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Il diario di Nancy

Pensieri e storie tra il vero, il verosimile e l'inganno.

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Preludio di un incontro... visto da lui

Post n°181 pubblicato il 22 Ottobre 2007 da ErminioOvini
 

Tutti i pomeriggi vado all’osteria, le giornate sono ancora belle e mi piace sedere all’aperto, sulle seggiole in legno.
Di fronte, dall’altro lato della piazza, c’è la latteria di donna Carmela, sulle insegne c’è scritto “Gran Bar della Repubblica”, ma adesso che il popolo d’agosto è andato via, che le sedie di vimini e gli ombrelloni sono stati riposti, Carmela è ritornata a essere quella di sempre, a servire cappuccini e caffè con i consueti modi paesani e i prezzi onesti. E la latteria torna a essere chiamata con l’antico nome.

Un quarto di vino rosso sul tavolo, di quello buono, quello che facciamo noi, non certo quello annacquato che viene servito ai villeggianti, i quali tornano in paese una volta l’anno per ritrovare le origini e non sanno nemmeno riconoscere il vino.
Gente di città con figli e nipoti, così ripuliti che non li riconosce più nessuno qui in paese, nonostante loro affannino per spiegare le vecchie parentele.

- Erminio carissimo – la voce del compare Ortensio mi distoglie dalle mie riflessioni – che tristezza vedere la latteria di Carmela senza tutte quelle belle femmine – e lo sguardo s’illumina al ricordo delle villeggianti.
Donne ignude, senza vergogna di niente e di nessuno, sedute anche qui all’osteria a bere e fumare come i maschi. Che schifo! Ma dove andremo a finire?
- La comare Elvira, tua moglie, è più bella che quelle femmine – rispondo con convinzione.
- Ma che dici Erminio? Sei impazzito? Mia moglie tiene i baffi! – protesta il compare Ortensio divertito.
- Meglio essere femmine vere con i baffi, che maschi sbagliati con le tette al vento- dico io
- Ma quali maschi? Ma tu hai visto con che armamentario vanno in giro quelle là – e con le mani fa un gesto per indicare le curve delle cittadine in abiti discinti, che chissà perché, girano per la nostra campagna con il sedere di fuori.

- La comare Elvira sa cucinare e sa badare alle bestie e all’orto. E’ una femmina come si deve – sono contento di prendere le parti delle nostre donne. Femmine vere, ruspanti, genuine, umili ma soprattutto oneste.
- Su mia moglie tanto di cappello - dice il compare levandosi il cappellaccio di panno dal capo, in segno di rispetto – ma io non sto parlando di femmine come si deve, ma delle femmine da letto – continua abbassando la voce e dandomi una gomitata.
- Come quelle che conosci sul compiuter? – chiedo io, desideroso di riascoltare quel miracolo, perché non riesco proprio a farmi capace come sia possibile conoscere una donna scrivendo sul compiuter, farle complimenti senza nemmeno conoscerla, così sulla fiducia della femminilità, non prometterle niente, e nel momento che le conosci farci subito sesso. Gratis!
- Quelle sono meglio – risponde Ortensio con il tono di chi la sa lunga - perché quelle non te le devi nemmeno lavorare e quando escono con te, arrivano già preparate. Capisci Erminio? Preparate – e scandisce le parole lentamente, con uno schiocco della lingua.

Le conosco le sue storie di sesso, Ortensio le racconta agli amici in osteria, nei lunghi pomeriggi invernali. Storie incredibili, che se non conoscessi l’onestà del mio compare non riuscirei a crederle reali. Che di donne così, che fanno all’amore per il proprio piacere, che al primo appuntamento ti fanno il servizio completo, pelo e contropelo, io non le ho mai incontrate, anzi credevo esistessero solo nei film a luci rosse.
Perché le donne delle nostre parti lo fanno per amore, per dovere coniugale o per necessità. Sono femmine vere le donne del mio paese, non sono appariscenti come le villeggianti, non sono emancipate, non sono moderne, ma sono capaci di farti sentire uomo.

