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NAILS

Post n°115 pubblicato il 07 Giugno 2012 da caterita2008
 

NAILS (titolo provvisorio)

Premessa trascurabile: i grandi Autori scrivono questa postilla alla fine dei Loro capolavori, io sono solo un principiante, quindi inizio come gli altri, solitamente, finiscono. Quello che state per leggere è il puro frutto di una mente malata, cioè la mia; se vi dovesse sembrare di scorgere analogie o somiglianze con fatti e persone realmente esistenti sappiate che si tratta di pure e semplici coincidenze, oppure mi conoscete così bene da avere pietà di me!

 

Capitolo primo: Mattinata tranquilla.

Sono circa le nove e me ne torno a casa a passo svelto, con il preciso intento di mettermi subito a letto, senza prendere un altro caffè, la colite mi farebbe subito migrare verso il bagno, e senza accendere sigarette perché tutti pensano che abbia smesso di fumare e voglio illuderli e illudermi che sia così.

 No, non faccio il dj, ne gestisco locali alla moda, mi arrangio a guadagnare qualcosa come istruttore di fitness e comincio di buon mattino.

Oramai ho quarant’anni suonati, forse anche qualcuno in più, ma sorvoliamo, quindi il popolo degli studenti che affolla le palestre nel primo pomeriggio non fa più per me,  anche se io sono ancora uno “studente”, meglio un esercito di “culone” che alterna il “pilates” alla ginnastica “dolce” sin dalle prime ore di luce naturale, così sono costretto ad alzarmi all’alba, radermi con cura, lavarmi, profumarmi le ascelle fino all’inverosimile e correre sculettante a far sculettare un esercito di “mesciate” “botox-dipendenti”.

 Ogni tanto nel mio gruppo si avventura pure qualche giovincello, che soddisfazione!

 Le “culone” lo guardano insospettite, qualcuna sembra addirittura gelosa, ma io sono molto “professionale” gli rivolgo subito qualche domanda di rito: “ Solitamente ti alleni in altri orari, vero?” “Non hai problemi di schiena o alle articolazioni vero?” Loro rispondono un po’ intimiditi e le “culone” lanciano occhiate che significano:”Domani non ce la farai ad alzarti dal letto!”.

Ecco, metà della mia vita è fatta di questo, l’altra metà è fatta da banali tentativi di portare a termine gli studi, educare le mie bambine, non peggiorare i rapporti con la mia ex moglie e con i miei genitori, mantenere il posto di “educatore” supplente al convitto, mantenere viva la mia amicizia con Max, ma soprattutto perdere tempo in cose futili tipo blog, face book, musica di vario genere, girovagare per la città, la mia città, Roma, e finire in qualche postaccio malfamato, a dire il vero ce ne sono rimasti pochi, per poi scappare via, di corsa, verso casa, la mia casa, l’unico posto dove mi sento veramente bene, specialmente quando mi metto a letto con le lenzuola pulite.

Ecco, questo solo avevo in mente mentre mi dirigevo verso casa, il mio letto con le lenzuola pulite, ma ad un tratto una sagoma conosciuta mi dice “Buongiorno, la stavo aspettando.” Aspettare me? E perché mai? Lo guardo sorpreso, ma sorrido con gentilezza, io sono sempre gentile, lui ricambia il sorriso e dice” Potrebbe farmi una cortesia?”…” Ecco, vede, la signora del terzo piano, Bea Bugni, mi ha detto che lei, solitamente, al mattino è in casa, quindi volevo chiedere se potevo lasciarle le chiavi del mio appartamento, sa dopo quello che è successo io e mio figlio abbiamo bisogno di una “donna” delle pulizie e oggi dovrebbe venire per la prima volta, ma io debbo andare in officina, vorrebbe essere così gentile da accompagnarla e seguire un po’ la cosa, poi verso le undici e mezza, quando avrà finito, spero, potrebbe lasciarmi le chiavi in officina, credo sia di strada, perché lei passa di li per andare a scuola vero?” il cuore mi sta per scoppiare, faccio finta di pensare a qualcosa, poi dico “Si! Certo possiamo fare così, ma lei vorrebbe che controllassi la signora mentre lavora?” “Oh no”, risponde timido” Basta che le apra la porta, ho lasciato un foglio con le cose da fare, forse dovrà leggerglielo, sa è straniera, ma parla bene l’italiano, poi quando avrà finito dovrebbe richiudere bene e riportarmi le chiavi, sa non mi fido ancora a lasciarle le chiavi di casa, e per oggi non vedo altra soluzione, mi scuso, ma ho proprio bisogno del suo aiuto.” Quando, come e dove avrà imparato tanta gentilezza mi chiedo, ovviamente sorrido e dico, tronfio, “Non c’è problema”, prendo il mazzo di chiavi che gentilmente mi porge e mi dirigo verso casa trattenendo l’affanno dovuto all’emozione, trattenendo le gambe che vorrebbero correre, trattenendomi dall’urlare per la gioia imbecille che mi pervade, sono nell’ascensore e mi guardo nello specchio e dico “Oddio come sono idiota!” “E, adesso, che faccio? Mi precipito nell’appartamento a curiosare, ovviamente! No,no , non è prudente, ma come, non aspettavi altro da giorni, idiota! Versione di Scherlock Holmes mezzo frocio e senza la mantellina, oddio che faccio, sono indeciso, chiamo Max, si chiamo Max e mi becco il primo vaffanculo della giornata certo!” I pensieri mi si accavallano nella testa, uh che espressione trita! Non sono pensieri, è un solo unico pensiero: ho finalmente la possibilità di indagare, si indagare su quello che è successo, ossia sulla “strana” morte della mia vicina di casa, perché questo è il pensiero fisso che mi tormenta da giorni, quella bellissima donna che viveva qui, accanto a me è morta e nessuno, a cominciare dal marito, si è chiesto il perché! Nessuno tranne me! Si, me che l’avevo ignorata da subito, salutata a stento, classificata come una banale donna che ha atteso un figlio per anni per poi soffocarlo di amore materno, una di quelle che lasciano il lavoro perché ora hanno un figlio, non stanno più al telefono con le amiche e guardano la televisione senza volume per non svegliare il pargolo. Virginia Agostini, coniugata Valenti, era una donna banale, prevedibile in tutte le sue azioni, routinaria, scontata, quando la incontravo sul pianerottolo le dicevo buongiorno senza guardarla, nella mia mente provavo ad immaginare come fosse vestita e, vi assicuro, indovinavo sempre! Se pioveva indossava sempre scarpe da ginnastica, sia d’estate che d’inverno, jeans, quasi sempre jeans,  camicetta o t-schirt a maniche lunghe, mai braccia scoperte, foulard al collo o sciarpa sempre anche sotto la calura estiva, mai sandali, mai infradito, forse neanche il marito le avrà mai visto i piedi, rossetto, niente trucco, ma rossetto sempre! La trovavo insopportabile, certe volte, prima di uscire di casa, guardavo dallo spioncino per evitare di trovarmela sul pianerottolo ed essere costretti a prendere l’ascensore insieme. Se, entrando dal fornaio, o dal fruttivendolo la scorgevo tra i clienti scappavo via. Aveva sempre il bambino con se, altra cosa, per me, insopportabile perché quando incontri qualcuno con un bambino devi sempre dire le solite cose:”Che bel bambino, com’è cresciuto, un ometto, somiglia al papà, no, anzi adesso che lo guardo somiglia…al fruttivendolo magrebino!”.

 
 
 
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