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Due storie

Post n°279 pubblicato il 30 Luglio 2008 da lubely

Anni fa giocavo a calcio. Con discreti risultati, direi. Se per discreto risultato si intende l’aver lambito la C1. Stavo in difesa. Dietro di me giocava il portiere. Com’è ovvio. Cristiano. Un toscano fiorentino figlio di toscani fiorentini nato, a differenza dei suoi, in Padania, ma che conservava forte la toscanità nel carattere e nell’accento. Parlando di Cristiano mi viene difficile non pensare a suo padre, che della squadra era dirigente. Ricordo distintamente due cose. La prima era che lavorava per il Mulino Bianco, per cui ci forniva sempre campioni di biscotti e merendine post allenamento. Abbiamo mangiato Pan di Stelle (mi pare fosse quelli) a quintali prima che entrassero in commercio. Forse abbiamo fatto da cavie. La seconda cosa è un pre partita, subito dopo l’appello dell’arbitro. Era pallido come una straccio (come un cencio, diceva lui). Qualcuno gli aveva chiesto come stava. Lui aveva raccontato che il giorno prima era con la famiglia dai parenti, a Firenze. Prima di partire, dopo pranzo, per onorare una promessa, aveva portato la figlia sulle giostre. Era andata sulle catene, e lui dietro. E ci aveva raccontato che, partita la giostra, tempo trenta secondi aveva iniziato a vomitare, e coperto di vomito tutto quanto stava attorno alla giostra, umani compresi, nel giro di trenta metri. E che per poco non era stato linciato una volta sceso. Eravamo entrati in campo piegati sulle ginocchia dal ridere (ora che ci penso ricordo una terza cosa: avevano il numero di telefono uguale al mio, solo con le ultime due cifre invertite. E dei parenti in Argentina. Che spesso e volentieri sbagliavano e chiamavano noi. Ovviamente a notte fonda. Solo che ormai lo si sapeva, e quando il telefono suonava attorno a quell’ora noi senza neanche dire pronto si rispondeva: “No, noi siamo gli altri, ha sbagliato. Comunque saluti Cristiano”, e poi ce la contavamo un po’).

Torno al nocciolo. Cristiano parava. Porca ladra se parava. Ero uno spettacolo vederlo zompare da un palo all’altro a salvare il salvabile e qualcosa in più. Poi ci siamo persi di vista. Io sono finito in una squadra di Torino, e di lì in ospedale per rimettere a posto la faccia che avevo modificato prendendo una zuccata contro la nuca di un compagno di squadra in allenamento). L’ho rivisto a maggio. Dovevo scrivere un pezzo su una società passata di categoria, e l’ho trovato lì che faceva il preparatore dei portieri. La società l’ho rivista qualche settimana fa, per scrivere un’altra cosa. Ho chiesto di Cristiano. E mi hanno detto che, poco dopo la festa di maggio, era andato a donare il sangue, e i prelevatori gli avevano detto che era meglio si facesse vedere, perché qualcosa non andava. E’ entrato in ospedale qualche giorno dopo. E’ ancora lì adesso: leucemia.

L’altra storia è di una persona che non conosco bene come Cristiano. Si chiama Silvia. La sua storia è spiegata molto meglio di quanto saprei fare io sul suo blog (http://blog.libero.it/silviaeilcancro/). Lì c’è tutto quello che c’è da sapere.

Di Cristiano so che detestava perdere, e so che vincerà anche questa partita. Di Silvia, come dicevo so poco, ma neppure lei è una che si arrende, da quel che ho capito. Più di tanto non posso fare. Per nessuno dei due. Posso mettermi sulle gradinate e fare il tifo. C’è ancora spazio, in questo stadio, e manca tempo alla fine della partita. Per cui se qualcuno volesse sedersi qui accanto, a fare il tifo con me, per loro si accomodi. A Cristiano lo dirò io. A Silvia ditelo voi direttamente. Sapete come trovarla.

 
 
 

Riflessioni

Post n°278 pubblicato il 14 Luglio 2008 da lubely

Hanno arrestato Ottaviano del Turco, che, per chi non lo sapesse, è il presidente della Regione Abruzzo. Del resto il centrosinistra ha, ormai, così poche regioni che vuoi non perderne una facendoti ingabbiare il presidente? Comunque, chissà perché, non riesco ad assumere quell’atteggiamento infantile tipico del diversamente alto secondo il quale la colpa è sempre, tutta, a prescindere, della Magistratura, rea di perseguitare solo gli innocenti.

Leggo che hanno condannato il fratello del diversamente alto. Ora, è una cosa perfettamente normale che uno abbia un fratello condannato. Chi non ne ha? E’ normale che uno abbia un fratello scapestrato, per il quale allargare le braccia e dire: «Siamo una famiglia per bene… è solo mio fratello che è venuto su male». Quello che è difficile capire è se Paolo lo dice di Silvio o Silvio lo dice di Paolo.

Leggo che il figlio piccolo di Bossi è stato bocciato alla maturità. Di nuovo. Per la seconda volta. Niente di strano. Chi non è mai stato segato due volte alla maturità? Vabbè che la seconda volta ci ha provato in una scuola privata, una di quelle che ti presenti con una barbabietola da zucchero e paghi il giusto, e anche la barbabietola si porta a casa, a fine anno, il suo bravo diploma (sarà per questa carenza di materia grigia che si spinge così tanto, dalle parti della Lega, per i contributi alle scuole private? Mah). Quello che mi ha di molto preoccupato è stato questo: che futuro potrà avere, in questo paese dove vige la meritocrazia (te la cavi con i pompini? Fai il ministro) uno che ci mette tre anni (almeno) a finire le superiori? Che debba avere un destino triste ed oscuro come quello dei suoi fratelli, diventati portaborse al parlamento europeo alla miseria di 12.750 euro mensili? E meno male che la Lega è nemica giurata di roma ladrona e dei suoi privilegi. Di roma ladrona, mica di Strasburgo ladrona…

Leggo che il presidente della Regione Valle d’Aosta ha dovuto fare un’intervista su Repubblica, mica sul corrierino dei piccoli, per dire che lui non è gay. Perché pare che circolassero lettere anonime dove si pontificava sulla sua omosessualità. Perché qui funziona così: dì che sono mafiosi, ladri, incapaci e va tutto bene. Dì che sono gay e devono scendere in piazza a difendere il viril orgoglio. Comunque l’omino, tal Caveri, ha detto questa cosa (virgolettata): «Io sono un gran ficaiolo. Non vorrei però urtare la suscettibilità di mia moglie». Da li là del fatto che mostrare cotante sensibilità è una cosa che gli fa onore, mi chiedo: quale donna si ritroverebbe ma con la suscettibilità urtata se il marito dice ai quattro venti che è un figaiolo? Nessuna, credo. Del resto, se domani la signora Caveri facesse un’intervista dove dice che è una grandissima pigliacazzi, sono certo che la suscettibilità del signor Caveri non sarebbe urtata.

