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DAI FERRAGNEZ A WANNA MARCHI: “I COGLIONI VANNO INCULATI”!

Post n°1698 pubblicato il 22 Dicembre 2023 da scricciolo68lbr
 

In molti hanno guardato (parecchi con interesse) qualche tempo fa, le quattro puntate di Wanna, la serie di Netflix sulla vita e sulle opere della televenditrice più famosa d’Italia, emersa negli anni Ottanta ma diventata vero culto negli anni Novanta, quelli del Maestro Do Nascimento e del business della fortuna aggiunto a quello della cosmesi trash. Un lavoro, quello di Alessandro Garramone, rivolto a chi di Wanna Marchi non sa niente ma apprezzabile anche da chi l’ha seguita in televisione, fin dai tempi di Rete A, e attraverso le cronache giudiziarie. Dal punto di vista ideologico il giusto equilibrio fra la storia della donna che si è fatta da sola e quella delle persone da lei truffate o come minimo prese in giro.

Nella docuserie Netflix a dominare la scena è ovviamente lei, con interviste apposite realizzate, anche se il personaggio più inquietante resta la figlia Stefania Nobile, che con la madre ha vissuto quasi in simbiosi, diventandone la sua versione più dura e cattiva. Con spiegazioni fondate, come il rapporto con il primo marito (e per Stefania padre), Raimondo Nobile, unito alla enormi difficoltà finanziarie degli inizi, ma anche un qualcosa di misterioso che nella docuserie non è venuto fuori e che forse mai si capirà. Fra l’altro in Wanna c’è un grande assente, sia come intervistato sia nella narrazione, e cioè l’altro figlio Maurizio, suo collaboratore negli anni Ottanta almeno al pari di Stefania e poi sparito dal video e dalle aziende (per sua fortuna, con il senno di poi).

Un grande colpo a detta degli autori, è stato l'avere ripescato Do Nascimento a Bahia, dopo tanti anni in cui aveva interrotto ogni rapporto con l’Italia e soprattutto con la coppia Wanda-Stefania. Ma l’ex cameriere del marchese Attilio Capra de Carré (personaggio tutt’altro che minore, al contrario di ciò che pensavamo, con buoni agganci nel mondo di Berlusconi), prima definito mago e poi maestro di vita, non aveva in realtà molto da dire. Il brasiliano non è un ingenuo ma nemmeno la mente delle varie truffe, semmai uno che ha avuto un colpo di fortuna ed è scappato al momento giusto. Nella serie abbastanza poche le vittime e non è difficile capire perché, visto che il primo sentimento del truffato è quello della vergogna (e in Italia, dove la furbizia è un valore, anche di più). Però di certo Wanna non è un’agiografia di Wanna Marchi, anzi.

A contestualizzare ogni fatto Stefano Zurlo, che su questa vicenda ha anche scritto un libro, ma al di là di una storia giù nota colpiscono i personaggi di contorno, come Milva Magliano, ed il fatto che Wanna Marchi sia tuttora convinta di essere nel giusto.

I coglioni vanno inculati” è una battuta bellissima ma anche un atteggiamento diffuso: come credete che nelle banche, nelle assicurazioni, nella ristorazione, nei media, nella medicina, eccetera, molti addetti ai lavori, quando sono senza filtri, parlino dei loro clienti?

Fra l’altro è molto comodo e semplice fare la morale a Wanna Marchi, che rimane una truffatrice certo, ma che è anche una donna con la quinta elementare che ha molto lottato. Ai nostri giorni tanti prodotti presunti seri che ci sono sul mercato, sono truffe non meno dello scioglipancia o degli amuleti che lei adottava.

Religioni durate secoli ed ancora con buona stampa hanno un impianto logico alla Do Nascimento, ma anche chi non ci crede le prende sul serio. Così nelle farmacie vediamo cose paragonabili alle alghe di Wanna Marchi, senza che i truffati protestino.

