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Amici e parole

Blog della stanza Amici e parole

 

Vinilmania c'è e si vede!

Post n°564 pubblicato il 07 Ottobre 2015 da GiuseppeTaormina65
Foto di Amici.e.Parole

E’ boom per il vinile
Vinilmania: viaggio nell'ultima fabbrica italiana che produce 33 giri
Il vinile torna di moda, e c’è da visitare l'unica azienda italiana ...che ancora stampa dischi usando macchine che hanno quasi 40 anni, la Phono Press di Settala. Ecco come nasce un disco
Nessuno avrebbe mai pensato che, con il Compact Disc in declino e lo streaming ai suoi massimi livelli, il vecchio disco in vinile potesse ancora dire la sua. Eppure, e lo dicono i dati di mercato, il vinile sta riscoprendo un vero e proprio periodo d’oro con le vendite degli ultimi anni che hanno sorpassato, numeri e grafici alla mano, i picchi degli anni d’oro dell’alta fedeltà. Il vinile per molti appassionati è la storia, ma per le etichette indipendenti e molti giovani d’oggi è un modo per tornare alla musica genuina di un tempo, non viziata dalle logiche commerciali delle grandi major e guidata soprattutto dalla creatività degli artisti e dalle loro ispirazioni. Di fronte all’impalpabile musica liquida, la copertina quadrata di un disco in vinile, con i suoi disegni e il suo profumo, è ancora un prezioso oggetto da collezionare, spolverare e ascoltare nelle sue piccole imperfezioni e nel suo analogico rumore di fondo. Un boom quello del vinile inatteso, tanto che oggi la parte più complessa da affrontare è quella relativa alla produzione: nel mondo le aziende che ancora stampano dischi non sono più di venti, e tutte hanno in comune un problema non da poco, ovvero la necessità di usare macchine con più di quarant’anni di vita alle spalle, presse che hanno stampato milioni e milioni di dischi e che meriterebbero di andare in pensione se ci fossero degni sostituti. Ma all’alba del 2016, in piena era digitale, non c’è più nessuno che produce macchine per la creazione di dischi, e pure trovarne di vecchie è difficilissimo: molte stamperie hanno mandato tutto a rottamare, distruggendo un patrimonio che oggi sarebbe ancora stato utilissimo. In Italia avevamo più di dieci aziende che stampavano dischi in vinile, ma oggi solo una di queste è ancora viva, la Phono Press di Settala, in provincia di Milano. Phono Press è sul mercato da oltre 30 anni, e solo di recente ha cambiato sede per far fronte alle richieste di un mercato che è effettivamente esploso: “Se fino a qualche anno fa si stampavano dai 1000 ai 2000 dischi al giorno - dice uno dei responsabili - oggi siamo arrivati a 6000 dischi”. La domanda è esplosa, tanto che in alcuni paesi europei per un ordine la lista di attesa è lunghissima: in Repubblica Ceca chi ordina una stampa deve attendere fino a 6 mesi per ricevere i dischi. Phono Press produce per tutti, ha clienti italiani e clienti europei: “Tutte etichette indipendenti e qualche ordine di major - confermano - ma in media ogni ordine non passa i 500 / 1000 dischi”. Confrontarsi con macchine di una certa età, in ogni caso, non è un grossissimo problema: “Le macchine che stampano sono molto vecchie, ma trattandosi di sistemi meccanici costruiti alla vecchia maniera metterci mano non è difficile, e abbiamo anche una piccola officina per le riparazioni. Quella – indicano con orgoglio – è una vecchissima pressa per dischi manuale che stiamo rimettendo in sesto, è l’unica che permette di realizzare dischi con lavorazioni particolari, ed esempio l’effetto splash”. Alla Phono Press raccontano che qualche azienda che produce ancora presse per vinili esiste, ma il costo di ogni pressa, circa 300.000 euro, è un investimento che oggi non si riesce ad affrontare. Il problema vero, in realtà, non sono tanto le presse quanto gli altri elementi che compongono la catena di stampa. Alla Phono Press raccontano che la qualità di un disco è determinata al 90% dalla fase di incisione: la profondità delle piste, la distanza tra una pista e l’altra e tanti altri piccoli dettagli determinano poi la dinamica e la qualità dell’ascolto. Le fasi successive del processo di lavorazione sono molto semplici: c’è una prima fase “chimica” che prevede la creazione delle matrici di stampa e successivamente c’è la fase di stampa vera e propria dove intervengono le presse meccaniche. Per stampare servono però le matrici, dei dischi “negativi” realizzati rivestendo il master con uno strato di argento e nichel in bagno galvanico. In questa fase si pensa anche al futuro: viene creato anche un disco madre, una copia perfetta in nichel del disco “0” da tenere in archivio per eventuali ristampe. La “magia” viene fatta da rumorose macchine dotate di una forza spaventosa: in Phono Press ci sono sei presse che lavorano a pieno ritmo per realizzare i dischi. Come materiale di partenza vengono usati piccoli grani di pvc, disponibili in diversi colori: questi grani vengono scaldati da una caldaia e trasformati in un “bicchierino” di pvc, un cilindretto che viene letteralmente schiacciato dalla pressa all’interno delle due matrici. Il risultato, come si può immaginare, è il disco stesso: all’interno della macchina in realtà il processo è leggermente più complesso, con una spruzzata di vapore a oltre 200 gradi per ammorbidire il vinile e un passaggio di acqua fresca per raffreddare il disco. La Phono Press svela anche alcuni piccoli dettagli che stupiscono anche alcuni estimatori del vinile: le etichette dei dischi non sono incollate come si potrebbe pensare ma vengono pressate insieme al disco. La carta utilizzata per le etichette è una carta speciale, con un alto grado di porosità, che viene penetrata dal PVC caldo e diventa parte integrante del disco stesso. Insomma nella vita ci sono cose da non perdere una visitina qui è una di queste. (Fonte Corriere della Sera