La Carfagna. E’ diventata ministro perché dicitur abbia fatto un lavoretto di bocca al diversamente alto (di bocca, Fede, non di lingua… stai tranquillo). Ministro alle Pari Opportunità. Per un pompino. Alle Pari Opportunità. Mi chiedo: il fatto che sia alle Pari Opportunità, vuol per caso dire che se andiamo a bussare alla sua porta ne stacca uno anche a noi?

 
 
 

La società dei magnaccioni

Post n°277 pubblicato il 10 Luglio 2008 da lubely

Non so cosa abbia detto Grillo. Stavo facendo altro. Guidando, lavorando.
Non so cosa ha detto. So cosa hanno detto gli altri.
Questo buonismo mi dà un tantinello di voltastomaco. Questo prendere le distanze mi schifa un po’.
Travaglio. Travaglio è diventato improvvisamente un estremista. Travaglio è uno che non dice una virgola se non è documentata. Può essere un rompicoglioni, quello sì. Uno che cerca tutto di te e lo tira fuori. Ma quando apre becco difficilmente lo si può prendere in castagna. E il fatto che la sinistra ormai sia diventata nemica della verità, per quanto scomoda, mi fa venire l’orticaria.
La Guzzanti. L’unica cosa che ho trovato, girovagando in internet è stato il suo intervento sulla Garfagna. In sostanza ha detto che è diventata ministra grazie a pratiche lewinskiane compiute a beneficio del diversamente alto. Ovviamente tutti si sono dissociati. Ovviamente. Perché, evidentemente, pensano che il diversamente alto abbia questo potere di preveggenza: vede una che ha passato buona parte della sua vita a farsi riprendere col culo al vento e senza mutande (vedo you tube) e tra le sue pieghe (ognuno intenda il termine pieghe come meglio crede) intuisce che può essere ministro alle pari opportunità. Prende un mafioso e scopre che è l’unico che può fare lo stalliere. Prende uno che era stato cacciato dal psi degli anni ’80 per indegnità in quanto piduista e lo fa diventare un politico spolverato di onestà.
Ecco, si stanno prendendo le distanze da tutto ciò.
E qui c’è una grossa differenza, una porca differenza tra destra e sinistra. La sinistra è critica. Sempre. Sempre pronta ad azzannare ai maroni i suoi rappresentanti, o presunti tali, se dicono qualcosa fuori posto. Se non lo dicono. Se sbagliano. Se fanno qualcosa di un tanti nello fuori posto. La destra fa il contrario. Bossi dice che milioni di padani in armi sono pronti a marciare sull’italia? Mica è da cazziare. E’ folkloristico, simpatico, bonaccione. Parla ma non è pericoloso. Il diversamente alto spara cazzate a dismisura? E’ un simpaticone, che fa battute. E’ divertente. Anche se fa battute lassative tutti ridono, e si incazzano le lo si critica. Mai uno che alzi la mano e dica: “bravo è bravo, per carità. Ma stavolta ha detto una cazzata di cui dovrebbe vergognarsi”. Parla di tette e punti g, di menopause e di femmine da impiegarsi come passatempo orizzontale, e le sue adepte si spellano le mani. E come quando vedi quei gruppi di pirla che si trovano la sera a rompere i coglioni al mondo e, dopo essersi sbronzati come bestie, fanno a gara a chi fa il rutto più potente. E più rutti forte più ti guardano con rispetto.
Mi sono preso la briga di ascoltare le famose intercettazioni. Ora, a parte il fatto che si dice che del noce è un coglione (per capirlo, comunque, era inutile scomodare le cimici: basta guardarlo), e che si capisce che il bordon (di nome willer… il povero tex si ribalterà nei fumetti) mentre criticava il governo prodi pregava in ginocchio il diversamente alto perché facesse fare la fiction della di lui moglie, si sente il Da paraculare amenamente attrici e attricette (estremamente dotate di ghiandole mammarie, a quanto dice). E se gli si dice che è un magnaccia, tutti, da destra a sinistra, si indignano (ma quando il diversamente alto dava dei coglioni a chi non le pensa come lui, i signori della destra che tanto si indignano ora dov’erano?)
Ecco, davanti a queste cosette il prendere le distanze mi rivolta. Tra il resto e la piazza scelgo la piazza. Di prendere le distanze ne ho pieni i maroni. E’ ora di mandare a fare in culo. Ma davvero

 
 
 

Sicurezza ha promesso

Post n°276 pubblicato il 25 Giugno 2008 da lubely

Sicurezza ha promesso e sicurezza ha dato.
Fino a qualche mese fa i rom rubavano, i romeni violentavano, i marocchini spacciavano, gli slavi rapinavano, gli islamici terrorizzavano. Ora tutto è a posto. E’ bastata la sua presenza.
Sicurezza ha promesso e sicurezza ha dato.
Mica come quei quattro balordi di prima che non solo hanno aperto le frontiere a dogs and pigs (le quattro «i» bisogna sempre tenerle a mente), e poi hanno fatto pure l’indulto.
Sicurezza ha promesso e sicurezza ha dato
Il pacchetto sicurezza c’è stato. Peccato che si sia interrotto il dialogo con l’opposizione. Del resto il dialogo è tutto: «Scusi, signora opposizione»
«La mi dica, cara signora maggioranza»
«La si ricorda quelle cose prima vi facevano venire il voltastomaco?»
«Certo»
«Ecco, adesso noi le si riporta. Non è che ci dareste gentilmente il vostro voto?»
«Ma certo, come no. Siamo qui apposta. Al limite, per gentilezza, si potrebbe mutar una virgola qui, un due punti là. Aggiungere un avverbio di modo, levare un aggettivo qualificativo… cosette. Giusto per far veder a quei pochi che ci hanno votato che si fa la nostra parte… sa com’è»
«Ma certo. Ci mancherebbe signora opposizione»
«E poi visto che hanno votato noi per non far vincere voi, si deve pur far vedere che abbiamo idee un po’ diverse?»
«Sì, sì, non si preoccupi. E a casa tutti bene?»
«Ma che vuole.. abbiamo quel Di Pietro che fa l’estremista… che ci possiamo fare»
Ecco, niente più di tutto questo. Il dialogo si è interrotto.
Sicurezza ha promesso e sicurezza ha dato
Adesso i processi slittano. Quelli compresa dal - al, quelli che sono in una certa fase, quelli che non comportano pene superiori ai tot anni. Per fare un esempio, quel rom che ha rubato da qualche parte, ecco, il suo processo slitta. Il tossico maledetto che ha scippato la nonnina ultraottuagenaria ed è stato arrestato? Il processo slitta. Quello che vi ha dato una ramata di botte per prendere l’orologio e il telefonino? Il processo slitta. In tutto questo, per puro caso, con enorme sorpresa del mondo, slitta pure il suo, di processo.
Sicurezza ha promesso e sicurezza ha dato
Ora lui è sicuro di non finire in galera. Per il resto cazzi vostri / nostri

