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Il diario di Nancy

Pensieri e storie tra il vero, il verosimile e l'inganno.

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« Il primo post dell'annoL'età del cervello »

La morte senza clamore

Post n°246 pubblicato il 07 Gennaio 2009 da bimbadepoca
 

Mi sono sempre chiesta come sia stato possibile che gli italiani, negli anni trenta, abbiano accettato le leggi razziali di buon grado.
Come fu possibile che, persone perfettamente integrate nella società, vennero considerate pericolose; dall'oggi al domani nemiche.
Finora non ero in grado di darmi una risposta plausibile, oggi purtroppo lo so perché lo vivo, lo stiamo vivendo tutti, quasi senza accorgercene subiamo un progressivo lavaggio del cervello.

Oggi i mezzi d'informazione fanno quello che negli anni trenta fece la propaganda fascista, manipolano la realtà a uso e consumo di chi ha la pretesa di governarci. La stampa e la televisione diffondono notizie atte a produrre nella popolazione una sensazione tangibile di paura, che porta a un crescente clima d'ostilità verso gli stranieri.

Fateci caso, quando viene commesso un crimine di qualsiasi tipo, se a commetterlo è stato uno straniero viene sempre specificata la sua nazionalità, come se fosse il motivo determinante per cui il crimine viene compiuto.
Paradossalmente possiamo affermare che gli extracomunitari sono diventati gli ebrei del duemila, il capro espiatorio su cui addossare la colpa dei malesseri della nostra società civile. I giornalisti hanno semplicemente sostituito la brutta parola "razza", tanto in voga negli anni trenta, con il termine più chic "cultura". Non è più questione di razze ma di culture differenti.

Ma se cambiano le parole il risultato non cambia, e alla resa dei conti vengono utilizzate misure diverse nel trattare notizie della stessa gravità.

Vi riporto integralmente l'articolo che Carlo Moccaldi ha scritto sul portale PiazzaVittorio.

Non amo fare fotografie ai funerali, ma oggi devo. È importante che le immagini dei bangladesi sotto la pioggia facciano riflettere, in questa Italia la vita di un immigrato vale poco, meno dell’arrivo dei saldi.
Lucky è morto ma non fa notizia. Ha ricevuto un colpo in testa una sera di dicembre mentre andava al lavoro, non si sa da chi e non si sa perché. Ai medici del Sandro Pertini ha detto: “sono stati italiani”.
Poi è morto.
In ospedale è entrato con il codice verde. Dopo nove ore è morto.
Sul volantino i suoi connazionali denunciano: “Lucky è morto due volte”. Hanno ragione, qualcuno lo ha ferito a morte e chi lo doveva curare non l’ha fatto.
Non so se si tratta di un episodio di razzismo e uno di malasanità, spero soltanto che sarà fatta chiarezza su questa vicenda.

A Santa Maria Maggiore piove e quando arriva la bara tutti si stringono per l’ultimo saluto. Scatto un’immagine dietro l’altra, la mia nikon si bagna ma non importa. Nessuno sa della morte di questo ragazzo, i giornali hanno ignorato la vicenda. Mi vergogno di questo giornalismo ma sono contento di essere qui, accanto all’imam di Tor Pignattara, insieme a qualche collega, qualche passante.
È importante esserci ed è importante che la foto di quella bara sia pubblicata e che faccia notizia. Non chiedo tanto, bastano venti righe. Un anno fa dopo l’omicidio della povera signora Reggiani i giornali dedicarono alla vicenda pagine e pagine, per intere settimane. Ci furono anche degli inviati in Romania per scoprire chi fosse Mailat, l’assassino di Tor di Quinto.

Per Lucky nemmeno una riga. Questa è manipolazione o razzismo. Fate voi.

 
 
 
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