SFIDE DI PENNA

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Creato da ParafrasandoOblii il 19/02/2010
 
 
 

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TIM BURTON, la diversità come tramite tra realtà e fantasia

Post n°8 pubblicato il 28 Maggio 2010 da ParafrasandoOblii
 

"Big Fish" è spettacolare per la dimensione che riesce a creare, come un mondo sospeso tra la realtà e la fantasia, un mondo dove la linea del tempo si contorce su se stessa e genera strane antinomie. Con scene come quella della piazza di fiori o quella della vasca (giusto per nominarne due), questo film riesce ad entrare nell'animo di chi, se guarda un oggetto, non vede per forza solo quello. C’è il famoso detto, chi grida “A lupo, a lupo” quando poi c’è davvero il lupo non viene creduto, così il protagonista, da abile racconta favole, diventa un troppo grande racconta frottole.

Il figlio, stanco di ascoltare ogni volta le stesse bugie, non trova più il volto del padre, perso nell’eroe che credeva che fosse da bambino e l’uomo smascherato dalla maturità e dalla ragione. E’ un padre senza volto, ogni suo ricordo un romanzo di avventura e febbricitante entusiasmo che, riesce così, a colorare una vita altrimenti comune. Al figlio che tenta, invano, di svegliarlo, di riportarlo alla cruda, grigia verità di una vita senza giganti, né streghe, l’uomo risponde con quelle espressioni di bambino che, forse vuole dirci Burton, dovremmo conservare tutti.

Il problema è che se un bambino crede a babbo natale ispira tenerezza, mentre, se ci crede un uomo adulto muove pietà e compassione, se non disprezzo. Così il protagonista accumula i rancori del figlio, per una bugia troppo lunga, per un babbo natale con la barba finta che continua a dirsi vero.

Burton vi fa perdere però in quel mondo fantastico, dal quale non vorreste più tornare, per poi mescolarlo alla realtà, amalgamarlo con una destrezza che solo una mente geniale puo’ avere. Alla fine, quando tutto sembra urlare contro il sogno e maltrattare la favola, è proprio lei che si presenta nel mondo con fare disincantato e tu capisci allora che è l’ineliminabile, amata, parte di te.


Altro assoluto capolavoro "Edward mani di forbice". Sembra una vera e propria opera di letteratura questo film: dove alla parodia di una società chiusa nei confini di qualche villetta a schiera ed una sala parrucchiere, si aggiunge una netta satira sul disagio sociale, sui diversi, i reietti che cercano di trovare un posto in una piccola media borghesia annoiata dal solito chiacchiericcio.

Da sottolineare le tinte burlesche, forti e vivaci, che colpiscono lo schermo per evidenziare il disagio di chi non sa vestire quei panni di evidente ipocrisia. Edward riesce ad adoperare le dure lame con così tanta leggiadria che il motivo di diversità lo rende per qualche istante centro di quel mondo, durerà poco.

Un regista come Burton sa come una società del genere al primo errore sa radiarti e confinarti nella tua improvvisa unica via d’uscita, la solitudine. Il solo sentimento che resta, leggera e allo stesso tempo tragica melodia di fondo, è l’amore: unica tensione che sa accogliere la diversità e farne motivo di dolcezza. Memorabile la scena finale di lui che scolpendo il ghiaccio genera arte e fiocchi di neve che ricoprono la città, attutendone le tinte violente in sottile nostalgica meravigliosa malinconia. L’ultimo poetico regalo all’amata, la neve, i resti della diversità che sanno essere velo che coprendo svela la possibilità di una sola briciola di verità in un universo di menzogne.

 
 
 
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