 
 
 

La miss è alta. Alta assai

Post n°275 pubblicato il 08 Giugno 2008 da lubely

Venerdì sera, per la terza volta, la ruota del destino mi ha portato ad intervistare cristina chiabotto. La ex miss italia. Le prime volte era stato solo per telefono. Questa volta me la sono trovata davanti. E poi stavolta mi è anche toccato fare un’intervista per una televisione privata (che s’ha da fare per vivere….). Di lei posso dire questo: è alta. Alta assai. Ed è costituita per l’80% da gambe, per il 5% da capelli, e per il restante 15% da tutto il resto. Era da queste parti per fare da madrina ad un’iniziativa di Nutriaid. Che è un’associazione che combatte la malnutrizione in africa. Cioè, in buona sostanza, cerca di evitare che i bambini muoiano di fame (per capire bene cosa facciano si fa prima a guardare il sito www.nutriaid.org ).

Ora, domenica mattina, mentre cercavo di tenere testa a questo convulso e piovosissimo week end, mi sono fermato a parlare con un amico. Nel discorso è finita anche questa cosa di venerdì sera. E lui mi ha chiesto, con malcelato allupamento:
«Ma com’è lei? Com’è?»
«Mah, era qui per sostenere questa associazione che si occupa di bambini africani e…»
«Si, va beh, questo non mi interessa. Ma com’è lei?»
E a questo punto fa un gesto difficilmente replicabile a parole ma che fa capire come gli aspetti della succitata miss che gli interessano sono tre, di cui due situati sul fronte, simmetricamente distribuiti una spanna sotto il mento e il terzo molto più in basso, piazzato sul retro.
«Allora, pensa che ad un certo punto era accanto al presidente di questa associazione, e lui raccontava che una volta era in rwanda, e assisteva alla distribuzione pomeridiana dei biscotti iperproteici. Sei biscotti al giorno per dare a questi bambini tutte le proteine di cui hanno bisogno….»
«Sì, va bene. E lei?»
«Aspetta che ci arrivo. Allora, mentre questi bambini sono in fila, lui si mette il camice bianco e si mette in fila anche lui, per divertirli. Te lo immagini un lungagnone bianco, con un camice bianco, in mezzo ad una fila di bambinetti neri?»
«Sì, sì, va bene. Ma cristina?»
«Ora ci arrivo. Allora, lui racconta che quando tocca a lui, l’infermiera che distribuisce i biscotti fa finta di cazziarlo e non glieli dà. A questo punto una bimbetta, che era in fila prima di lui, prende l’infermiera per il camice, e gli fa notare che a quell’uomo i biscotti non li ha dati. L’infermiera, ovviamente, non le dà retta. Allora la bimbetta prende i suoi sei biscotti, tutti e sei, e li mette in mano all’uomo. Glieli regala».
«Sì, Sì, ho capito. Ma la miss?»
«La miss? E’ una femmina come tante altre. Ma quello che ti ho raccontato è più importante. Ciao».

Ps. A costo di sembrare politicamente scorretto, potrei dire, con tutta la gentilezza e il tatto di cui proverbialmente dispongo, a quel vescovo umbro o laziale che sia, che non ha voluto sposare in chiesa un disabile perché non poteva riprodursi a causa dell’incidente che lo ha inchiodato sulla sedie a rotelle, che se prendesse i suoi pregiudizi del cazzo, se li schiaffasse tra le chiappe e andasse a dare biscotti iperproteici ai bambini del rwanda, farebbe molto meno schifo al mondo di quanto invece fa in questo momento?

 
 
 

Bella nucleo

Post n°274 pubblicato il 30 Maggio 2008 da lubely

Dicono che non sia politicamente corretto, ma ci sono cose che mi stanno sulle balle. A prescindere.
Mi divertono molto quelli che sostengono che non si può ragionare così. Che non costruttivo. E che me ne catafotte. Mica faccio il muratore. E poi, per esempio, quando vedo Bonaiuti, non ho bisogno di pensare ad un motivo per cui mi sta sulle balle. Mi basta l’orticaria che mi procura.

Però, visto l’imperante clima di ragionevolezza che imperversa mi adeguo, supero le mie posizioni ideologiche e ci ragiono.

Allora, mi sta sulle balle il nucleare. Scajola, che lo propone, mi sta sulle balle da una vita, ma dare una motivazione a scajola è inutile: basta guardarlo.

I motivi per cui mi sta sulle balle il nucleare.
1) Il nucleare non fa male. Va bene. Prendiamolo per buono. Ma se non fa male, perché scajola non si fa una centrale dietro casa? Perché non danno il buon esempio, infilando il vuoto capo nelle ciminiere e tirando una gran boccata (come al tempo dell’aviaria aveva fatto sposini mangiando il pollo in diretta, arrivando a commentare: «E’ anche buono»: minchione, è pollo, non una palla di fango. E il problema non era se era buono o meno) e poi facendo vedere che non si coprono di squame e non pisciano verde? Perché queste cose le mettono in mezzo ai marroni alla gente e lontano da quelli che decidono dove metterli? Poi mi si dirà: l’inceneritore di vienna è in mezzo alla città. Quasi vero: è in mezzo alle case popolari, tanto per dire

2) il nucleare non fa male. Va bene di nuovo. Perché se non fa male danno dei soldi ai comuni che li ospitano? Tanto per dire, questi soldi li danno solo per centrali, discariche e inceneritori. Guarda caso tre cose che non fanno male e non creano problemi. Ma se non creano problemi, perché tirano fuori montagne di soldi per metterli da qualche parte mentre non danno un picco a chi mette da qualche parte un biscottificio o una fonderia (che proprio bene non fa, come chi ha memoria ricorda…). E poi, questi impianti non fanno danni, ma i soldi che danno ai comuni si chiamano “risarcimento ambientale”. Ma non si risarcisce solo qualcosa che viene rovinato?

