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Non intendo sollecitare investimenti.
Chiunque utilizzi spunti derivanti dalla mia analisi  agisce a proprio rischio e pericolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Analisi macrotecnica del mercato

Post n°2017 pubblicato il 14 Agosto 2018 da Lucky340
 
Tag: outlook
Foto di Lucky340

Monitoriamo il mercato guida mondiale ossia quello americano attraverso una serie di indicatori  economici e di popolari trading system sul NYSE o sull'indice SP_500 popolare benchmark mondiale :

Vediamo un indicatore  oggettivo in ottica MACROTECNICA cosa ci suggerisce :

Il Conference Board Leading Economic Index® (LEI) per gli Stati Uniti è aumentato dello 0,5 per cento in giugno a 109,8 (2016 = 100), in seguito a nessuna variazione a maggio e di un aumento dello 0,4 per cento in aprile.

"Il LEI degli Stati Uniti è aumentato a giugno, indicando  una solida crescita dell'economia statunitense", ha dichiarato Ataman Ozyildirim, direttore dei Business Cycles and Growth Research del Conference Board. "La crescita diffusa dei principali indicatori, con l'eccezione dei permessi per l'edilizia abitativa, che sono diminuiti ancora una volta, non suggerisce alcun rallentamento significativo della crescita a breve termine".

Vediamo  come alcuni  Trading System   come vedono la situazione :

  • IL TS  weekly  Futures MA_40  (RSI_11) indica  sempre LONG sullo SP_500 a 2835,75  e Nasdaq_7451,75.
  • Il trading system reso popolare da Dog Short su base mensile, ci dice che  L'indice S & P 500  ha chiuso luglio con un guadagno mensile del 3,60% opo un piccolo guadagno dello 0,48% a giugno. Tutte e tre le medie mobili mensile sullo  S&P 500  stanno segnalando "investito"e tre su cinque ETF Ivy Portfolio: il Vanguard Total Stock Market (VTI), FTSE All-World  ETF (VEU) e PowerShares DB Commodity Index (DBC) - sono su  "investito"mentre IEF-obbligazionario USA a medio termine e il  VNQ-azionario immobiliare USA danno short. 

 il rendimento dei Bond decennali è al momento il seguente:

  • T Note_2,89% stabile ; BUND_0,33; BTP_3,06  ancora sotto attacco da parte della speculazione internazionale!
  • mentre il cross Euro/dollaro ora è a 1,1404, con l'indice nel grafico weekly sotto la MM a 40 periodi e  RSI(9)  a  24,33 quindi segnale SHORT ampiamente confermato!

 
 
 

La pagliacciata delle maglie rosse

Post n°2016 pubblicato il 14 Luglio 2018 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Diego Fusaro spiega perché quella delle maglie rosse, iniziativa lanciata da Gad Lerner e rilanciata da Laura Boldrini e da tutte le organizzazioni sorosiane, sia da considerarsi una pagliacciata, mentre Giorgia Meloni risponde lanciando le maglie blu in difesa dei 5 milioni di italiani che non ce la fanno ad arrivare a fine mese ed aspettano una risposta dalla "loro" politica.

da byoblu/videos


 
 
 

È VERO CHE MARIO MONTI HA SALVATO L'ITALIA? È VERO CHE L'USCITA DALL'EURO SAREBBE UN DISASTRO?

Post n°2015 pubblicato il 11 Luglio 2018 da Lucky340
 

Uno dei miti del giornalismo radio-televisivo è che Mario Monti ci abbia salvato dal baratro. Elsa Fornero imperversa da Floris raccontando che senza la sua riforma dal mese successivo non ci sarebbero stati più soldi. Ma è davvero così? Alessandro Greco, blogger ed esperto di comunicazione e marketing, ha messo insieme una serie di evidenze che nessuno può negare. Ed è venuto a raccontarle a tutti voi,

da byoblu/videos

 

 
 
 

IL "WHATEVER IT TAKES" ITALIANO

Post n°2014 pubblicato il 04 Luglio 2018 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

 

