Creato da Sylvia.P il 10/09/2013

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esistenxialismo

Post n°11 pubblicato il 29 Dicembre 2013 da Sylvia.P

 

 

Gioia aveva soggiornato qualche giorno a Kittilä ed aveva dormito in una baita di legno e mangiato stufato di renna e cavalcato slitte tirate da mute di cani bianchi. La luce si era vista poco e la temperatura era rimasta attaccata allo zero, come calamitata verso una cifra nulla. Non aveva patito il freddo ma l'umidità le aveva impregnato le ossa peggio di una dieta a base di sola carne e latticini. Era ritornata a Milano con la neve nello sguardo (uno sguardo da orizzonte infinito, e scusate se è poco..) ed il corpo acido come se fosse stato demineralizzato di energie  fondamentali alla sua sopravvivenza (un po' come il mutante Wolverine dopo aver perduto l'adamantio). A Milano si era cacciata in un cinema qualunque, per riavvicinarsi allo squallore della sua vita, ed era capitata su di un film di Natale con Christian De Sica. Il film era diviso in tre parti: la prima parte l'aveva passata a cercare di non chiudere gli occhi, la seconda parte l'aveva guardata ed un po' aveva anche riso, e durante la terza parte la sua mente si era fiondata nelle solite domande: "ma perchè son qui?", oppure: "perchè non vado via da questo Paese?", ed infine il sempiterno ricorrente: "potrei farla finita, tanto a chi importa?".

Si era comperata un abitino in lamè, per festeggiare l'ultimo dell'anno, ma - sulla soglia dei quarant'anni - pensieri cumuliformi iniziavano a trastullarle la mente. Erano i pensieri di quando - bambina -, si sentiva presa in una morsa soffocante, nella quale annaspava come un insetto sul pelo di uno stagno. In definitiva sentiva una gran voglia di libertà e sentiva di non appartenere più a quel continente. Sono parole grosse, lo sapeva, ma la sua identità era in pezzi come un puzzle in una scatola. L'Europa stava al suo abitino glitterato (glitterato era un aggettivo che le piaceva molto, come la parola "kitsch", che amava ripetere in continuazione... "quella decorazione natalizia è kitsch, troppo blu e poco rosso", "i cinesi vestono di quegli abiti di nylon rosa, così kitsch... e poi non ti permettono di sudare, come la seta, o il cotone, magari egiziano, o di Bali - ancora meglio!") come la sua mente stava all'Australia. La sua anima era percorsa da fremiti e correnti che venivano d'altrove!

E' proprio così vero che la sua memoria storica non l'avrebbe mai abbandonata? Questo era il quesito vero e forse anche il quesito di tutta l'Europa (soffriva forse di onnipotenza, come se lei fosse il bacino del sentire di tutta la decadenza europea?). Avrebbe mai potuto affrancarsi da quella cultura che fa del passato il trampolino di lancio per il futuro? Gioia sentiva che il futuro le scivolava sempre dalle le mani, nonostante si impegnasse a cercare di essere "a giorno", "alla moda". Era forse una questione di "tempo"? Sentiva di aver bisogno di dilatare il tempo per ritrovarsi, anche se la Lapponia con la sua spianata di neve ed abeti ovunque l'aveva incitata a fare passeggiate per ore sotto l'aurora boreale ed i fiocchi di neve che le bagnavano il viso: la luce assoluta!

Era sempre stata attirata dalla filosofia ma nessun filosofo l'aveva davvero convinta. Come tanti aveva collezionato qualche aforisma, ma era convinta che solo qualche contemporaneo fosse andato davvero dentro l'uomo. Dentro la sua emozione. E non era un uomo, ma donna.

Gioia non riusciva nemmeno a tramutare la sua malinconia in depressione creativa. Era qualcosa che andava oltre. In quel momento lei aveva bisogno di regredire perchè il mondo "camminava" troppo veloce e sentiva che la realtà non aveva appigli ai quali aggrapparsi. A quasi quarant'anni sentiva il peso degli avi e delle storie raccontatele davanti al camino. Peso od opportunità?

Gioia si stende sul letto con il suo vestitino di lamé: sente la discrepanza tra lei ed il mondo. I discorsi delle persone sono copioni perchè l'anima si fa largo a furia di malesseri ed asocialità. Si dice: "noi non possiamo essere tutto! Dobbiamo scegliere". E s'addormenta con le lacrime incrostate agli angoli degli occhi.

Un altro anno è passato, per fortuna.

 

 

 

 

 
 
 
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