 
 
 

L'angolo delle lingue di Simmonella

Post n°562 pubblicato il 30 Settembre 2015 da simmonella

Oggi sono qui per condividere con voi qualcosa di un po' diverso dal solito; oggi niente spiegazioni di parole, proverbi, modi di dire o frasi idiomatiche. In quanto rappresentante della categoria, questa è per me una giornata particolarmente significativa: il 30 settembre di ogni anno infatti, dal 1953 a questa parte, ricorre la Giornata mondiale della traduzione, istituita dalla Federazione Internazionale dei Traduttori. Perché proprio il 30 settembre? Perché in questa data ricorre anche la festa di San Girolamo il quale, in quanto traduttore della Bibbia, è diventato il santo patrono di quelli che svolgono questo mestiere. Non voglio annoiarvi con una dissertazione tecnica sul lavoro del traduttore, sulle sue difficoltà  (soprattutto in Italia, dove il mercato della traduzione è più complicato che in altri paesi europei ed extraeuropei) o con informazioni che potrebbero risultare noiose a chi, diversamente da me, si ritrova a lavorare in campi molto diversi, ma su un aspetto voglio sensibilizzare chi deciderà di leggere questo post: è, purtroppo, una tendenza diffusa, quella di ritenere che chiunque parli due lingue sia in grado di fare il traduttore. Beh, avendo ormai più di dieci anni di esperienza in questo settore e confrontandomi con colleghi (anche più esperti di me, in Italia e nel mondo), vi dico che, seppure ovviamente una conoscenza molto approfondita di almeno due lingue sia necessaria per diventare traduttore, quella della traduzione è una vera e propria arte, che va studiata per acquisirne le tecniche fondamentali, ma che soprattutto va praticata costantemente, con dedizione, impegno e passione. E' un'arte dove non si smette mai di imparare, perché ogni testo è diverso da un altro e presenta sempre delle nuove sfide per il traduttore, che ha il compito importantissimo di rendere quel testo comprensibile per i milioni di persone che parlano la lingua nella quale va tradotto. Comunque, non voglio continuare a tediarvi con queste informazioni, ma voglio farmi con voi due risate sul nostro mestiere perché, ve lo assicuro, chi ha a che fare con un traduttore forse non sempre avrà vita facile, ma avrà l'opportunità di vivere dei momenti speciali e divertenti che nessun altro potrà mai regalargli. Per questo motivo, voglio condividere con chi avrà avuto il coraggio di arrivare a leggere questo post fino a qui, un piccolo manuale semiserio (e molto divertente) di istruzioni su come (soprav)vivere quando avete a che fare con un traduttore:

