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DISCLAIMER
Non intendo sollecitare investimenti.
Chiunque utilizzi spunti derivanti dalla mia analisi agisce a proprio rischio e pericolo.
Dire che l’euro è ammalato grave non è esagerazione, è proprio un “disease”, cioè una malattia (e nemmeno l’unica) di cui la nostra moneta soffre attualmente e che incide tanto o poco nella gestione macroeconomica dell’Europa aderente all’euro. Questa malattia si chiama “Dutch Disease” (malessere olandese), un fenomeno macroeconomico che insorge quando una economia nazionale incontra una fase molto favorevole alle proprie esportazioni di beni ma si imbatte poi nell’effetto boomerang che esso produce. Nella descrizione di Investopedia (in inglese) del Dutch Disease, con un esempio è spiegato chiaramente come la scoperta di giacimenti petroliferi vicini alla costa olandese abbiano consentito a quel governo (negli anni 60) di trarre grandissimo profitto dalla vendita di gas e petrolio estratto da quel giacimento, ma che proprio a causa delle ingenti vendite e del repentino apprezzamento della propria valuta (il fiorino olandese), per la conseguente salita dei prezzi, ha finito per ingenerare una grave penalizzazione nei settori produttivi interni di tutti gli altri beni destinati all’esportazione e la conseguente forte perdita di competitività e la massiccia perdita di posti di lavoro. Questo fenomeno macroeconomico è quindi entrato nei vocabolari di economia come “Dutch Disease” e da allora tutti i ministri economici ne tengono opportunamente conto quando i loro paesi vedono configurarsi questo indesiderato effetto di ritorno nella loro economia. Ma l’Europa dell’euro non è la piccola Olanda, perché dunque citare questo malessere macroeconomico? Perché, pur con le notevoli differenze macroeconomiche sia dimensionali che strutturali dei paesi entrati nell’euro (anno 2001)e di quelli entrati successivamente, e pur considerando le uniformi regole economiche e valutarie necessarie per farvi parte, questo malessere ha continuato a sviluppare il suo effetto negativo a causa del forte incremento delle esportazioni che alcuni dei “paesi euro” (Germania in testa) hanno generato (tutti ricorderanno il forte apprezzamento dell’euro su dollaro fino a tre anni fa). Il Dutch Disease può perciò aver prodotto anche contro l’euro i suoi effetti. Con la particolarità però che, a causa della incompleta costituzione dell’euro (le nazioni “euro” mantengono una propria fiscalità generale, ndr) succede che ai singoli paesi esportatori rimane il beneficio dell’incremento sul Pil, dei guadagni delle singole imprese esportatrici, ecc., mentre il fattore negativo (la rivalutazione della moneta) invece di pesare solo su chi ha avuto i benefici, pesa su tutti paesi i 27 paesi aderenti all’euro, incluso quelli (come l’Italia) fortemente indebitati, i quali avrebbero invece avuto bisogno di una moneta debole, non di una moneta forte. All’inefficacia del fattore negativo potrebbe tra l’altro aver contribuito anche la Banca Centrale Europea con i suoi interventi monetari (l’euro infatti è rimasto forte contro il dollaro per oltre un decennio, cioè per tutto il periodo della crisi Usa fino al 2016). L’euro moneta unica, perciò, fintanto che rimane in questa fase di “semilavorato”, opera in modo assolutamente distorto andando a penalizzare proprio i suoi aderenti maggiormente colpiti dalla crisi. Lascio agli economisti professionisti il compito di calcolare precisamente a chi e in che misura lo fa. E’ però indubitabile che sulle economie dei paesi “euro” qualche effetto si è avuto e che tale effetto è stato distorto dalla particolarissima costituzione della moneta stessa, che è unica di nome ma non di fatto. Tra l’altro questo euro incompleto produce tra i suoi aderenti anche gli stessi effetti negativi