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La Bella Mano (016-020)

Post n°708 pubblicato il 30 Novembre 2014 da valerio.sampieri
 

La Bella Mano di Giusto de' Conti

XVI

Mentre ch'io son con gli occhi tutto intento
Negli altri ove accende il mio gran foco,
Il tempo et gli momenti a poco, a poco
Si mi sottragge Amor, che apena il sento;

Et per troppo alla vista esser contento,
Ritrar non posso in carta assai o poco
Dei miei pensieri, che gran parte in gioco
Sen vanno, et la maggior sen porta il vento.

L'opra è sì degna et nova, et sì divina,
Di quelle che nel ciel più elette sono,
Che spiegar non può stil, né lingua nostra.

L'aspetto a cui Natura e il Ciel s'inchina,
Quel poco et sì confuso mi dimostra,
Ch'io vo di lei scrivendo et ch'io ragiono.

XVII

Chi è possente a riguardar negli occhi
Di lei, che a torto mi distrugge il core,
Et mirar fiso le sue bionde chiome,
Saprà, perché sì forte innanzi al giorno
Finire io bramo la mia grave vita,
Et perché sempre lasso chiamo morte.

Amor, che si nudrica di mia morte,
Non so che move dentro a quei begli occhi
Che a poco a poco scema la mia vita,
Et perché più languisca il tristo core,
Il laccio, ov'io fui preso nel bel giorno,
Che nuova arte nascoso ha tra le chiome.

Se io avesse avolte in man le amate chiome
Di lei, che in fronte porta la mia morte,
Et me consuma più di giorno in giorno,
Farei crudel vendetta di quegli occhi,
Che fan rapina di me stesso al core,
E in un punto mi danno et morte et vita.

Lasso vedrò giamai quel giorno, in vita,
Che dal bel nodo di sue crespe chiome
Sia sciolto alquanto l'infelice core:
E, innanzi che di me trionfi Morte,
Faran mai segno di pietà quegli occhi
Che tran dei miei duo fonti notte et giorno?

Non vidi mai beltade in alcun giorno,
Che più invaghisse la mia debil vita
Quanto un dolce splendor di due begli occhi:
Tal che, mirando appresso lor le chiome,
A mia voglia arsi, et non soffersi morte,
Si mi rubaron dolcemente il core.

Ben devi esser contento, o debil core,
Che il ciel ti riservasse a questo giorno
Per darti di tal Man sì dolce morte,
Che non formò natura in questa vita
Sì dolce nodo in sì leggiadre chiome,
Né lume tanto altero uscì mai d'occhi.

Occhi soavi onde si pasce il core
Col rassembrar d'un giorno, et delle chiome,
Cagion sete di vita et di mia morte.

XVIII

O man ligiadra, ov'el mio bene alberga,
Et morte et vita insieme al cor m'annodi:
O man, che chiusamente l'alma frodi
Di quanto ben sperando la mente erga;

Et stringi il duro freno et l'aspra verga,
Che mi corregge et volve in mille modi;
Et leghi il core et l'alma in tanti nodi,
Che a forza converrà che omai disperga.

Selvagia et fera voglia, et rio pensiero,
Che hai rotto omai nel mezo ogni mia spene,
Crudel vagheza, d'ogni pietà nuda.

O bel costume, o peregrin mio bene,
O natural bontade, in ch'io sol spero,
Pensate alla mia pena quanto è cruda.

XIX

O bella et bianca mano, o man suave,
Che, armata, contra me sei volta a torto:
O Man gentil, che lusingando, scorto
A poco a poco in pena m'hai sì grave,

Dei miei pensieri et l'una et l'altra chiave
T'ha dato l'error mio; da te conforto
Aspetta il cor, che disiando è morto;
Per te convien che Amor sue piaghe lave.

Poiché ogni mia salute, ogni mia spene
Da voi sola ad ognor convien ch'io spere,
Et da voi attenda vita, et da voi morte,

Lasso, perché, perché, contra al dovere,
Perché di me pietà non vi ritene?
Perché sete ver me, crudel, sì forte?

XX

Chi vol vedere in terra un'alma sola
In tutto sciolta dal mondano errore.
Miri la Donna mia, miri il Valore.
Che quanto il mondo appreza varca et vola;

Ascolti quella angelica parola,
Ladove ogni sua pompa spande Amore;
Et guardi quei begli occhi, che il mio core
Visibilmente col mirar suo invola.

Il vago spirto, che la voce move
Fa di quei dolci rai leggiadro velo,
Pien tutto d'amorose et chiare stelle:

Et poi volando con vagheze nove,
Per l'aer nostro alteramente al cielo,
Ivi le parte elette fa più belle.

(continua)

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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