3) Al nucleare ho detto no al referendum. E ho vinto (non da solo). Ora se ne riparla. Bene, perché cazzo avete dovuto rompermi le balle per chiedermi che ne pensavo se tanto fate quel che caspita volete? La spiegazione è: è passato tanto tempo. Bene. Anche dal referendum tra monarchia e repubblica è passato tempo. Chi si fa avanti per ridare l’italia ai savoia?

4) Una delle cose più stupide che si possa fare è risolvere un problema creandone un altro. Ancora più grave. Come dire: “lei caro signore aveva una forma persistente di singhiozzo. E’ stato operato e il singhiozzo non c’è più. Purtroppo, però, adesso avrà delle scariche sempiterne di sciolta fulminante”. Le scorie. Le scorie. Si dice del nucleare che è sicuro, che risolve i problemi, ma nessuno parla mai delle scorie. Come mai? Dove le mattiamo? Nell’orto di scajola?

5) Il nucleare risolve i problemi. Balle. Disseminando l’italia di centrali nucleari si copre il dieci per cento (leggasi dieci per cento) del fabbisogno. Cioè una sega. Per scajola è tanto. Se gli dicessero che a seguito di un intervento ha il dieci per cento delle possibilità di sopravvivere sarebbe molto contento?

6) Il nucleare è sicuro. E qui c’è da morire dal ridere. Il nucleare è sicuro. Ci hai vissuto nelle vicinanze te che lo dici? No. Lo dicono gli studi? E chi li ha fatti codesti studi? E poi, così per conversazione, se uno ti vuol mettere una centrale nucleare dietro casa, e tu gli chiedi: «E’ sicura?», quante possibilità hai di ricevere una risposta negativa? Anche il titanic era sicuro e all’avanguardia. Prima di affondare. Anche le torri gemelle erano indistruttibile. Prima di crollare al suolo. Anche la centrale di cernobil era sicura. Prima di impestare mezzo mondo. Si dirà: la centrale di cernobil era obsoleta. Sì, ma tutte le cose invecchiano. Se iniziamo a costruire una centrale oggi, quando l’abbiamo finita è già vecchia. E’ già obsoleta. La tecnologia è andata avanti. Ma se è andata avanti vuol dire che quella di oggi, quella con cui si è fatta la centrale è rimasta indietro. Sì, ma a cernobil c’è stato un errore umano. Già, perché tutti i pirla non solo sono russi, ma prendono i più pirla dei pirla e li fanno lavorare nelle centrali nucleari.

Ecco, ho motivato. Ma cambia nulla. Il nucleare mi sta sulle balle

 
 
 

Piove, governo ladro

Post n°273 pubblicato il 30 Maggio 2008 da lubely

Piove. Governo ladro. E come disse una volta il subcomandante Guerrino, il governo non è ladro perché piove ma perché ruba.

Piove da giorni. I ponti o sono chiusi o sono presidiati. Il telefono è qui, sorvegliato a vista. Prima o poi suona. E si corre.

Dell’ultima alluvione mi ricordo due cose, in particolare. Legate allo Stura. Che, per i non indigeni, è un corsicello d’acqua dove normalmente non riuscirebbe ad annegare neppure un nano in ginocchio. Allora non si sarebbero salvati neppure due giocatori di pallacanestro uno sopra l’altro. Mi ricordo una casa, a Borgaro. Nel pomeriggio aveva qualcosa come qualche metro di terra davanti. Fare la foto non era stato problematico. Verso sera, forse anche per le bare, strappate ad un cimitero qualche chilometro prima, i metri di terra non c’erano più, e la casa basculava nel vuoto. E poi, lentamente, era crollata. Finita nell’acqua. Spariva nel giro di pochi minuti. Cancellata. E fare le foto era stato mooooolto più problematico. Poco dopo mi ero bagnatamente trascinato a Caselle. Fin dove si poteva arrivare. Era buio. Buissimo. Lampioni, luci delle case, tutto saltato. E li si sentiva il rumore dell’acqua che correva. Il rumore dell’acqua fa paura

Ps. Oggi arriva bertolaso in piemonte... no, dico, di rogna non ne abbiamo già abbastanza?

 
 
 

Il peso delle parole

Post n°272 pubblicato il 28 Maggio 2008 da lubely

Pesano, le parole. Non di per sé. Pesano a seconda di chi le dice, perché le dice, come le dice, a chi le dice, per quello che evocano. Prendi la parola «addio». Cinque lettere come tante. Ma se quella parola devi dirla ad una persona cui tieni ti fa un male cane. Se devi dirla a uno che ti sta sui marroni, arrivato alla «o» capace che ne stappi una per festeggiare.

Con le parole ci campo. Ne scrivo tante e tante ne dico. E altrettante ne scambio.

Ho imparato a riconoscere i «cazzari». Quelli che parlano solo perché parlare, alla fine della fiera, è un fatto tecnico, e lo fanno anche se non hanno niente da dire. E quando dicono poi non mantengono, perché alla parola, anche la loro, non danno peso alcuno.

Ne ho bene in mente due, di cazzari. Il primo lo incontro ogni volta che vado a comprare le sigarette al bar. E’ lì al bancone. Sempre. A consumare quintali di boeri e spendere l’equivalente del Pil della Tunisia in campari e crodini, solo perché consumando può buttare generose occhiate nelle altrettanto generose scollature delle bariste (primo o poi glielo spiegherò che hanno risparmiato sulle insegne e investito sulle tette, che è un’operazione di marketing e non l’infatuazione di una ragazzotta nei suoi confronti). Lui, quando mi vede, divarica un po’ le gambette, bascula, mulina il ditino e mi dice: «Ti chiamo che stavolta mettiamo una suppostina a chi dico io», dove per mettere la suppostina intendesi sodomizzare giornalisticamente qualcuno. «Si, si, chiamami pure». Tanto lo so che non chiamerà mai. L’altro, quando il destino ci fa in qualche modo incrociare, mi saluta con un «Ti devo assolutamente parlare. Va bene giovedì alle 21?» Se anche quel giovedì a quell’ora mi dovessero operare a cuore aperto gli direi: «Va benissimo». Perché il giovedì, al massimo alle 19, arriva un messaggio del tipo: «Scusa, ma il lavoro va per le lunghe – o, a scelta – Ti ricordi la nonna malata?, vorrei ma la mia ragazza…. Ho una riunione improvvisa di partito…. Ho un’erezione per cui vorrei approfittarne ecc ecc».

Questo mare di stronzate per poi dire un paio di cosette, che con le parole ed il loro peso hanno a che vedere.