1) Cominciamo dalle basi, soprattutto per le donne che svolgono questo mestiere. Le formulette del corteggiamento possono trasformarsi in trappole mortali, si consiglia la massima prudenza. È più che risaputo che un traduttore/interprete lavora studiando quotidianamente la lingua. Anche quando non lavoriamo ci dilettiamo a sviscerare frasi, correggere anchormen e analizzare minuziosamente i cartelloni pubblicitari. Scrivere un complimento sulla bacheca di Facebook di un traduttore potrebbe comportare la fine di una potenziale storia d’amore, se non viene fatto con un po’ di cura (e con il correttore automatico). L’esperienza mi ha dimostrato che, all’inizio della fase di corteggiamento (al bar con un drink in mano o al bancone mentre aspettate che il cameriere venga da voi), i candidati sentono la misteriosa impellenza di personalizzare il repertorio del flirt (in molti casi in maniera piuttosto maldestra). Se alla domanda “studi-o-lavori” la ragazza in questione vi dice che fa la traduttrice, non fate la faccia di quello che sa alla perfezione cos’è la traduzione. Anzi, il consiglio è proprio quello di evitare le frasi ad alto coefficiente di rischio, tipo:

- Allora parlerai un sacco di lingue! Quante ne parli? ...ma come solo due/tre?

- Anch'io traduco nel tempo libero, hai presente, un po' con l'Oxford e un po'inventando...

- Beh, dai, con Google Translate praticamente il tuo lavoro non serve più, e prima poi inventeranno anche qualcosa per le conferenze...

- Sto studiando inglese per conto mio, secondo te se mi metto a fare qualche traduzione anche io due soldi riesco a tirarli su?

 

2) Non state a guardare il capello. Per il traduttore, soprattutto se sotto consegna, l’ordine, l’economia domestica e la pulizia sono un’opinione. Forte del fatto che perlopiù lavora da casa, è possibile che indossi gli stessi pantaloni della tuta per più di una settimana, che non si lavi i capelli da giorni, che si scordi di fare la lavatrice e di comprare la carta igienica. Un riquadro di spazio su cui appoggiare il pc, una sedia e cento litri di caffè sono tutto ciò che serve per andare avanti. Personalmente, per fortuna riesco ancora a trovare una via di mezzo e a gestire al meglio tutto, ma ci vuole una grande forza di volontà (e magari una giornata di 48 ore)

 

3) Buttate l’agenda e imparate a cogliere l’attimo. I ritmi di vita di un traduttore sono perlopiù forsennati: è sempre intento a digitare sulla tastiera a orari inconcepibili per la maggior parte degli altri esseri umani, a volte è costretto ad accettare lavori al fulmicotone ma troppo appetibili per essere rifiutati. Lui ormai ci ha fatto il callo, quindi non vede la necessità di spiegarvi perché in un weekend di sole con 40 gradi all’ombra non potete andare al mare (gli hanno commissionato una traduzione) o come mai questa sera, ahimè, dovrete mancare alla cena per il compleanno di vostra zia (entro domattina aspettano le sue bozze riviste). Ogni pianificazione è sempre un terno al lotto, qualsiasi piano rischia di andare in fumo e lasciarvi con un pugno di mosche (e con il costume tristemente abbandonato su una sedia a margine di una borsa sfatta). Non tutto è perduto, però: proprio per questo stesso principio, capiterà che il vostro traduttore abbia del tempo libero quando il resto del mondo è in ufficio a sgobbare. Anche voi, sì, ma questo è un  dettaglio. E si presenteranno anche congiunture favorevoli, molto più spesso di quanto non crediate.