Il nuovo Governo ha ambizioni di espansione della spesa pubblica. Il Documento Economico Finanziario appena approvato, però, a cui ha lavorato il Governo Gentiloni, è intriso di misure opposte, coerenti con la filosofia dell'austerity e del "Ce lo chiede l'Europa". Come conciliare Flat Tax e Reddito di Cittadinanza con il DEF? Alberto Micalizzi ha una visione chiara delle cose da fare immediatamente perché la "pacchia" finisca per tutti, a cominciare da chi ha ristretto oltre ragionevole misura la circolazione monetaria, passando per le grandi banche d'affari che hanno costruito rapporti privilegiati con lo Stato e non hanno mai pagato il prezzo delle loro speculazioni, fino all'istituzione di una nuova autorità di controllo e garanzia sulla negoziazione dei tassi di interesse. Perché l'Italia sta provando a rialzare la testa e i mercati, in fondo, cercano solo qualcuno che, con la schiena dritta e con i giusti fondamentali alle spalle, sappia declamare solennemente il suo irrevocabile "Whatever it takes", questa volta siglato a protezione degli interessi del Paese, magari - perché no - anziché da Mario Draghi... da Giuseppe Conte.

da byoblu/videos

 
 
 

Ma il deficit spending funziona?

Post n°2013 pubblicato il 18 Giugno 2018 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

I numeri sono numeri. E hanno una forza che nessuna ideologia può sopraffare. Due economisti della Cattolica di Milano, Andrea Boitani e Salvatore Perdichizzi (B-P), eurofili ed europeisti, hanno appena pubblicato un lavoro econometricosugli effetti del "deficit spending" (e del suo contrario: l'austerità), che finalmente include tutti gli anni della crisi dal (1990 al 2017) e tutti i paesi dell'eurozona.

Utilizza vari metodi per controllare i risultati; analizza le conseguenze su diversi aspetti dell'economia; e ha l'aria dello "studio definitivo" sull'argomento. I risultati peraltro confermano quelli preliminari pubblicati in passato da altri autori. Le conclusioni, semplicemente, seppelliscono l'ortodossia economica dell'Ue.

La domanda che si pongono è la seguente. Che effetti ha un aumento (riduzione) permanente della spesa pubblica di 100 (finanziata in deficit) sulle seguenti variabili: PIL; Occupazione; Deficit; e Debito pubblico, nei prossimi 3-5 anni? Di solito c'è un trade-off: puoi ridurre deficit e debito (con l'austerità), pagando un prezzo in termini di PIL e occupazione. Oppure puoi aumentare PIL e occupazione, ma aumentando i debiti. Quale delle due strategie conviene seguire, dipende molto dai parametri in ciascuna situazione.

Se l'effetto del deficit spending è una forte crescita del PIL e dell'occupazione ("moltiplicatori alti"), le entrate fiscali nei tre anni successivi aumenteranno molto, e il deficit tornerà a scendere, supponiamo da -100 a -50 a -25 a -20.

È la tesi dei keynesiani moderati. Con un piccolo aumento del debito si ottiene un forte ritorno in termini occupazionali, e una volta rilanciata l'economia si può pensare a ridurre il debito con molta più efficacia. Viceversa l'austerità, oltre a causare una forte caduta del PIL, farebbe poco per risanare le finanze pubbliche.

Ma se, al contrario, l'impatto del deficit spending sul PIL fosse debole, l'austerità danneggerebbe poco PIL e occupazione, e sarebbe molto efficace nel ridurre il rapporto fra Debito (Deficit) e PIL. L'austerità sarebbe una politica magari dura (soprattutto per alcuni) ma sensata. È la tesi dei neoliberali moderati.

Quali sono le probabilità di un risultato estremo, paradossale, che elimini il trade-off fra debito e PIL? Per esempio: può l'austerità (oltre a ridurre il debito) aumentare anche il PIL? È la teoria dei neoliberali estremi, come Alesina (nel 2010 seguito entusiasticamente da Trichet), secondo i quali il calo iniziale del deficit farebbe crescere fiducia, consumi, PIL, e occupazione. O al contrario, può un aumento in deficit della spesa pubblica (oltre a aumentare il PIL) migliorare nel medio termine l'equilibrio delle finanze pubbliche? È la tesi dei keynesiani estremi (Summers, De Long, Ball, Krugman, etc.).