Prima cosetta: il peso che si dà alle parole. Conosco abbastanza bene due imprenditori (cioè, ne conosco un tot, ma di due sono particolarmente amico). Uno di questi viaggia su altri pianeti. Nel senso che quasi la totalità di quelli che passano di qui avrà qualcosa di suo. L’altro è uno che fa lavorare. E che un giorno mi ha detto: «Credo in questa cosa che vuoi fare e ti aiuto mettendo la mia parte di ricchi euri». Lui non è un cazzaro. Lui è uno che mi ha telefonato dicendomi: «Ti ricordi quello che ti avevo detto? Ecco, per ora non sono riuscito a mantenerla, ma lo farò». Conoscere qualcuno che tiene alla parola data, e si scusa per non averla ancora mantenuta invece di fare finta di nulla, è una cosa che fa star bene.

Seconda cosetta. Telefonata quasi notturna. «Ciao, ti ricordi….». Mi ricordo sì. Non ci sentiamo da una vita (il mio telefono è morto con tutti i numeri dentro). Bastano quelle tre parole per portarti alla mente una settimana di stage, una sera in birreria, una bolgia infernale con 800 macchine da scrivere che sparavo lettere a raffica, un pasta mangiata a Padova in una domenica piovosa. «Certo che mi ricordo. Come stai?». Anche risentire qualcuno che da un po’ non senti è una cosa che fa stare bene.

 
 
 

Curiosamente contento

Post n°271 pubblicato il 14 Maggio 2008 da lubely

Ieri mi sono trascinato in tipografia. Per mettere i visti. Cioè dire che una cosa si può stampare. E’ una cosa che, all’inizio, mi metteva un’angoscia allucinante. Davo l’ok e poi iniziavo a pensare che magari mi era scappato uno «squola» con la q, un è senza accento (o con l’accento laddove non serviva), una ha con o senza acca. Queste cose non succedevano, ma a volte ne succedevano altre.

Comunque col passare degli anni l’angoscia è diminuita. Infatti me la sono cavata in dieci minuti. E poi, visto che la tipografia è anche in uno dei Comuni che seguo, ho fatto un giro in municipio, per vedere delibere e pinzillacchere simili. Mentre uscivo sbuca un omino da un condominio. Anziano, coi jeans più che usati, sporchi di calce. Mi guarda e mi dice: «Scusi, capo». Ora, quelli che chiamano capo qualcun altro non li sopporto (tranne Nicoletta: continua a chiamarmi capo ad anni di distanza: è l’unica autorizzata a farlo senza farmi ribollire la bile). Come non sopporto quelli che chiamano Guido l’autista del bus. Non mi sfugge, però, il fatto che abbia usato il lei. Ecco, una cosa che mi è sempre stata tanto sugli zebedei, ma proprio tanto, è quando incontri qualcuno che, senza averlo mai visto prima, dà del tu ad uno con il triplo dei suoi anni solo perché è di colore. Vabbè, queste sono divagazioni.

Comunque, mi dice: «Scusi capo. Mi trova il campanello della famiglia….» e qui m dice un cognome. Guardo il citofono condominiale con venti e passa campanelli. Guardo lui senza capire. Lui capisce il mio non capire, e mi dice: «Sa, io non so leggere». Gli sorrido. Gli dico: «C’è di peggio. C’è gente che non sa parlare e fa il ministro» (senza riferimento ad alcuno, per una volta). Lui sorride. Cerco il campanello. Suona. Si fa aprire. Mi saluta e ringrazia. Dico: «Di niente». Ne accendo una e me ne vado. Curiosamente contento

 
 
 

Abbiamo quel che ci meritiamo

Post n°270 pubblicato il 12 Maggio 2008 da lubely

Ce lo meritiamo. Ci meritiamo tutto quello che ci piove addosso e, anzi, ci meritiamo anche di peggio. Ce lo meritiamo perché accettiamo tutto quel che ci viene propinato. Ci indigniamo a comando: c’è un omino, da qualche parte, che alza un cartello con la scritta «indignazione» così come in certe trasmissioni si alza quello «applausi» o «risate», e tutti si spellano le mani o si sbellicano fino a farsela addosso. Poi quando il cartello si abbassa l’indignazione passa.

Esempi?

Mah, i rifiuti di Napoli, per esempio. Prima, nella fase terminale del precedente governo e nella campagna elettorale, i rifiuti di Napoli erano ovunque. Ne parlava chiunque. I telegiornali ci aprivano sempre. Anche solo per dire che non era cambiato niente rispetto al giorno prima. Interviste alla gente, cumuli agli angoli delle strade, montagne sotto le finestre, gente che si apriva varchi in mezzo alla spazzatura per andare a casa o a scuola. E ora? Non se ne parla più. Problema risolto? Non credo: qualcuno l’avrebbe detto se il problema era risolto. E allora?

Altro esempio?

La casta. Un giorno abbiamo scoperto che deputati e senatori guadagnano. Parecchio. Oddio, bastava guardare sui siti di camera e senato per scoprirlo, comunque prendiamo per buono che l’abbiamo scoperto di botto. Cartello con la scritta «indignazione». E poi si è scoperto lo stesso di eletti nelle regioni, nelle province, di sindaci, assessori. Di imprenditori dalle agevolazioni agevolate. Triplice cartello. Poi pubblicano in internet le dichiarazioni dei redditi. Stuolo di cartelli. Rivolte e minacce. Perché è giusto sapere quel che prendono gli altri, ma quel che prendo io sono cazzi miei. E allora via tutto.

Altro esempio, ancora più clamoroso?

Premetto che tra le persone che non mi ripugna ascoltare (ora il verbo è da intendersi all’imperfetto) figurano (altro imperfetto), tra gli altri, Fabio Fazio e Anna Finocchiaro. Il primo con un credito pressoché infinito per aver fatto Anima Mia, e avermi fatto rimuginare su cose della giovinezza ormai dimenticate (e La Pinha capirà quello che dico, visto che questi amarcord sono il suo pane quasi quotidiano), la seconda perché mi sembrava una delle meno peggio tra gli esponenti della politica.

Poi Fazio invita Travaglio. Che dice che il neo presidente del senato, schifani, ha avuto rapporti con la mafia. Cosa che non è un segreto di stato: basta leggere atti, relazioni delle commissioni. E si scopre una cosa: queste cose non si possono dire. Perché loro, quelli della politica, reagiscono scompostamente.

Delle cose dette due meritano di essere viste con particolare attenzione. Prima: non c’è stato un cane che abbia detto che quanto affermato da Travaglio sia falso. Tutti se la sono presa perché l’ha detto. Cioè, non conta quello che loro fanno: l’importante è che non lo si dica.