 

4) Non rispondete alle provocazioni. Il traduttore è un professionista della lamentatio. Quando ha lavoro, piagnucola perché i tempi sono stretti, perché non dorme abbastanza, perché il testo è ostico, perché è sotto pressione, perché arriva alla consegna esaurito e sfinito. Quando non ha lavoro, tempo due/tre giorni inizia a frignare e a entrare in ansia perché si annoia e perché “oddio, non mi chiameranno più, moriremo tutti”. Allenatevi davanti allo specchio: assumete un’espressione tra il costipato e il partecipe e ripetete più volte: “Ma certo, amore” con tono calmo e mellifluo. Attenzione: niente sorrisi, neanche un accenno (penserebbe che sotto sotto vi state prendendo gioco del suo profondo dramma esistenziale).

5) Procuratevi dei gadget con cui ingannare il tempo quando uscite. Il traduttore è un pignolo, ed è capace di passare ORE nelle librerie. Intendiamoci, a tutti piace gironzolare tra i libri, ma rispetto ai comuni mortali per il traduttore è una vera e propria malattia. Passa al radar i frontespizi, confronta le varie edizioni, perlustra le sezioni in lingua originale alla ricerca di spunti per eventuali proposte. Quindi non dimenticate mai il lettore mp3: quando avrete finito di sfogliare qua e là i titoli che vi incuriosiscono, infilerete con grazia e disinvoltura le cuffiette, e alla centoventordicesima volta che lui/lei vi indica una riga da qualche parte commentando “Guarda qua, imbarazzante” “Non ha senso” “Ecco cosa succede a far tradurre ai dilettanti” “L’editoria è morta”, potrete annuire dolcemente facendogli sentire che siete dalla sua parte mentre in realtà state ascoltando l’ultimo del vostro cantante preferito.

 

6) Occhio alla punteggiatura e alla grammatica. Il mestiere del traduttore si fonda sull’analisi e lo studio quotidiano e approfondito della lingua, sia di partenza che di arrivo. Anche quando non traduciamo siamo portati a sviscerare e vivisezionare qualsiasi costruzione verbale ci capiti a tiro. Oltretutto, oggi, siamo molto attivi sui social: provate a immaginare cosa accadrebbe se scriveste sulla bacheca Facebook del vostro traduttore uno sfondone che verrà letto e commentato dai suoi contatti parimenti grammarnazi… l’onta e l’oVVore, ci pensate? Il più delle volte poi, da bravi sociopatici, soffriamo anche di idiosincrasie assolutamente soggettive (true story:una collega ha lasciato un fidanzato che nei messaggi chiudeva ogni frase con i puntini di sospensione. Da quanto racconta, ovviamente non è stato quello il motivo della rottura, ma a ripensarci era un bel campanello d’allarme, tanto più che ne metteva regolarmente due e non tre).

 

7) Dite quello che pensate senza mezzi termini. Con un traduttore la diplomazia è inutile, così come cercare di ingannarlo o indorargli la pillola. Per mestiere è abituato a scandagliare i sottotesti delle frasi, a indagare i toni, a studiare le inflessioni e i modi di dire. Capirà subito cosa volete dire, tanto vale che glielo diciate voi.


8) Non usate termini stranieri o ibridi, specie se superflui. Ok, forse i traduttori in questo si indispongono più del dovuto, ma il più delle volte è buona norma ricordare che c’è un modo molto più semplice e immediato di dire le cose già nella lingua in cui state parlando. Per non parlare delle commistioni-aborto: “Ti BRIEFFO un attimo”, “Puoi ALLOCARE dieci minuti per fare questa cosa?”, “SWITCHIAMO argomento?”. No, proprio no.