Nel nostro esempio, il saldo del bilancio pubblico potrebbe passare da -100 a -30 a +5 a +30? Il debito pubblico dopo quattro anni potrebbe risultare più basso di quanto sarebbe stato senza la manovra di deficit spending?

È qui che le conclusioni di B-P sono devastanti per le regole della zona euro: in fase di recessione risulta dimostrata non solo la teoria keynesiana moderata, ma anche la tesi keynesiana estrema, con margini e in dimensioni che superano ogni aspettativa degli stessi autori.

I quali aggiungono che il deficit spending è più efficace (in recessione): (a) nei paesi ad alto debito (chi dice: "In Italia no, perché il debito è troppo alto"?); (b) quando i cambi sono fissi (eurozona); (c) quando la spesa è per investimenti. Nel 2010-15 i parametri congiuravano tutti per aumentare i moltiplicatori, rendendo le nostre economie "keynesiane". Le cure inferte da Monti e (più blandamente) dai suoi successori, fortemente raccomandate da, BCE, Commissione Europea, Ocse, sono paragonabili ai salassi contro l'anemia applicati dai medici del '700.

Il deficit spending è sempre la migliore politica? Non esistono vincoli di bilancio? La spesa pubblica "si ripaga da sola"? Il governo Conte dovrebbe aumentare la spesa pubblica in barba all'Europa? Nient'affatto. B-P dimostrano che i moltiplicatori fiscali (da non confondere con la curva di Laffer, che è tutt'altra cosa) cambiano a seconda della congiuntura. Il deficit spending è efficace in recessione, ma nelle fasi di espansione è controproducente: non fa aumentare produzione e occupazione ma solo il deficit pubblico.

Oggi, nel 2018, i moltiplicatori dovrebbero essersi indeboliti: non tanto però da sottrarre al caso keynesiano anche "estremo" un deficit spending mirato su settori con i moltiplicatori più alti. Perciò lasciamo perdere per ora il "contratto di governo": meglio non restare prigionieri delle parole e puntare sulla competenza macroeconomica (con Savona e Tria).

Un piccolo e mirato (agli investimenti) deficit spending sarebbe ancora utile: a condizione che l'Europa e la BCE siano d'accordo (e che non si tratti di "un'eccezione temporanea alle regole"). In caso contrario, la speculazione saprà di avere mano libera contro il debito pubblico italiano, privo della naturale difesa della banca centrale. (Difesa che è scontata nel resto del mondo: si fa con una semplice dichiarazione o regola). In Europa, c'è molto da discutere.

PierGiorgio Gawronski su https://www.huffingtonpost.it

 
 
 

Il caso AQUARIUS: come demolire le tesi di SAVIANO&C in maniera semplice e sbrigativa

Post n°2012 pubblicato il 17 Giugno 2018 da Lucky340
 

Luca Donadel in questo video confuta le tesi di Sviano &C sui migranti e sul caso della nave AQUARIUS

 

 

 

 
 
 

Bce, la svolta di Draghi su Qe

Post n°2011 pubblicato il 14 Giugno 2018 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Tutto come previsto o quasi: la Bce non tocca i tassi, che dunque restano pari a zero (il tasso di riferimento), a -0,40% (quello sui depositi presso la Bce) e a +0,25% (quello applicato sulle operazioni di rifinanziamento marginale), ma annuncia che il programma di quantitative easing (QE), in scadenza a fine settembre, verrà sì nuovamente prorogato, ma solo per altri 3 mesi, fino a fine anno, e ad un ritmo ulteriormente rallentato dagli attuali 30 a 15 miliardi di euro di acquisti di bond sul mercato al mese.

Cosa cambia operativamente per investitori e per chi ha contratto o vuole contrarre un prestito dopo l’annuncio di Eurotower? Per ora poco o nulla: dal primo gennaio dell’anno prossimo, infatti, gli acquisti di bond si interromperanno, ma seguendo l’esempio della Federal Reserve la Bce per un “esteso periodo di tempo” continuerà a reinvestire i titoli in portafoglio in scadenza, tra cui circa 356 miliardi di bond italiani che secondo un’analisi di Intesa Sanpaolo a quel punto l’istituto guidato da Mario Draghi dovrebbe avere in cassa, così da “mantenere favorevoli condizioni di liquidità e un elevato livello di accomodamento monetario”.