Secondo (e qui entra in ballo la finocchiaro): certe cose non si possono dire senza contraddittorio. Cioè senza l’interessato che dica che quanto viene affermato non è vero (cosa che schifani non ha ancora fatto: si è limitato a dire che così si compromette il dialogo. Posso dire che del dialogo non me ne frega una beata cippa?). Cosa bella, questa. Se valesse per tutti. Ma non è così. Passino i plastici della casa di cogne senza invitare la franzoni, passino le pippe mentali e le congetture su olindo e la sua «dolce» metà senza sentire cosa hanno da dire loro, passino i complotti e le ricostruzioni sull’inglesina di perugia fatta a tocchetti senza filare gli accusati. Passi tutto. Ma non dire una cosa ovvia, documentata, senza sentire l’interessato. Ma solo se l’interessato è un potente. Se è uno qualunque allora si può dire quello che si vuole.

Si dirà: se uno ha dei rapporti con i mafiosi non vuol dire che sia mafioso. Parzialmente vero. Potrei obiettare che non essendo io uno che fa la tratta delle bianche mi viene difficile avere rapporti con gente che la fa. Ma passiamo oltre. Chi ha di questi dubbi vada a sentire una volta «Libera, numeri e associazioni contro le mafie». Vada a sentire cosa dicono quelli che contro questo mondo lottano tutti i giorni.

Abbiamo quello che ci meritiamo. Siamo passati dalla prima alla seconda repubblica cambiando qualche nome e lasciando tutto il resto inalterato. Abbiamo visto la politica cambiare senza che neppure cambiassero i nomi. E ci sta bene così.
Abbiamo quello che ci meritiamo

 
 
 

Non per parlar male dell'italica pubblica sanità...

Post n°269 pubblicato il 07 Maggio 2008 da lubely

Partiamo di buon mattino alla volta di un ospedale situato una trentina abbondante di chilometri più a nord. L’erede deve fare una visita oculistica, e la prenotazione dice che dobbiamo andare là (per inciso: è lo stesso ospedale dove sono finito io anni fa, quando avevo disfatto il pandino contro una specie di carro armato. Rompendomi un dito. E un giorno ero lì, con la lastra che mi avevano dato da radiologia. L’avevo data all’ortopedico. Lui aveva iniziato a guardare la lastra e guardare me, guardare la lastra e guardare me. Fino a quando, dubbioso, aveva detto: “Ma lei è la signora Maria Spezzatatene (il cognome non era questo, il nome si), di anni 76, con una spalla fratturata?”. L’avevo solo guardato a mia volta rispondendo: “Veda lei…”). Ci mettiamo dieci minuti buoni a farci considerare dal portiere, troppo impegnato a raccontare a chiunque che un tizio ha baciato la zingara che staziona fuori dall’ospedale a chiedere l’elemosina. “Senta, dobbiamo fare una visita oculistica…”. Lui ci guarda e risponde: “La definizione non è esatta”. Dice proprio così, neppure fossimo lì per fare la Pagina della Sfinge della Settimana Enigmistica. Contrattando arriviamo a capire che si deve andare al terzo piano. Ci inerpichiamo. Fermiamo un’infermiera o quel che è: “No, non dovete venire qui. Dovete andare all’Asl. Sapete dov’è?”
Sì, lo so. Ci ho lavorato anni qui
“E’ in via Gramsci”
Sì, lo so. Ci ho lavorato anni qui
“Bisogna andare in macchina”
Sì, lo so. Ci ho lavorato anni qui
“Ma poi non c’è parcheggio. Bisogna andare in piazza”
Sì, lo so. Ci ho lavorato anni qui.
Riusciamo ad andare. Ci arriviamo in un attimo: ci ho lavorato anni lì.
E troviamo anche parcheggio lì davanti.
Entriamo. Cerchiamo, vanamente, un portiere, un usciere, un qualunque bipede parlante in grado di dire dove dobbiamo andare. Trovo prima il posto che il bipede. Aspettiamo. I minuti passano. Non arriva nessuno. Il ragioniere blocca una tizia in camice bianco: “L’oculista? Oggi non viene. Viene il lunedì. Oggi è martedì”. Sì, va bene, ma la nostra prenotazione è per martedì “Guardate, non so cosa dirvi. Chiamate il servizio prenotazioni”.
Chiamiamo. C’è un nastro che dice che sono chiusi fino alle 15.30.
Ribecchiamo la tizia. Ci dà un secondo numero.
Richiamiamo. C’è un nastro che dice che sono chiusi fino alle 15.30.
Ri ribecchiamo la tizia. Ci dà un terzo numero. Quello del centralino di un altro ospedale.
Ri richiamiamo. Prova a passarci l’interno dei numeri di prima. La blocchiamo. Ci passa il reparto. Passano dieci minuti buoni. Finché qualcuno risponde e prova a ripassarci lo stesso numero. Lo riblocchiamo.
Alla fine si parla con qualcuno. Che dice che abbiamo sbagliato noi. Il ragioniere produce un fogliettino che l’altro, dall’altra parte della cornetta, ovviamente non vede. Ma dice che tanto lì il martedì non arriva nessuno. C’è stato un errore. Appureranno. Tante scuse. Arrivederci.

Ci richiamo mentre siamo sulla via del ritorno. Quello che parla è euforico: “La vista era per una bambina, vero?”
“Si, di tre anni”
“Ecco, allora dovevate venire qui. La prenotazione dice che avevate la prenotazione qui e non dove siete andati voi”. Ed enuncia il nome e cognome dell’erede (e fin qui tutto a posto). E la data di nascita: 22 febbraio 2000.
Ecco scusa: siamo nel 2008. L’erede ha tre anni. Se mi dici che è nata nel 2000 mi spieghi dove cazzo l’abbiamo tenuta per cinque anni? Attimo di panico (suo, ovviamente): “Ecco, tutto si spiega. E’ stata un’omonimia. Fissiamo un’altra data?”
No, grazie. Si prenota in Alto Volta. Sono più organizzati là.