che si hanno quando una nazione lega il cambio della propria moneta a quello di un’altra moneta più forte. L’Argentina, a parte i suoi problemi specifici, ha conosciuto una grave crisi negli anni 90 proprio a causa del fatto che aveva legato il cambio della propria moneta al dollaro Usa. Il suo default nel 2000 è stata l’infelice conclusione di questa pratica che è stata abbandonata quando era troppo tardi. Pertanto (e purtroppo) lo stesso effetto negativo lo si ha anche nell’euro quando si obbligano gli Stati ad esso aderenti a restare ancorati ad un valore di cambio deciso centralmente ma determinato (nel caso europeo) dai paesi economicamente più forti. Che non casualmente sono gli stessi che lo erano già all’esordio della cosiddetta moneta unica europea. Infatti, questi paesi (Germania, Olanda, Belgio, ecc.), benché meritevoli inizialmente per il loro migliore “status” economico, hanno continuato a beneficiare in via continuativa, grazie a questo euro incompleto (come succede nelle corse ad handicap), sia del loro migliore posizionamento sull’effetto “Gold Standard” sia per il distorto effetto del “Dutch Disease”. E’ quindi inevitabile a questo punto denunciare questo euro come portatore macroeconomico di gravi mali assenti nelle diverse economie nazionali o federate con una moneta veramente unica. Inevitabile dichiarare che siamo affetti da “Euro Disease”, un male che è necessario eliminare al più presto ad evitare un tracollo della Unione Europea stessa, perché sarebbe illusorio pensare che l’attuale sistema possa proseguire con questi macroscopici difetti. Era ed è perciò errore grave dare la colpa al professor Savona, e anche al professor Conte, a Salvini e a Di Maio per aver proposto un ministro dell’Economia che tali distorsioni voleva eliminare. Roberto Marchesi su https://www.ilfattoquotidiano.it/blog/ |
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di Enrico Grazzini Parte_1^ I derivati: la mina vagante del debito pubblico italiano SEGUE |
I 5 Stelle e la Lega hanno proposto in un documento provvisoriodi cancellare 250 miliardi di debito pubblico nazionale in pancia alla Banca Centrale Europea e a Bankitalia (per conto della Bce). Tutti si sono rivoltati contro scandalizzati. I mercati (ovviamente) hanno reagito male. Ma è davvero così indecente questa proposta? Così come è stata scritta certamente sì, ma se formulata diversamente è assolutamente sensata. Cancellare i debiti non è improponibile dal momento che la remissione dei debiti è prevista anche dalla Bibbia, ed è un’operazione fatta parecchie volte nella storia. Per esempio, più volte sono stati cancellati i debiti di guerra della Germania, o i debiti dei paesi in via di sviluppo. La cancellazione dei debiti pubblici è invece improponibile nel quadro dei Trattati e delle norme europee, e nel quadro delle regole dell’Eurozona che sono totalmente a favore dei creditori contro i debitori. In particolare il Trattato di Maastricht impedisce formalmente alla Bce di sottoscrivere i debiti degli Stati membri. Unico caso al mondo, la Bce non può soccorrere gli Stati in difficoltà monetizzando il debito. Nell’eurozona il debito di uno Stato viene lasciato totalmente in balia dei mutevoli e ingordi mercati finanziari, per loro natura speculativi. La Bce è dovuta ricorrere al pretesto di combattere la deflazione per potere acquistare, con la manovra del Quantitative Easing (espansione monetaria), i titoli di debito pro quota di tutti gli Stati dell’eurozona (Germania compresa, Grecia esclusa). Altrimenti alcuni Stati – come l’Italia – sarebbero falliti, facendo crollare con sé tutto il castello dell’euro. Ma il QE sta per finire e il debito pubblico italiano continua ad aumentare a spirale solo per effetto degli interessi sul debito. Il debito cresce più del Pil. Come fare allora per evitare il