9) Scaricate film e serie tv solo in lingua originale. Guardare qualcosa di doppiato/sottotitolato in compagnia di un traduttore rischia di trasformarsi in una tortura. Il vostro nazista linguistico troverà immancabilmente qualche inesattezza e ve la segnalerà. Ogni due minuti. Anche un semplice episodio del vostro telefilm preferito si trasformerà in un'esperienza indimenticabile, in tutti i sensi: 45 minuti di raffronto commentato. Praticamente la MORTE.

 

10) State attenti a non contraddirvi. In genere il traduttore ha una memoria di ferro. Sarà per la sua maniacale cura dei dettagli, sarà per il dover gestire in testa la conoscenza di due/tre/quattro lingue contemporaneamente, sarà perché nella maggior parte dei casi è un ossessivo compulsivo, non saprei, ma da quel che vedo è un dato che ci accomuna un po’ tutti. Quindi ricorderà alla perfezione fin da subito quanti cucchiaini di zucchero mettete nel caffè, qual è il vostro piatto preferito, come si chiama vostro nonno, ma ricorderà anche cosa gli avete detto in quella data occasione sei mesi fa e come eravate vestiti quando glielo avete detto. E non dimenticherà MAI che quando l’anno scorso vi ha chiamato per chiedervi di comprare il pane voi gli avete risposto che eravate in riunione (e non in palestra a fare cardiofitness).

 

11) Siatene fieri. Il vostro amico/fidanzato/parente traduttore appartiene a quella categoria di professionisti che – per quanto in sordina –  fa sì che le storie circolino e si diffondano, che uno stesso autore possa parlare in tutte le lingue del mondo, con la stessa forza e la stessa magia (e a volte anche di più) dell’originale. Almeno voi, non dimenticatevelo.

 

E, per continuare a ridere un po', continuate a leggere :)

 

Sei un traduttore se:

- Il tuo padrone di casa ha chiesto in giro se spacci, perché non si spiega come sia possibile che la tua auto sia sempre parcheggiata davanti a casa e tu riesca a pagare regolarmente l'affitto

- In qualunque stanza della casa o ovunque ti trovi, hai sempre con te un foglio ed una penna per annotare la parola che stai cercando da ore e che ti viene in mente proprio in quel momento

- Perdi il filo dopo essere arrivato alla settima riga della stessa frase in un testo legale

- Dopo revisioni, aggiornamenti, modifiche, aggiunte e rielaborazioni, il file su cui stai lavorando è talmente colorato che, alla fine della giornata, ti sembra di essere daltonico

- Ti senti ripetere costantemente: "Ah, che bello, lavori da casa? Beato te che lavori quando ti pare!". E invece non sanno che lavori di giorno, di notte, nei weekend, e pure i giorni festivi!

- Devi spiegare a chi ti scambia per un dizionario con gambe e braccia che, quando ti chiedono come si traduce una determinata parola, dovrebbero anche essere così gentili da fornirti uno straccio di contesto

- Devi spiegare ai più che il CAT con cui lavori non è un gatto

- Ti senti dire: "mi traduci simultaneamente quello che dice questa canzone? Tanto sai l'inglese!"

- Impazzisci sulla traduzione di quel gioco di parole che in italiano proprio non esiste, ma che ovviamente è fondamentale per il film, il telefilm o il romanzo che stai traducendo

- Al ristorante, non guardi il menu per scegliere cosa mangiare, ma per vedere come sono state tradotte le portate (e inorridisci il più delle volte)


 
 
 

SLOT?

Post n°561 pubblicato il 31 Agosto 2015 da Amici.e.Parole

 
 
 

ADDIO CARO NINO DI LEONE

Post n°560 pubblicato il 30 Agosto 2015 da luigispi
 
Foto di Amici.e.Parole

 

Nel ricordo di un grande Amico Musicista-jazz improvvisamente mancato riporto una mia modesta recensione di qualche anno fà. Fu pubblicata in occasione del suo CD dal titolo QUEL CHE NON SI FA PIU'.  