Lo stesso Draghi ha anche precisato che i tassi sull’euro resteranno fermi almeno per i prossimi 12 mesi, dunque fino a tutta l’estate 2019, un dettaglio che ha avuto un’immediata ripercussione sul mercato dei cambi con l’euro che è scivolato da 1,18 a 1,17 contro dollaro, quest’ultimo del resto sostenuto sia dal rialzo di un quarto di punto (il secondo da inizio anno) dei tassi sui Fed Funds annunciato ieri sera dalla Federal Reserve, sia dalla previsione della stessa di altri 2 rialzi dei tassi entro fine anno più altri quattro nel 2019. L’atteggiamento della Fed è dunque più restrittivo a questo punto del ciclo di quello della Bce tanto da venir giudicato persino troppo “aggressivo, nonostante il tocco apparentemente leggero” da Ronald Temple, Head of Us Equities presso Lazard Asset Management.

Per questo è probabile che l’euro possa tornare a perdere terreno contro dollaro anche nei mesi a venire, contribuendo a sostenere le esportazioni europee ed italiane e, indirettamente, le borse del vecchio continente (anche se Wall Street non dovrebbe soffrire eccessivamente neppure in termini relativi, visto la riaccelerazione in corso dell’economia a stelle e strisce), che infatti dopo l’annuncio della Bce si sono riportate in territorio positivo dopo una mattinata prudente.

Più tormentato appare il percorso di chi investe in obbligazioni e titoli di Stato: il mercato ormai si sta orientando a scontare una sia pure molto graduale “normalizzazione” che in Europa giungerà molto dopo che negli Stati Uniti, ma la reazione alla conferma che i tassi ufficiali non si muoveranno per almeno altri 12 mesi porta oggi gli investitori a riacquistare i titoli di tutta l’area europea, favorendo un calo pressochè lungo tutta la curva e su tutti i mercati.

Così il rendimento a 12 mesi sui titoli italiani, che lo scorso 29 maggio era arrivato a toccare l’1%, scivola sotto lo 0,31% contro lo 0,34% di ieri, mentre il tasso a 2 anni oscilla poco sopra quota 0,89% (da più di 0,96% di ieri), a 5 anni cala sotto l’1,87% (dall’1,917%) e a 10 anni rompe al ribasso la soglia del 2,8% (da 2,815%). Nonostante ciò lo spread rimane poco sopra i livelli di ieri appena sotto la soglia del 2,36% dopo una fugace “fiammata” attorno al 2,50%, perdendo leggermente terreno contro la Francia (che lo vede calare sullo 0,78%) ma recuperandone contro la Spagna (che lo vede in rialzo sull’1,42%). Il consiglio per chi volesse investire a reddito fisso è dunque di mantenersi su titoli di buona qualità e con una duration non eccessiamente lunga.

Per quanto riguarda infine mutui e prestiti, l’Euribor è sostanzialmente invariato sui valori della vigilia, coi tassi a 3 e a 6 mesi (i più utilizzati per i mutui a tasso variabile) ancora negativi e rispettivamente pari a -0,321% e -0,268%. L’Irs, utilizzato solitamente per i mutui a tasso fisso, resta a sua volta assolutamente immobile, con una curva fortemente schiacciata, e per il momento e pari allo 0,38% sulla scadenza dei 5 anni, allo 0,99% a 10 anni, all’1,34% a 15 anni, all’1,49% a 20 anni e all’1,54% a 30 anni.

In buona sostanza se avete ancora molti anni da pagare sul vostro mutuo potrebbe essere quasi arrivato il momento di passare al tasso fisso, se già non l’avete fatto, mentre se avete solo più pochi anni vi conviene rimanere ancorati al tasso variabile, se già l’avete. Difficilmente, infatti, l’inflazione subirà un’accelerazione così rapida e duratura da indurre la Bce ad imitare la Fed e accelerare il passo della sua “normalizzazione” con una serie di rialzi dei tassi ufficiali a ritmo serrato.