Non lamentiamoci però se in Italia ci sono così tanti imbonitori, truffatori e profittatori... vi siete domandati il perchè? È perchè ci sono tanti italiani "stupidi" (e badate sono stato magnanimo nel definirli così) che sembrano essere nati, come dice la Marchi per essere truffati!

La tuta grigia di Chiara Ferragni "chiagne e fotti", indossata nel video delle scuse (scuse fatte dopo che l'Authority ha scoperto l'illecito, in altre circostanze si sarebbe scusata? non credo)  è andata letteralmente a "ruba". E non potrebbe essere altrimenti, visto che parliamo di azioni illecite. Agli albori dei social network l'influencer era l'utente che con i suoi comportamenti, con il suo look, riusciva a influenzare le persone che lo seguivano. Non c'erano sponsorizzazioni, le due letterine "ad" erano solo una preposizione articolata e non servivano a indicare le pubblicità. Oggi gli influencer sono quasi esclusivamente testimonial che propongono prodotti non sulla base dei propri gusti, ma perché "pagati" per farlo. 

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CHIARA FERRAGNI E LA TUTA DEL VIDEO DELLE SCUSE.

Nell'ormai famoso video in cui Chiara Ferragni "chiagne e fotti", con il volto contrito, il trucco da ebete e le lacrime agli occhi chiede scusa (si, dopo essere stata beccata con le mani nella marmellata), per la vicenda del pandoro e della finta beneficenza, l'imprenditrice digitale indossa una tuta grigia in lana e angora con due tasche sul petto. Potrebbe sembrare un indumento semplice, da pochi soldi, in realtà è un prodotto di "lusso", una jumpsuit come vengono chiamate nel mondo della moda, del marchio Laneus del valore udite, udite di 600 euro. Un vestito semplice solo in apparenza (già come i Ferragnez, solo apparenza) visto il costo elevato per un prodotto che potrebbe sembrare uno di quegli indumenti da mettere quando si vuole star comodi in casa. Il colore grigio serviva per trasmettere l'aria dimessa, di sofferenza, adottando delle strategie semplici di comunicazione applicate alla gestione delle crisi in cui si era cacciata.

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TUTA A RUBA.

La tuta indossata da Chiara Ferragni è stata immediatamente rintracciata dagli esperti di moda ed è andata subito a ruba. Non solo nel colore grigio perla indossato da Chiara Ferragni, ma anche in nero e bianco. Prima di diventare la tuta del pentimento, la jumpsuit Ferragni l'aveva già indossata durante la vacanza con la famiglia in montagna. Abbinata a scarponi da neve e a una pratica borsa da passeggio, si era fatta fotografare all'interno dei locali frequentati con il marito e i figli. Però non aveva avuto il successo riscontrato dopo la diffusione del video. L'influencer vera influenza i suoi follower anche durante le crisi, trasformando un abito di lusso in un vestito ricercato e alla moda. Chissà quanti lo ricicleranno durante il prossimo carnevale per vestirsi come Chiara Ferragni durante qualche festa di un sabato o martedì grasso. Ma soprattutto chissà quanti ne cercheranno una versione economica, andando a trovare un modello simile che possa ricordare l'originale a un costo nettamente inferiore.

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CALANO I FOLLOWER.

Intanto unica nota positiva dell'intera vicenda, nel giro di una settimana dall'emersione della vicenda del pandoro Balocco, Chiara Ferragni "chiagne e fotti", avrebbe perso poco meno di 90 mila follower, un'inezia rispetto ai circa 29 milioni che da tutto il mondo la seguono. Certo per il suo profilo si tratta del primo calo dal 2015 anche se a preoccupare è probabilmente l'ondata di critiche negative e di attenzione non proprio positiva che sta avendo. Questo perché è facile immaginare che prevalga la pigrizia e non ci sia questa corsa a togliersi dai follower di Ferragni, ma magari è più semplice banalmente ignorare le sue storie e smettere di mostrare interesse per quello che propone. Il business è l'immagine ancor più del follower singolo. Chissà se il successo di questa tuta sia stato involontario o anche questo era studiato a tavolino, propenderei per la seconda ipotesi.

 
 
 
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