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ANTI IPOCRISIA...Contro quegli adulti che credono che i bambini li porti la cicogna

Creato da m.stipe il 07/09/2006

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L'inutilità degli allarmismi su internet

Post n°66 pubblicato il 03 Dicembre 2008 da m.stipe
 

Oggi copio e incollo un interessantissimo articolo di Vittorio Zambardino di Repubblica.

E' interessante perchè senza ipocrisie fa il punto della situazione di cosa sono i giovani d'oggi e di come si comportano sul web...e chi combatte le ipocrisie sul mio blog avrà sempre un primo piano...


"Ieri, pranzo della domenica, mia figlia, 18 anni, mi ha detto che uno dei personaggi che più frequenta in World of Warcraft (scheda) è
un signore di 42 anni un po’ depresso perché è in cassa integrazione.
Per un paio di minuti mi sono preoccupato, poi mi sono ricordato di
alcuni dati di fondo: che mia figlia è maggiorenne e persona
consapevole, che dentro World of Warcraft, certo, ci vive, cioè ci
passa un gran numero di ore al giorno, ma lo fa insieme al suo
fidanzato, che ha la sua età e che questa è perfino una forma del loro
rapporto. E’ un  loro modo di stare insieme, non esclusivo, perché
escono e vanno al cinema come tutti i ragazzi della loro età.  E che su
questo punto del “virtuale” abbiamo lavorato insieme, io e lei, per
anni. Fin da quando era piccola.



Non sapere di cosa si parla


Dite che sono un padre superficiale? Io faccio una scommessa su di voi
che state leggendo: se avete più di 30 anni, se siete medici pediatri o
insegnanti o giornalisti o ragionieri o una qualsiasi delle figure
sociali adulte di questa Italia, voi NON sapete che cos’è World of
Warcraft.


Be’ è un mondo virtuale, fantastico, graficamente bellissimo, con
tante regole e prove, un mondo che forma la mente dei ragazzi come un
grande romanzo perché è una grande narrazione. E questo dovrebbe
bastarvi… ah dite che i ragazzi non leggono? Be’, il gruppo degli amici
di mia figlia vive su World of Warcraft e ha letto tutta la
letteratura fantastica da Tolkien ad Harry Potter, passando per i molti
scrittori-bambini che in questo momento affollano gli scaffali delle
librerie dedicati al fantasy. Il bilancio mi sembra positivo.


Poi se l’obiezione è sui contenuti di ciò che si legge, se invece di
Tolkien vorreste le Cronache di Narnia perché più “allineate”, be’, non
ho molto da dire. A me, come padre, basta che i miei  figli siano
personalità indipendenti, critiche, con l’attitudine alla lettura. Non
ho mai pensato di poter evitare loro il male del mondo. Ho sempre
pensato a ridurlo.


Mi sbaglierò ma l’associazione dei pediatri che domani presenta a Bologna la ricerca di cui parla Repubblica.it
la pensa diversamente. E non capisco l’approccio ma soprattutto
dissento fortemente dalla posizione, che è già conclusione negativa,
verdetto, condanna, che presiede a gran parte delle ricerche di questo
genere. Sono in dissenso perché non si tratta di posizioni scientifiche
ma di assunti ideologici - e c’è da dire che la ricerca dei pediatri è
in questo senso la meno ideologicamente caratterizzata.


Ma se il pediatra mi dice che stando davanti alla televisione i
nostri ragazzi corrono il rischio di ingrassare, sono d’accordo. Se mi
dicono che spendendo ore a chattare sono più propensi a consumare
merendine e a rovinarsi  lo stomaco, non potrei essere più consapevole
che hanno ragione. Ma - e più dei pediatri sono gli psicologi a correre
questo rischio pregiudiziale di ascientificità - se da queste
osservazioni sul campo frutto della propria competenza, si passa invece
al giudizio generale sulla negatività di quell’esperienza, d’accordo
non sono più.


Una grande potenza formativa

Vedete, l’esperienza dei ragazzi, in quel mondo di WOW e di Facebook, di Msn e di chat è fuori dalla
cultura attuale della società italiana. Parlo dell’Italia perché siamo
in Italia ma il discorso è generalizzabile. Non è un problema solo di
età, i vecchi che non capiscono i giovani, eppure  è anche questo. Il
punto di rottura, di sofferenza, di separazione tra noi e loro
interviene nel fatto che nella società come noi la viviamo e conosciamo
quell’esperienza non c’è. Non sappiamo di cosa si tratta. Il risultato di questa ignoranza è catastrofico.


Privi di punti di riferimento, genitori e insegnanti, operatori
sociali e giornalisti, medici e psicologi si sentono autorizzati a
interpretare come fantasmi i fatti reali che hanno di fronte.
E’ come se un aereo a reazione fosse comparso sui cieli dell’antica
Roma. Semplicemente non avrebbero capito cos’era. Col mondo digitale è
così: i bambini ( i ragazzi, diciamo da 8 a 20)  “sanno”. “Noi” no, e
vaghiamo da incubo ad incubo: dal terrore dell’assalto pedofiilo (come
se nello sport o in parrocchia il problema fosse evitato a priori…) al
timore dell’”isolamento” psichico. Invece di vedere l’enorme forza
formatrice e educativa della rete, cerchiamo disperatamente il muro più alto da alzare.


La continua presentazione ai media di ricerche fondate sull’allarme
ideologico ha il solo risultato di aumentare il potere delle singole
lobby e gruppi professionali, procurando sovente qualche buona
consulenza presso ministeri e autorità garanti. Ma non aiuta né
famiglie né ragazzi. Anzi, ne derivano più ansia, più paure, più
tensioni in famiglia.


Lasciateli soli, insieme a voi

Isolamento? Ma il percorso dell’individuo consiste nella separazione
dai genitori. E la capacità del genitore di “vivere l’esperienza del
figlio”, per quanto questo sia possibile,  non la recuperi spegnendo il
computer o staccando la tv. Semmai sedendoti accanto. Per anni ho
ripetuto a mia figlia tre regolette base per le sue sessioni di chat:
non dare indirizzi o telefoni, non prendere appuntamenti, non accettare
proposte di nessune tipo se prima non sai con esattezza che si tratta di un tuo coetaneo. Punto e fine.

Poi mia figlia mi ha rivelato di aver sempre molto riso con le sue
amiche per queste mie avvertenze: “perché ci prendevi per sceme”. "


 
 
 
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