Luca Spositi su http://www.affaritaliani.it/

 
 
 

Via dalla Costituzione il pareggio di bilancio

Post n°2010 pubblicato il 14 Giugno 2018 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Articolo di Paolo BECCHI e Giuseppe PALMA su Libero di oggi, 14 giugno 2018:

Il governo ha cominciato a mostrare come la musica stia cambiando sul tema “migranti”, ma cambierà qualcosa anche nell’ambito della politica economica? Certo, non ha senso avanzare critiche a pochi giorni dalla formazione del governo, ma dei “minibot” quasi più non si parla, nonostante siano nel programma di governo, e neppure dell’obbligo del pareggio di bilancio. Per non parlare dell’euro, che anzi non passa giorno senza che esponenti del governo, per «calmare i mercati», sottolineino la sua «indispensabilità». Oggi vogliamo soffermarci sull’obbligo del pareggio di bilancio.

Quando nel 2012 l’obbligo del pareggio di bilancio fu inserito in Costituzione su dettatura di Mario Monti, e per ordine della Bce, al popolo fu iniettata una consistente dose di menzogne basata sul fatto che lo Stato è come una famiglia e quindi non può accumulare debiti. Falso. Il pareggio di bilancio consiste infatti nell’impegno dello Stato a non poter spendere a deficit, quindi a lasciare zero ricchezza a cittadini e imprese. Se lo Stato spende 100 e incassa 97, ha speso a deficit nella misura del 3 per cento, soldi che restano nell’economia e che costituiscono ricchezza per la collettività. Se invece lo Stato si impone, addirittura per Costituzione, di fare pareggio di bilancio, vuol dire che quei 100 che spende deve vederseli tornare indietro in egual misura, lasciando zero ricchezza nell’economia reale.

LA SVENDITA

In un clima di totale svendita del Paese all’Ue, il Parlamento italiano inserì nel 2012 in Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio con una revisione costituzionale votata dai 2/3 dei componenti di entrambe le Camere. A favore votarono Pd e Pdl, contro – ma solo in seconda votazione – Lega Nord e Italia dei Valori. In questo modo la modifica non fu sottoposta a referendum popolare confermativo, con la conseguenza che non vi fu alcun dibattito nel Paese lasciando che i cittadini restassero ignari di quello che era successo. Oggi la situazione politica è molto diversa ed esistono le condizioni per rimediare.

Ma per farlo serve una nuova revisione della Costituzione che abroghi la Legge costituzionale n. 1/2012 ripristinando l’originaria formulazione degli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione. I numeri in Parlamento ci sono. L’art. 138 della Costituzione prevede, per i procedimenti di revisione costituzionale, due diverse votazioni di Camera e Senato distanziate l’una dall’altra da un intervallo di almeno tre mesi, e nella seconda votazione occorre quantomeno la maggioranza dei componenti di entrambe le Camere. M5S e Lega dispongono di questa maggioranza. Dopo di che occorrerà un referendum confermativo.

IL CONTRATTO

Il “contratto di governo” – sul punto – non è per la verità cristallino, ma c’è un capitolo in cui se ne parla che è proprio quello delle riforme istituzionali. La penultima versione del contratto prevedeva espressamente il “superamento” del pareggio di bilancio, formulazione lessicale ammorbidita dalla versione definitiva. Una correzione introdotta forse per non spaventare né Mattarella né i mercati, ma il significato non cambia di molto. Se non si interviene con una revisione costituzionale in tal senso il Paese resterà schiavo di uno dei vincoli esterni tra i più pericolosi di sempre. Qualora non si procedesse con l’abrogazione del vincolo, i nostri figli finiranno per non avere né un lavoro né una pensione dignitosa. Quando lo Stato incassa in misura equivalente a quello che spende, è inevitabile che alla collettività non resti nulla. Al netto degli interessi passivi che paghiamo sul debito pubblico, è da ventisette anni che l’Italia fa addirittura avanzo primario. Se rispettassimo anche il vincolo del pareggio di bilancio, l’avanzo primario sarebbe addirittura superiore a quello degli ultimi decenni, infatti quel poco di deficit che facciamo attualmente è dato soltanto dagli interessi sul debito, e non perché siamo spendaccioni. Una situazione insostenibile che impedisce ogni forma di sviluppo economico.

