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Sentimenti, deliri, amore

 

 

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l'amore

Post n°12 pubblicato il 29 Marzo 2014 da Sylvia.P

 

Mirta era tornata da Cuba con un giovinastro di belle speranze. L'aveva conquistata dentro una casa-famiglia, non lontano da Varadero, portandole caffè e caffè sin leche nella sua stanza. Era bello, José, bello e splendente come la gioventù. Un sole, un corpo, una lenza lunga un oceano. Le strappava sorrisi di malintesi e di sogni sensuali con quella sua innocenza sventrata, esposta senza pudore. I suoi occhi bovini erano precocemente lucidi (minuscole fessure, tagli nell'anima, pozzi profondi come le sue parole-canzone),  le sue mani possenti e grandi, grandi come il suo sesso, ed il suo odore che s'apparentava al muschio fresco delle grandi pianure nell'immensa tundra del Canada. Lui era la sua terra, s'era fuso con l'isola e la rappresentava anche spiritualmente come un addetto della Lukumi. I libri d'epoca nelle botteghe, le lunghe spiagge ventilate e l'odore del rum nei piccoli caffè: Mirta s'era concessa 'sto cazzo di viaggio dopo un anno di precariato subìto. Aveva prenotato con diversi mesi d'anticipo per risparmiare qualche lira. All'aereoporto aveva dovuto aspettare un-di-ci ore perchè la compagnia aveva come-al-solito giocato con l'overbooking. S'era lasciata scivolare la rabbia dal corpo, come una lumaca leggera ed umidiccia e schifosa, ed era salita sull'Airbus con una certa sperimentata noncuranza. Portava con sè un seme di avocado germogliato. Il fittone ed il fusto erano lunghi una decina di centimetri. Era stato dapprima un gioco tra Mirta e José. José s'era iscritto ad un sito internazionale d'incontri, come Mirta. Mirta sarebbe stata troppo vecchia per un giovane del suo Paese. Treverto era una cittadina sì ridente, ma fin troppo conservatrice per l'immaginazione sconfinata di Mirta. Per la sua grinta. I ragazzoni della città - i bellocci, non gli sfigati, s'intende! - s'attardavano al bar il sabato sera e s'ingurgitavano chilometri di vino e grappette suadenti, sino a terminare le serate storditi e rimbambiti. Era una ecatombe di vitalità, uno stillicidio di giovani membri votati al negletto. Nei loro gesti lenti, come lucertole abbagliate da un misero sole e animali da circo, v'era la certezza di una morte lenta, senza rinculo. Mirta provava il voltastomaco per questo patteggiamento con il nulla. Sull'isola la natura era verde come un pisello nel suo turgore: quel verde smeraldo che rinvigorisce i sensi, come la carezza di un amante lezioso. Nelle sue gambe riprese a scorrere il sangue e le sue guance divennero rosse per l'emozione. Con il suo gambo di avocado in mano aspettava Josè agli arrivi dell'aeroporto, tremante come un filo d'erba. José arrivò con il suo avocado germogliato. Era il segno dell'incontro. Josè la portò a casa dei suoi genitori che le fecero cerimonia di Santeria e Mirta bevve sangue di-non-so-ché e fu festeggiata come una Regina bantù. Da soli, nella stanza degli ospiti, Mirta e Josè si scambiarono le rispettive piante, i semi germogliati. Era lo scambio degli stessi doni fecondati dalla vita. Entrambi erano stati sospinti dalla vita con la stessa velocità: nel vaso il seme galleggiava frantumato in due. Le radici s'erano aggrovigliate nell'acqua, e dalla punta era spuntato un sottilissimo tronco e foglioline tenerissime. Le due piantine, seppure a qualche migliaio di chilometri, si erano sviluppate nello stesso modo. Per i due amanti virtuali fu il segno decisivo: il loro amore era stato benedetto dalla Natura.

 
 
 
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