Fumo, donne, wisky e swing nel nuovo CD del maestro Nino Di Leone

Sembrerebbe una libera traduzione della nota canzone "Les plaisirs démodées" del mitico Charles Aznavour ma poi si scopre tanta originalità in più nella ricca compilation di Nino, noto pianista e vocalist "sui generis". Il titolo è solo l'incipit, il motivo occasionale per una splendida sequenza nostalgica di brani-cult accuratamente selezionati e felicemente rielaborati in chiave jazz (ben 28 in 80 minuti) grazie al pregiato apporto di una valida equìpe di coristi e amici musicisti (tra cui Luciano Bellomo, Guido Di Leone, Pino Pichierri e Muzio Petrella). Più opportunamente, forse, avrebbe potuto titolarsi "Benvenuti nel mio night" nota trasmissione radiofonica privata in onda ogni giovedì-notte, ideata e condotta (si diceva così a Bari nelle radio libere anni 70-80) da un ineffabile "Luigi il magnifico" di cui si son perse le tracce. Ma priorità o copyright a parte, quella fu solo una bella storia che riposa ormai nella memoria degli intelligenti ascoltatori dell'epoca. Fortunati fruitori dei virtuosismi pianistici del caro Nino in diretta bylive. Ma torniamo ai tempi recenti e al suo CD. Nino Di Leone paludato da simpatico istrione sciorina disinvoltamente cabaret, entertainment, raffinato "macchiettismo", ammiccanti monologhi, swing a iosa. Il tutto sul "fil-rouge" della sua voce-guida amabilmente scura, talvolta asprigna, sfumata negli acuti, ironica e carezzevole a seconda dei vari momenti interpretativi. Più raffinata rispetto ai lontani tempi radiofonici. Solo il suo pianismo permane immutato : sempre estroso e coinvolgente, puntuale e fantasioso negli accompagnamenti (come nel gustoso duetto "on the sunny side" con la bravissima vocalist Paola Arnesano). Comunque al di là dei contesti narrativi e musicali il messaggio di Nino Di Leone a tutti gli appassionati è ben chiaro. Esprime con garbo ed eleganza un accorato augurio di lunga vita alla bella Canzone di ogni tempo. Nella speranza segreta che "Quel che non si fa più" si faccia ancora e per sempre. Luigi Spinelli

 

 

 
 
 

L'angolo delle lingue di Simmonella

Post n°558 pubblicato il 24 Agosto 2015 da simmonella

Ma "il coccodrillo come fa"? Quante volte abbiamo canticchiato questo ritornello? Forse non sapete che un coccodrillo italiano che si mangia la sua preda in un sol boccone  fa "gnam", uno inglese farà "snap", uno spagnolo "clap" e uno tedesco "klap"! E secondo voi quale animale fa "gut gut gdak"? Una gallina turca! E chi fa "cui cui"? Un uccellino sui tetti di Parigi! "Cock-a-doodle-doo", che verso è? E' quello del gallo in America e in Inghilterra. E se sentite "grunz"? Attenti! C'è un maialino tedesco in giro! Beh, in effetti non mi ero mai soffermata a rifletterci, ma oggi mi sono ritrovata, per il mio lavoro, a tradurre una storia per bambini in cui i versi dei vari animali svolgono un ruolo fondamentale. Così, ho fatto le dovute ricerche e ho scoperto un mondo: i suoni onomatopeici dei versi degli animali variano in tutte le lingue, e per me è stato davvero divertente scoprirli. Questa è una delle cose che adoro del mio lavoro!!!

Vi siete mai chiesti perché il tenero Ih-Oh di Winnie The Pooh in inglese si chiama Eeyore? Perché, nella lingua inglese, quello è il verso dell'asinello! (e infatti si pronuncia "aiooorrr", un classico esempio di parola onomatopeica).
Ebbene sì, neanche gli animali, così come gli uomini, parlano la stessa lingua in tutto il mondo! In ogni Paese il suono che producono è associato a suoni umani diversi.

Ogni lingua, infatti, cerca di imitare i versi degli animali con i mezzi di cui dispone, ossia le consonanti e le vocali. Ci sono associazioni di suono (i fonemi), che per un giapponese saranno più facili da realizzare e riprodurre rispetto a un italiano, e viceversa.