In Parlamento è già stato depositato, in questa Legislatura, un Ddl di revisione costituzionale a firma della deputata Cipriani del M5S che prevede proprio l’abrogazione del vincolo del pareggio di bilancio. Speriamo che si proceda con celerità in questa direzione.

ripreso da https://scenarieconomici.it/

 
 
 

Perché i mini-bot sono meno efficaci dei Tsf

Post n°2009 pubblicato il 14 Giugno 2018 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

L’enorme debito dello Stato italiano – pari a circa 2mila 300 miliardi, ovvero al 132% del Prodotto interno lordo – è un macigno sulla strada di qualsiasi governo. Il peso del debito impedisce all’economia di svilupparsi. Come risolvere il problema? Ci sono due maniere di ridurre il rapporto debito pubblico/Pil: la prima è di diminuire il debito; la seconda è di far crescere il Pil. La prima maniera comporta l’aumento delle tasse e/o il taglio della spesa pubblica e/o la cessione del patrimonio pubblico. La seconda maniera – ovvero la crescita del Pil – è certamente più felice perché ci porta fuori dall’austerità.

Ambedue le proposte di moneta fiscale che qui consideriamo – quello dei mini-bot lanciata dalla Lega di Matteo Salvini e quella dei Titoli di sconto fiscale (Tsf) che propongo insieme a un gruppo di studiosi – tendono proprio a fare crescere il Pil aumentando la domanda aggregata. Confrontando le due proposte cercherò però di dimostrare che i Tsf sono più efficaci dei mini-bot perché i Tsf non producono debito pubblico, e anzi, possono generare surplus.

Fare crescere il Pil è in teoria semplice: in una situazione di forte sottoutilizzo delle risorse produttive, di disoccupazione, di scarsa liquidità e di carenza di potere d’acquisto, per riaccendere l’economia occorre rilanciare gli investimenti pubblici e il potere d’acquisto delle famiglie, quindi la domanda aggregata. Il problema vero è però aumentare la domanda senza fare crescere deficit pubblico. Altrimenti aumenta anche il famigerato spread (cioè gli interessi che lo Stato italiano deve pagare sul suo debito).

Come uscire dalla crisi? La Commissione europea, la Banca centrale europea, il Fondo monetario internazionalepropongono e impongono l’austerità, ovvero manovre basate su tagli alla spesa pubblica e al costo del lavoro, sulla privatizzazione dei servizi pubblici e in pratica sulla (s)vendita delle risorse nazionali. Ma l’austerità tende a ridurre il Pil e a segare l’albero in cui si è seduti. Infatti in situazione di forte sottoutilizzo delle risorse produttive il moltiplicatore è superiore a uno. Questo vuole dire che se diminuisci la spesa di un euro, o se aumenti le tasse di un euro, il Pil si riduce più di un euro. Quindi il rapporto debito/Pil aumenta. Dunque,l’austerità non funziona. Occorrono altri strumenti per fare ripartire l’economia.

In Italia il principale progetto espansivo di moneta fiscale è quello dei mini-bot ideato da Claudio Borghi Aquilini, responsabile economico della Lega. Il progetto è stato inserito nel contratto di governo giallo-verde ed è mirato a rilanciare l’economia, mettendo in circolazione alcune decine di miliardi (circa 60- 70) derivanti dai crediti delle aziende e dei cittadini nei confronti dello Stato.

I mini-bot, sono titoli di Stato denominati in euro che assumerebbero una forma cartacea in piccoli tagli (50-100 euro), in modo da facilitarne l’uso. Non fruttano interesse ma lo Stato si impegna ad accettarli per il pagamento delle tasse, garantendone il valore. Questo implica che potrebbero essere accettati da vasti settori di pubblico e di aziende. Il progetto, secondo i proponenti, aumenterebbe il potere d’acquisto degli assegnatari e quindi spingerebbe la domanda interna. Questa misura costituirebbe inoltre una prima forma di recupero sostanziale di sovranità monetariadello Stato, pur nel rispetto del monopolio formale della Bce sulla moneta unica.

