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Rime del Berni 66-70

Post n°1275 pubblicato il 24 Febbraio 2015 da valerio.sampieri
 

Rime di Francesco Berni

66

[SUA VITA IN VILLA E SUA VITA IN CORTE]

Se mi vedesse la segretarìa
o la prebenda del canonicato,
com'io m'adatto a bollire un bucato
in villa che mill'anni è stata mia,

o far dell'uve grosse notomia,
cavandone il granel da ogni lato,
per farne l'ognissanti il pan ficato
un arrosto o altra leccornìa,

l'una m'accuserebbe al cardinale,
dicendo: "Guarda questo moccicone,
di cortigiano è fatto un animale";

l'altra diria mal di me al Guascone,
ch'io non porto di drieto lo straccale,
per tener come lui riputazione.

"Voi avete ragione",
rispondere' io lor, "ch'è 'l vostro resto?
Recate i libri e facciam conto presto.

La corte avuto ha in presto
sedici anni da me d'affanno e stento
et io da lei ducati quattrocento;

che ve ne son trecento,
o più, a me per cortesia donati
da duoi che soli son per me prelati,

ambeduoi registrati
nel libro del mio cuor ch'è in carta buona:
l'uno è Ridolfi e quell'altro è Verona.

Or se fussi persona
che pretendessi ch'io gli avessi a dare,
arrechi il conto, ch'io lo vo' pagare.

Voi, madonne, mi pare
che siate molto ben sopra pagate;
però di grazia non m'infracidate".



67

SONETTO DELLA MASSARA

Io ho per cameriera mia l'Ancroia,
madre di Ferraù, zia di Morgante,
arcavola maggior dell'Amostante,
balia del turco e suocera del boia.

E` la sua pelle di razza di stoia,
morbida come quella del leofante:
non credo che si trovi al mondo fante
più orrenda, più sucida e squarquoia.

Ha del labro un gheron, di sopra, manco:
una sassata glie lo portò via
quando si combatteva Castelfranco.

Pare il suo capo la cosmografia,
pien d'isolette d'azzurro e di bianco,
commesse dalla tigna di tarsìa.

Il dì de Befanìa
vo' porla per befana alla finestra,
perché qualch'un le dia d'una balestra;

ché l'è sì fiera e alpestra
che le daran nel capo d'un bolzone,
in cambio di cicogna e d'airone.

S'ella andasse carpone,
parrebbe una scrofaccia o una miccia,
ch'abbia le poppe a guisa di salciccia;

vieta, grinza e arsiccia,
secca dal fumo e tinta in verde e giallo,
con porri e schianze suvi e qualche callo.

Non li fu dato in fallo
la lingua e i denti di mirabil tempre,
perché ella ciarla e mangia sempre sempre.

convien ch'io mi distempre
a dir ch'uscisse di man di famigli;
e che la trentavecchia ora mi pigli.

Fûr de' vostri consigli,
compar, che per le man me la metteste
per una fante dal dì delle feste;

credo che lo faceste
con animo d'andarvene al vicario
et accusarme per concubinario.



68

SONETTO DELLI BRAVI

Voi che portaste già spada e pugnale,
stocco, daga, verduco e costolieri,
spadaccini, sviati, masnadieri,
sbravi, sgherri, barbon, gente bestiale,

portate or una canna o un sagginale
o qualche bacchettuzza più leggieri,
o voi portate in pugno un sparavieri:
gli Otto non voglion che si faccia male.

Fanciugli e altra gente che cantate,
non dite più: "Ve' occhio c'ha 'l bargello",
sotto pena di dieci staffilate.

Questo è partito, e dèbbesi temello,
di loro eccelse signorie prefate,
vinto per sette fave et un baccello.

Ogniuno stia in cervello,
ari diritto, adoperi del sale:
gli Otto non voglion che si faccia male.



69

IN MORTE DEL CAN DEL DUCA

Giace sepolto in questa oscura buca
un cagnaccio ribaldo e traditore;
era il Dispetto e fu chiamato Amore.
Non ebbe altro di buon: fu can del duca.



70

CAPITOLO IN LAMENTAZION D'AMORE

In fe' di Cristo, Amor, che tu hai torto,
assassinar in questo modo altrui
e volermi amazzar quand'io son morto.
Tu m'imbarcasti prima con colui,
or vorresti imbarcarmi con colei:
io vo' che venga il morbo a lei e a lui,
e presso ch'io non dissi a te e a lei;
se non perch'io non vo' che tu t'adiri,
ad ogni modo io te l'appiccherei:
sappi quel c'ho a far co' tuoi sospiri;
perch'era avezzo a rider tuttavia,
or bisogna ch'io pianga e ch'io sospiri.
Quand'io trovo la gente per la via,
ogniun mi guarda per trassecolato
e dice ch'io sto male e ch'io vo via.
Io me ne torno a casa disperato,
e poi ch'io m'ho veduto nello specchio,
conosco ben ch'io son transfigurato:
parmi esser fatto brutto, magro e vecchio;
e gran mercé, ch'io non mangio più nulla
e non chiudo né occhio né orecchio.
Quando ogniun si solazza e si trastulla,
io attendo a trar guai a centinaia,
e fàmegli tirar una fanciulla.
Guarda se la fortuna vòl la baia:
la m'ha lasciato star insin ad ora,
or vòl ch'i' m'inamori in mia vecchiaia.
Io non volevo inamorarmi ancora,
ché, poi ch'i' m'era inamorato un tratto,
mi pareva un bel che esserne fòra.
Ad ogni modo, Amor, tu hai del matto,
e credi a me, se tu non fussi cieco,
io te farei veder ciò che m'hai fatto.
Or se costei l'ha finalmente meco,
questa rinegataccia della Mea,
di grazia, fa ancor ch'io l'abbia seco;
poi che tu hai disposto ch'io la bea,
se la mi fugge, ch'io le sia nemico,
e sia turco io, s'ella è ancor giudea;
altrimenti, Cupido, io te lo dico
in presenza di questi testimoni,
pensa ch'io t'abbia ad esser poco amico;
e se tu mi percuoti ne gli ugnioni,
rinego Dio s'io non ti do la stretta
e s'io non ti fornisco a mostaccioni.
Prega pur Cristo ch'io non mi vi metta:
tu non me n'arai fatto però sei,
ch'io ti farò parer una civetta.
Non potendo valermi con costei,
per vendicarmi de' miei dispiaceri,
farotti quello ch'arei fatto a lei.
E non varràti ad esser balestrieri,
o scusarti co l'esser giovanetto:
allor faròtel io più volontieri.
Non creder ch'io ti vogli aver rispetto;
io te lo dico: se nulla t'aviene,
non dir dapoi ch'io non te l'abbia detto.
non dir dapoi ch'io non te l'abbia detto.
Cupido, se tu sei un uom da bene
e servi altrui quando tu se' richiesto,
abbi compassion delle mie pene;
non guardar perch'i' t'abbia detto questo:
la troppa stizza me l'ha fatto dire;
un'altra volta io sarò più onesto.
A dirti il vero, io non vorrei morire:
ogn'altra cosa si pò sopportare,
questa non so come la s'abbia ad ire.
Se costei mi lasciassi manicare,
io li farei di drieto un manichino
e mostrarei di non me ne curare;
ma chi non mangia pane e non bee vino
io ho sentito dir che se ne more,
e quasi quasi ch'io me lo 'ndovino.
Però ti vo' pregar, o dio d'amore:
s'io ho pur a morir per man di dame,
tira anco a lei un verretton nel core;
fa' ch'ella mora d'altro che di fame.

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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