 
 
 

Ogni cosa al suo posto

Post n°268 pubblicato il 05 Maggio 2008 da lubely

Mi è capitato, in questi giorni, di passare parte del mio tempo in alcuni autogrill. Mi ci fermo spesso. Specie quando fa caldo. Bevo e poi mi libero di quanto bevuto nell’autogrill precedente. Inutile dire che la due operazioni non si svolgono nello stesso locale. Per la seconda operazione non mi servo degli appositi orinatoi a parete. Non so, ma quella situazione in cui ti trovi in piedi, e alla tua sinistra e alla tua destra ci trovi due sconosciuti, che fanno la stessa operazione, mi imbarazza sempre. Che fai? Fischietti? Commenti? Parli del tempo? Ergo uso quelli a porta: mi ci chiudo dentro e via. In genere questi posti sono densi di graffiti di varia natura (letteratura latrinale, la chiamava un docente di letteratura all’università di Torino). Molti propongono incontri, lasciano numeri di telefono, assicurano che possono farsi la tua ragazza o ti chiedono se vuoi farti la loro. Altri sono a sfondo politico. Consiglio a chi passa sulla Genova – Livorno di dare un’occhiata ai bagni dell’autogrill tra le uscite Sarzana e Versilia. Io ci sono capitato. Entro e contro la parete di fronte ci vedo subito tre belle croci celtiche e un paio di svastiche. Sulle pareti delle scritte del tipo (chiedo scusa se non riporto le frasi corrette, ma abitualmente non entro in un cesso con biro e notes) “dux mea lux”, “negri e comunisti al rogo” e cosette simili. Sono uscito visibilmente soddisfatto. Per due motivi. Primo, perché il bisogno era impellente, secondo perché mi ha fatto piacere vedere quelle scritte in quel posto. Ogni cosa al suo posto.

E sempre per il gusto di mettere ogni cosa al suo posto, direi di dare la meritata visibilità in questo spazio ad alcune persone che, magari timide, non hanno voluto comparire pubblicamente oppure sono state poco considerate. Partiamo dall’ottimo civico_88, che ci ha omaggiati della sua saggezza su queste pagine. Andando a curiosare sul suo blog si evincono cose illuminanti. Egli scrive: «Sono andato dove gli altri non volevano andare….». E’ bello sapere che passi la vita a mandare a fanculo la gente e poi qualcuno ci va davvero. Il succitato soggetto, inoltre, oltre a tortuosi ragionamenti degli della peggior sbronza nei quali abbondano zecche e giudei, vantasi di essere fascista. Per carità, c’è gente che si vanta anche di avere le emorroidi, per cui tutto ci può stare. Però pensare che uno che scrive sul suo blog “memento audere semper” è della stessa razza di quelli che in cinque pestano a morte un ragazzo per una sigaretta, e poi scappano all’estero, ti fa venire in mente che tutto quel coraggio i fascistelli non l’hanno mai avuto. Per quello si muovono a squadre. E allora più che memento audere semper bisognerebbe scrivere memento telare sempre. Laddove per telare si intende darla a gambe.

Poi c’è stato meraviglioso messaggio di tal Noalsalumiere. Che si produce in una bellissima dissertazione politica che comincia dicendo: «O gesù dagli occhi buoni proteggi sempre berlusconi…». E questo già la dice lunga sulla profondità di pensiero del suddetto. Poi guardi il profilo. Occupazione: precario. Già, ti pare che uno precario non sia una diversamente alto boy? Lingue conosciute? Non definito. Dal che si evince che magari si esprime a gesti e grugniti. Letture preferite? Genere erotico. Anche se magari guarda solo le figure. Poi una pugnetta, due grugniti e via.

Ma il massimo è stata tal gianna31g che, con grande prova di educazione, si è esibita in un “merda a te stronzo comunista”. Ora, a me sfugge il motivo per cui vedi un blog che non ti piace e devi offendere il padrone di casa. Pure a me capita di finire in blog orripilanti. Ma me ne vado subito. Forse la differenza sta nel fatto che io ho un cervello funzionante la tapina di cui sopra no. Del resto basta guardarne il profilo. Tra le cose che odia: “elemosinare sesso”. Sarò che l’ha fatto troppo a lungo. E allora inutile perderci troppo tempo. Ogni cosa al suo posto. Il tuo è la miseria nella quale vivi.

 
 
 

Errata corrige

Post n°267 pubblicato il 29 Aprile 2008 da lubely

Un paio di post fa avevo scritto che, politicamente parlando, si doveva partire da sottozero. Mi ero sbagliato. Si deve partire da molto più in giù.
Ricette non ne ho. Un paio di considerazioni si. Prima: bisognerebbe smetterla di fare il mea culpa e di non cambiare niente. Smettere di pensare a quanto sono cattivi ed incapaci (cosa assodata…) gli altri e pensare a quando siamo stati incapaci noi. Ovunque, in qualunque ambito, chi perde, e continua a perdere, fa fagotto e va a fare altro. Ecco, sarebbe giunto il momento che qualcuno vada a fare altro.
Seconda: ho sentito ore di pippe mentali sul perché a roma si è perso e in provincia di roma no. La spiegazione è talmente semplice da sembrare stupida: perché non volevano cicciobello rutelli. Il quale non mi sembra abbia mai lavorato un giorno in vita sua: radicale prima, verde poi, margherito dopo ancora e ora pd. Ecco, se avesse un minimo di coerenza dovrebbe dire: bene, rinuncio al posto in parlamento e faccio il consigliere di opposizione a roma. E poi mi levo dai marroni. Non credo che lo farà. Perderemo altre occasioni. Continueremo a vedere le stesse facce (cosa che, ad onor del vero, fa anche la controparte) e a far fare i politici di fila ai “nuovi”. Perché se magari al posto del succitato bambolotto ci fosse stato lo “zingaretti fratello di montalbano” (che già solo per questo mi è simpatico) magari roma non l’avrebbe persa.
Ma con i se ed i ma non si fa la storia. Con i “vaffanculo è ora che ti levi dai marroni” forse si.

Cvd. Leggo che forse Rutelli sarà vice presidente del Senato. Del resto vuoi mica non dare un posto di rilievo a uno che perde?

 
 
 

Un castoro sugli zebedei

Post n°266 pubblicato il 25 Aprile 2008 da lubely

Quando andavo a studiare in biblioteca cercavo sempre di trovare un banco solo, vuoto. Non che detestassi la compagnia, ma mi piaceva quella sorta di roulette russa del destino, che ti faceva capitare a fianco persone improponibili, anonime, meravigliose. Certo, se poi capitava che trovavo un tavolo dove stava una sola fanciulla, magari mi appropinquavo, ma più che altro per non privarla del piacere della mia compagnia…. E non dico altro. Se non il fatto che in biblioteca si becca pochissimo….