I mini-bot hanno però un grave difetto: infatti possono essere subito utilizzati per pagare le tasse e quindi produrrebbero immediatamente deficit pubblico. La manovra verrebbe subito impugnata dalle istituzioni europee perché potrebbe sforare da subito i limiti (stupidi) del deficit pubblico – il famoso 3% sul Pil. E soprattutto i mercati reagirebbero male di fronte all’aumento del deficit.

Quali sono invece i vantaggi dell’altra forma di moneta fiscale basata sui Titoli di sconto fiscale? Il principale vantaggio è che i Tsf non producono deficit pubblico. I Tsf sono infatti dei titoli di Stato che danno diritto ai loro possessori di ridurre i pagamenti fiscali ma solo a partire da tre anni dall’emissione, cioè nel quarto anno. I Tsf tuttavia – proprio come tutti gli altri titoli di Stato, come i Bot e i Cct – potranno essere immediatamente ceduti sul mercato finanziario in cambio di euro. Così possono subito incrementare la capacità di spesa dell’economia.

Essendo titoli a breve-media scadenza pienamente garantiti dallo Stato per “pagare” le tasse, i Tsf saranno prevedibilmente scambiati quasi alla pari – cioè con poco sconto – sul mercato finanziario. Il governo italiano dovrebbe emettere Tsf in maniera massiccia: nel giro di tre anni potrebbe emettere Tsf per un importo pari al 3-4% del Pil, ovvero per qualche decina di miliardi di euro.

Il governo assegnerà i Tsf gratuitamente – ripeto: gratuitamente – a cittadini e aziende e li utilizzerà anche per i pagamenti della Pubblica amministrazione. Questa è una prima differenza rispetto al progetto di Borghi. I Tsf costituiscono reddito aggiuntivo diffusoe quindi avrebbero un effetto espansivo assai più elevato dei mini-bot. Soprattutto i Tsf non generano debito né al momento dell’emissione né in quello dell’utilizzo, ovvero dopo tre anni dall’emissione. Questa è il principale vantaggio dei Tsf sui mini-bot di Borghi. Infatti nel momento della creazione di Tsf lo Stato non sborsa soldi, e quindi non registra alcun deficit fiscale. E, dopo tre anni dall’emissione dei Tsf , la crescita del Pil indotta dal moltiplicatore e soprattutto dall’inflazione – provocata dall’incremento della domanda – darà luogo a un aumento del gettito fiscale che compenserà il costo dell’emissione dei Tsf. Quindi alla fine della manovra non ci sarà alcun buco fiscale, ma anzi un prevedibile surplus.

Gli investitori potrebbero reagire positivamente alla manovra perché saranno rassicurati dal fatto che il Pil cresce senza aumento di deficit e che i loro crediti saranno tutti ripagati. Anche la Bce potrebbe approvare, o addirittura promuovere, i Tsf perché salvano i bilancipubblici. Ovviamente il principale obiettivo della Bceè quello di mantenere l’irreversibilità dell’euro e i Titoli di sconto fiscale danno un contributo decisivo in questo senso. Il progetto dei Tsf offre l’enorme vantaggio di potere essere essere attuato in Italia e negli altri Paesi periferici mantenendo la moneta unica europea di fronte alle altre valute internazionali, come il dollaroyenyuanpound. Le monete fiscali nazionali potrebbero essere considerate dalla Bce come l’ancora di salvezza di una eurozona sempre sull’orlo del precipizio.

 

Enrico Grazzini  su https://www.ilfattoquotidiano.it

 
 
 

Prof. Savona, proposte di cambiamento area euro e conseguente Piano B.

Post n°2008 pubblicato il 01 Giugno 2018 da Lucky340
 

Introduzione del professor Paolo Savona durante il convegno "Un Piano B per l'Italia" organizzato da Scenarieconomici.it . Il professor Savona introduce il "Piano B" spiegando cosa sarebbe necessario p er il funzionamento del Piano A, cioeè dell'euro, in occasione convegno 3.10.15 presso la Link Campus University:

 

 


 
 
 
 
 

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