fallimento? All’interno dell’eurozona è vietato cancellare i debiti di Stato ma sarebbe possibile congelarli per 50 o 100 anni, in un certo senso all’infinito. Mario Draghi, presidente della Bce, sta già congelando i debiti pubblici che ha acquistato complessivamente per l’enorme somma di circa 2,5 migliaia di miliardi. Draghi sta infatti reinvestendo (rollover) i soldi ricavati dai titoli giunti a scadenza in altri titoli pubblici. E il roll over è previsto almeno fino al 2020. Altrimenti gli Stati fallirebbero. La proposta attuale del governo giallo-verde in via di formazione è che i circa 360 miliardi (e non 250) di titoli pubblici italiani in mano a Bankitalia e Bce siano scorporati contabilmente dal debito ufficiale. Del resto anche i dati ufficiali del debito Usa non comprendono i titoli acquistati dalla banca centrale statunitense, la Fed. La nuova bozza del contratto Lega-M5s afferma che “Ci attiveremo in sede europea per proporre che i titoli di Stato di tutti i Paesi dell’area euro già acquistati dalla Bce con il QE siano esclusi pro quota dal calcolo del rapporto debito-Pil”. Così si cancellerebbe sul piano contabile il 15%circa del debito italiano, oggi pari a circa 2300 mdi, ovvero al 132%del Pil. Ma parecchi economisti avanzano proposte più avanzate per congelare (freezing) il debito pubblico. Afferma per esempio Marcello Minenna: “Si potrebbero scambiare tramite swap tutti i titoli di Stato già comprati nell’ambito del QE con Govies (titoli di stato, ndr) oltre i 30 anni di scadenza. I mercati finanziari interpreterebbero questa decisione come la volontà di abbattere de facto il rapporto debito/PIL con le evidenti ricadute positive del caso”. Anche Guido Salerno Aletta spiega che “la prospettiva di un consolidamento anche cinquantennale dei titoli pubblici acquistati con il Qe è assai più plausibile rispetto alla loro cancellazione contabile”. Come ci ricorda l’autorevole economista Paul De Grauwe (London School of Economics) la Bce in teoria può stampare tutta la moneta necessaria per non fare fallire gli Stati senza però mai fallire essa stessa. “La banca centrale può ripianare qualsiasi perdita emettendo moneta a condizione che non comprometta la stabilità dei prezzi”. Nessuno si farebbe male. Ma Berlino non vuole. Questo è il vero grande problema. Una cosa è certa: il problema del debito pubblico deve essere risolto con misure straordinarie – e certamente non con pesanti misure fiscali e con altri tagli insensati e controproducenti della spesa pubblica -. Altrimenti faremo la fine dell’Argentina o della Grecia. In Europa gli avvoltoi stanno già volteggiando in attesa. |
Ieri mattina il governo M5S – Lega sembrava in rampa di lancio, ieri pomeriggio si è ripiombati in una situazione di stallo. Nel frattempo è stata “bruciata” la candidatura di Giulio Sapelli: perché Luigi di Maio punta ancora alla carica di primo ministro per sé stesso (ipotizza qualcuno); perché Mattarella lo giudica troppo esplicitamente euroscettico (sostengono altri). Il problema di fondo, tuttavia, va al di là delle persone, ed è quello dei vincoli UE, in particolare con riferimento alla finanza pubblica e alla conseguente possibilità – o meno – di attuare azioni di espansione della domanda e di rilancio dell’economia. Ribadisco per l’ennesima volta che porre la questione in termini di “rinegoziare o non rinegoziare i trattati” non ha alcun senso. Il rinegoziato richiederebbe tempi lunghissimi anche se ci fosse la volontà di sedersi al tavolo. Volontà che, al contrario, è totalmente assente: questa è la posizione dei paesi nord-eurozonici. Che non piaccia, lo comprendo. Che sia chiara ed evidente da sempre, è insensato (nonché sterile) negarlo. L’azione del futuro governo italiano, se vuole essere efficace nel rilancio economico del paese, non può che essere unilaterale. Di