A proposito tra qualche giorno la vedova Amabile passerà per farmi il vaccino antinfluenzale. Lei sì che riesce a farmi sentire maschio, la sua ritrosia mi fa perdere la testa e mi fa bollire il sangue.
- Che stai pensando? – mi chiede il compare Ortensio.
- Pensavo alla vedova Amabile – rispondo io – povera femmina, dopo chiede sempre perdono alla buonanima del marito. Lo sapevi?- le sue lacrime di pentimento mi commuovono, così le riempio casa di damigiane d’olio, di bottiglie di vino novello, dei miei formaggi e della verdura della mia campagna. E il primo novembre non dimentico mai di passare dalla tomba della buonanima per lasciare un lumino e un mazzetto di garofani.
- Sì, lo sapevo – annuisce Ortensio - ma non ti puoi accontentare di quel paio di volte l’anno con la vedova Amabile. Devi cercare una femmina tutta per te -
- Mai! – rispondo io – Resto fedele a Filomena mia – e come potrei scordarmi del mio grande amore e delle sue belle trecce color d’oro zecchino. Non sono mica uno di città che gira secondo il vento, come le banderuole che abbiamo sui nostri tetti.
- Erminio – mi rimprovera Ortensio – Filomena è andata via dal paese quando aveva undici anni. Sono certo che nemmeno si ricorderà più di te. Sarà diventata anche lei una di città-
- Impossibile! Filomena è nata qui e terrà fede a un pegno d’amore. E poi il giorno che è andata via mi ha dato un bacio sulla guancia… -
- E ti ha sussurrato “ritornerò da te”- continua Ortensio interrompendomi, ben conoscendo il finale di quella storia raccontata mille volte. Quel bacio scottò sulla mia guancia per settimane, era il sigillo del nostro amore eterno. Ed io ci credo ancora nella sua promessa, Filomena un giorno ritornerà, per questo non mi sono mai sposato. Un giorno lascerà la sua nuova fattoria in Belgio e tornerà in questo paese. Tornerà per me.

- Abbiamo anche cercato il suo nuovo indirizzo con il compiuter. Ti ricordi Erminio? – mi chiede il compare – Tu hai voluto spedirle quel capolavoro di foto. E lei non ti ha mai risposto!- termina il discorso il mio amico fraterno.
- No Ortensio, lei non mi ha ancora risposto – correggo io
- E’ passato più di un anno - risponde Ortensio allargando le braccia
- Embè? E vuoi dare il tempo alla lettera d’arrivare fino in Belgio e tornare indietro -
- Senti Erminio, io l’avrei pure una donna per te – Ortensio cambia improvvisamente discorso, non riuscendo a controbattere alla logica delle mie argomentazioni.
- Una delle tue femmine del compiuter? – chiedo sospettoso
- No! No! Per carità! – risponde lui scuotendo la testa- Una femmina seria. Roba di lusso - e abbassando di nuovo la voce Ortensio si accosta al mio orecchio come per rivelarmi un segreto – Un’amica della contessa Eugenia di ValFortore -

Riempie il mio e il suo bicchiere di altro vino e incomincia a spiegare – A settembre, quando sono venuti i conti, mia moglie ha portato alla contessa delle conserve e delle marmellate fatte da lei. Tu lo sai la contessa quanto è bella e gentile, per ricambiare ha invitato Elvira a prendere il tè. E poi lo sai come sono fatte le femmine, nobili e contadine sono tutte uguali, cominciano a parlare e buonanotte al secchio. Insomma Erminio, la contessa tiene un’amica zitella… -
- Ed io cosa dovrei fare con l’amica zitella della contessa? – chiedo senza capire.
- Si chiama Nancy. E dalla descrizione che la contessa ha fatto a mia moglie, è la femmina per te!- concluse il compare Ortensio, mandando giù il vino in un sol sorso.
- Nancy - bisbiglio io – Che bel nome!-

 
 
 
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