Per esempio, la lingua italiana troverà più semplice utilizzare le lettere M-I-A-O per cercare di riprodurre il verso del gatto che, invece, la lingua giapponese trascrive in N-Y-A-N N-Y-A-N. I suoni onomatopeici possono essere davvero creativi!


Ecco quindi per voi una tabella che riporta i versi degli animali in alcune lingue del mondo.

http://www.eleceng.adelaide.edu.au/personal/dabbott/animal.html

 



 
 
 

A piedi nudi nell'arte: Salvador Dalì

Post n°557 pubblicato il 12 Giugno 2015 da simmonella

Stasera ritorna l'appuntamento con la rubrica A piedi nudi nell'arte. Il pittore di cui si parlerà stasera è Salvador Dalì. Vi aspettiamo numerosi stasera alle 22:00.

 
 
 
 
 

L'angolo delle lingue di Simmonella

Post n°555 pubblicato il 31 Maggio 2015 da simmonella

Per l'angolo delle lingue di oggi vi propongo l'espressione inglese "to wait until the cows come home (che tradotta letteralmente vuol dire aspettare finché le mucche non tornano a casa). Il significato però è quello di aspettare che qualcosa succeda per moltissimo tempo, e spesso l'espressione viene utilizzata in riferimento a qualcosa di inutile o improduttivo. La probabile ragione di questo modo di dire è che le mucche al pascolo hanno un passo molto lento e quindi ci mettono molto tempo per "tornare a casa".

 
 
 

DUE PASSI NELL'ASTRONOMIA!! 20 Maggio, ore 22.00; presenta Alexnono :-)

Post n°554 pubblicato il 16 Maggio 2015 da Amici.e.Parole

VI ASPETTIAMO!!

 
 
 

L'angolo delle lingue di Simmonella

Post n°553 pubblicato il 13 Maggio 2015 da simmonella

Ciao a tutti...dopo tanto tempo ritorno con il mio angolo delle lingue, proponendovi il modo di dire inglese "to have a bee in the bonnet", che tradotto letteralmente significa "avere un'ape nel cappello". Con quest'espressione si intende dire "avere una mania o una fissazione per qualcosa" oppure "essere una persona eccentrica".

Esempio:

1) Sarah has a bee in her bonnet about dieting.

Sarah è fissata con la dieta.

2) Our aunt obviously has a bee in her bonnet, but we're very fond of her.

Nostra zia è evidentemente un po'eccentrica, ma le vogliamo molto bene.

 


 
 
 

BUON PRIMO MAGGIO! IL TIC

Post n°552 pubblicato il 01 Maggio 2015 da Amici.e.Parole
 

 
 
 

LA PAROLA INCOGNITA

Post n°551 pubblicato il 01 Maggio 2015 da Amici.e.Parole
 

 
 
 

ALLENA LA TUA MENTE... DI PRIMAVERA.... IL PREMIO

Post n°550 pubblicato il 01 Maggio 2015 da Amici.e.Parole
 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Auguri di buona Pasqua da parte di DolceSimo2

Post n°544 pubblicato il 04 Aprile 2015 da Amici.e.Parole
 

 

L'atmosfera pasquale la sentiamo vivida in questi giorni,
la sentiamo nel cielo limpido e azzurro,
la vediamo nei fiori sbocciati,
e sui rami fioriti
dove anche due colombe bianche
salutano la gloria di Nostro Signore.

da PensieriParole

 
 
 

Cara Dolce Simo

Post n°543 pubblicato il 01 Aprile 2015 da acchiappatemporali

Avresti potuto attingere
dal  pozzo profondo
senza incagliarti nelle false lune
che asserragliano l'anima

 Il freddo buio della notte
                    non può averti ingoiata
                    con le galassie e la luna
                    che capivano il tuo amore.
                    Per quanto riguarda me,
                    Orione, che tu ora conosci
di certo legame prezioso
 in quest'ora di smarrimento
                    rischiarerà ancora attraverso te
il significato nascosto
                    del mio cammino.

 

a.

 
 
 

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