno decente per stasera, non costringermi a bocciartelo di nuovo; ma che cazzo, con tutte le cose che potresti scrivere! Per esempio, mentre parlo potresti prendere appunti.  E poi sul blog stai meno di Assanti! Erba, io ti controllo. Ah, e poi te la devi sbattere tu domani perché io ho da fare.” “Sara,  sono in bagno. Per favore.” “Ah, in bagno! E certo: ora la signora va in bagno!”

Ed ecco che, dopo anni, desidero intimamente annoiarmi, ciondolare per casa o passeggiare per strada senza cercare negli sguardi dei passanti improbabili argomenti da post. Soprattutto vorrei rivisitare il pensiero di Schlegel.

 
Rispondi al commento:
panglos
panglos il 03/12/07 alle 19:49 via WEB
Dunque... il bucato grosso l'ho fatto e l'ho steso (nuvole minacciose mi dicono che ho scelto il momento meno adatto), la cucina ed il bagno li ho puliti, nel letto ci ho dormito solo tre notti, lo rifaccio domani, fra qualche minuto vado a mettere qualcosa sul fuoco ("cucinare" è una parola grossa)... di cosa parlava il post?... ah già!... le tante cose da fare...
Stimolante questo post, propone due argomenti: le tante cose da fare, la crescita.
Per le tante cose da fare, se si ha la fortuna di essere ipercinetici ce la si può fare, a patto che l'ipercinesia non sia prodromica della ciclotimia, nel qual caso vivi male per un mese, peggio per il mese successivo. Dichiaratomi sconfitto dalle tante cose da fare, ho imparato a convivere con situazioni che solo un anno fa mi avrebbero fatto rabbrividire: impari ad amare lo strato di polvere sul tavolino del telefono, è utilissimo quando devi appuntare un nuovo numero.
Molto più stimolante è il secondo tema proposto dal post, in verità un tantino sottoesposto rispetto al primo: le cose da fare intese come elementi di crescita, in questo caso non parliamo quindi di un pavimento da spazzare, ma di un'anima da coltivare, del mestiere di vivere.
Sento molto mia questa impostazione, la vita come una continua crescita, un continuo arrichimento. Personalmente, recuperate grosse fette del mio passato, mi piace considere la mia età non come somma di anni, ma come affiancamento di stadi evolutivi che non si sovrappongono e quindi non si annullano. Mi piace sentirmi bambino con i bambini, adulto con gli adulti, bambino con gli adulti... non potrei mai essere adulto con un bambino.
Si corrono dei rischi, soprattutto di subire il giudizio degli altri, ma il giudizio degli altri non si incontra più col giudizio che io do di me stesso... è quello che io ritengo sia la maturità, essere sé stessi indipendentemente da ciò che viene proiettato su di noi.
Spero che la vita sia tutta così, intendo anche la vecchiaia, una crescita continua.
P.S. Dovrei rileggerlo, ma non ho proprio voglia!!!
 
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