conseguenza, le possibilità rimangono due. La prima è la rottura. La seconda deriva da un attento studio dei trattati e dall’aver identificato che la variabile non incrementabile (nella misura necessaria alla ripartenza dell’economia) non è il debito genericamente inteso, ma il Maastricht Debt: il debito finanziario da rimborsare in euro, quello soggetto al rischio di non essere rifinanziabile (se non a condizioni inaccettabili). I trattati dicono questo, il che lascia aperta la via per risolvere l’impasse: introdurre uno strumento finanziario nazionale – come la Moneta Fiscale, in particolare nella forma dei Certificati di Credito Fiscale – che (1) non rientra nel Maastricht Debt (2) può essere emesso direttamente dallo Stato italiano, e (3) costituisce un mezzo di pagamento e, nello stesso tempo, una riserva di valore. Questa seconda possibilità può essere implementata con rapidità ed efficienza, non viola nessun accordo e non richiede alcuna revisione dei trattati. Alcuni l’hanno definita un “aggiramento”, altri addirittura un inganno. Ma non è niente di tutto questo. Se per andare da A a B posso percorrere un’autostrada oppure una superstrada, e se per una qualsiasi ragione l’autostrada è bloccata, non aggiro e non inganno nessuno prendendo la via alternativa. Nessuna persona dotata di un minimo di raziocinio affermerebbe il contrario. Se non ci fosse il blocco, prenderei l’autostrada e risparmierei magari dieci minuti su un tragitto di un’ora. Il blocco invece c’è, ma per fortuna esiste un altro tragitto. Dove sta il problema ? conta arrivare a destinazione. Marco Cattaneo su http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/ |
Monitoriamo il mercato guida mondiale ossia quello americano attraverso una serie di indicatori economici e di popolari trading system sul NYSE o sull'indice SP_500 popolare benchmark mondiale :
Vediamo un indicatore oggettivo in ottica MACROTECNICA cosa ci suggerisce :
IL LEI del conference Board , per gli Stati Uniti è aumentato dello 0,3 percento a marzo a 109,0 (2016 = 100), dopo un aumento dello 0,7 percento in febbraio e dello 0,8 percento in gennaio. "Il LEI degli Stati Uniti è aumentato a marzo, e mentre il guadagno mensile è più lento rispetto ai mesi precedenti, il suo tasso di crescita a sei mesi è ulteriormente aumentato e indica una continua crescita solida dell'economia statunitense per il resto dell'anno", ha detto Ataman Ozyildirim, Direttore di Business Cycles and Growth Research presso il Conference Board. "I punti di forza tra i componenti dell'indice principale sono stati molto diffusi negli ultimi sei mesi. Tuttavia, la componente del mercato del lavoro ha apportato contributi negativi a marzo e appare incerta nel prossimo futuro. "
Vediamo come alcuni Trading System sullo SP_500 come vedono la situazione :
PS_ il rendimento dei Bond decennali è al momento il seguente: T Note_2,97%; BUND_0,55; BTP_1,86 mentre il cross Euro/dollaro ora è a 1,1941, con l'indice nel grafico weekly sotto la MM a 40 periodi e RSI(8) a 29,779 quindi un segnale SHORT è formalmente scattato ma non avendo superato il coefficiente di penetrazione 0,4 lo stesso rimane sub-iudice!
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Armando Siri (Lega)svela i numeri della flat tax al 15%: ecco come funziona: Se avete 10 minuti del vostro tempo da dedicare, in questo video capirete perché, dopo anni di ricerche e studi approfonditi, la TASSA UNICA al 15% è l'unica rivoluzione fiscale possibile, seria e con la quale, cifre alla mano, il Governo Salvini farà ripartire l'economia del nostro Paese. |
Inviato da: cassetta2
il 19/04/2023 alle 17:44
Inviato da: cassetta2
il 29/03/2020 alle 14:46
Inviato da: cassetta2
il 22/10/2019 alle 10:50
Inviato da: Lucky340
il 11/10/2019 alle 21:32
Inviato da: Lucky340
il 01/06/2018 alle 10:05