Comunque, quando mi sedevo, in genere capitavano tre tipi di persone. Quelli che tolto un notes e una biro non avevano nulla, per cui non davano fastidio. Quelli con montagne di libri, quaderni, righelli, evidenziatori, bottigliette d’acqua, matite, busti di ghisa di padre pio e cose varie. E iniziavano a sistemarsi: un libro qui, uno la, il panino con la mortadella di fianco, l’orologio davanti, le liquirizie, sedici quaderni ecc ecc. In tre secondi avevano invaso il mio spazio. Ma la cosa non era preoccupante, perché te me accorgevo subito. Per cui bastava dare un’occhiata, dire: «Ciccio, hai riempito talmente questo tavolo che se ci cade sopra un po’ della tua forfora si rompe per il troppo peso», e lui capiva. Riponeva tutto nella valigia che aveva e non c’erano problemi. Il terzo tipo era il più nefasto. Cumuli di roba, ma tutti riposti nel bagaglio portato dagli sherpa. Tirava fuori solo il libro e una matita. Tu facevi i fatti tuoi. E lui, subdolamente, con calma, senza dare peso a quello che faceva, iniziava a conquistare terreno: la frittatina, la gomma, l’immaginetta di domenico savio. E quando te ne rendevi conto eri invaso dalla sua roba. Lo guardavi per dire qualcosa ma lui ti anticipava: «E’ da una vita che è qui questa roba… proprio adesso inizia a farti noia?». Ed eri fregato.

E quello che chiamo, con francesismi a me abituali, avere un castoro attaccato ai marroni. E’ lì, buono, tranquillo, e intanto ti rosicchia, ti rosicchia… Un po’ per volta, e prima che te ne accorgi sei fregato.

Ecco, mi sembra che ci sia un grosso castoro attaccato agli zebedei di questo paese.

Noi, che abbiamo la (dubbia) fortuna di vivere in questo posto ci siamo abituati. Per il primo maggio qui si fa una grande festa. Non dei lavoratori. Si fa la festa «di primavera e del lavoro» (che, come ho già detto, è come chiamare natale festa dell’inverno e delle renne). Lentamente (ma ce ne siamo accorti, ci siamo fatti sentire) ci hanno scippato i lavoratori. Per il 25 aprile le classi delle elementari cantavano «Fischia il vento». Ma una versione ad hoc, meritevole dello zecchino d’oro. Edulcorata dei tratti più interessanti. La rossa primavera diventava la bella primavera, il fascista vile e traditor diventava qualcos’altro. Anche li ce ne siamo accorti. E provvedeva il subcomandante Guerrino, che ha due polmoni e una voce da fare invidia a placido domingo, a cantare le parole giuste.

Adesso il castoro inizia a rosicchiare anche altrove. Fateci caso. La Moratti, che prima di diventare sindachessa di milano sfilava per il 25 aprile con il padre ex partigiano, ora non partecipa più. E lo annuncia. Il sindaco di alghero inibisce l’esecuzione di «Oh bella ciao» perché divide. Magari tra un po’ pure l’inno di mameli lo mettiamo in soffitta perché «divide» legatoli e non?

Ora, con tutto il bene che si può, e deve, volere agli animali, na bottarella in testa a sto castoro bisognerebbe proprio darla.

E comunque… Stamattina, mi son svegliato……

PS. Invito chi passa a fare un salto al blog di Bea (Mangiare bene, qui a lato) per firmare una petizione on line. Io il mio autografo l’ho già lasciato

 
 
 

Di violenza e tessere

Post n°265 pubblicato il 20 Aprile 2008 da lubely

Premetto subito che trovo la violenza sulle donne (ma anche su bambini, o sugli uomini, perché no?) una delle cose più obbrobriose. Dovrebbe essere una di quelle cose in cui si mette il responsabile in galera, senza troppi riguardi, e poi si butta via la chiave.

Detto questo, quando sento del solito extracomunitario che violenta la malcapitata di turno stento a comprendere le reazioni della gente e della politica. Mi spiego. Grosso modo fare violenza a qualcuno vuol dire costringere quel qualcuno a subire un atto (nel 95 per cento dei casi a sfondo sessuale) contro la propria volontà. Non è una definizione da vocabolario, ma è come la penso io. Per cui mi sta bene che ci si indigni, si chiedano provvedimenti, si dia la colpa a quelli della parte politica avversa (senza dimenticare che statistiche alla mano le violenze denunciate non hanno subito grosse variazioni da quando al governo c’erano gli uni o gli altri). Però non capisco perché non ci si indigni e, anzi, si guardi con una specie di maialesco compiacimento a tutte quelle che vengono violentate ogni sera, ogni giorno, in ogni città, non dico nel disinteresse generale, ma comunque in una sorta di tacito consenso.

Perché spero nessuno voglia farmi credere che quelle che battono, a napoli come in val d’aosta, lo facciano per diletto, perché è quello che hanno sempre voluto fare nella vita. Tu che vuoi fare da grande? Io l’infermiera. E tu? Io voglio farmi sequestrare il passaporto, farmi massacrare di botte e poi battere la sera. E tu? Io voglio aprire un negozio di scarpe…. Ma, tranne i casi più eclatanti di cronaca, qualcuno ci ha mai fatto un mezzo pensiero a questo? Qualcuno si è mai chiesto cosa le porta a fare quel lavoro? Poi Carla Corso e Pia Covre le ho sentite anch’io raccontare la loro storia. Operaie che passavano le loro giornate a beccarsi pacche sul culo dai colleghi e a lavorare otto ore in fabbrica per una miseria. Hanno deciso di fare la vita. E’ stata una loro decisione: l’hanno fatto contente di farlo, si sono fatte i soldi. Buon per loro. Mi sta pure bene se qualche studentessa preferisce aprire le gambe che mettere volantini in buca o dare ripetizioni: contente loro contenti tutti.

Ma non è tutto così. C’è chi quel lavoro non vorrebbe farlo. Ma tra botte e minacce non possono fare altro. Ogni tanto qualcuna ci crepa anche. Una fucilata e via. 30 secondi di cronaca al tiggì, nessun responsabile mai, o quasi, al gabbio. E via di nuovo.

E quelli che tutte le sere le caricano, le sbattono sul sedile di una macchina e poi se ne vanno, non sono extracomunitari illegali meritevoli di espulsione. Sono italiani in gran parte. Gente a posto. Padri di famiglia. Uomini di chiesa. Gente che se le scopa e poi si incazza perché non c’è sicurezza, perché una brava ragazza non può correre il rischio di uscire la sera ed essere violentata da un balordo. Ci sarebbe da ridere. Ma da ridere non c’è…

Torno un attimo su quella cosa di qualche post fa sulle tessere della vita che si dispongono in maniera casuale e danno risultati inaspettati.

Capita che ci sia una mattinata di sole, e tu salti in bici assieme agli altri, per la solita sgambata domenicale. Poi le tessere iniziano a combinarsi. Forse se avessi accelerato un po’ di più, forse se avessi frenato, forse se ti fossi fermato a pisciare sul ciglio di uno strada, forse se ti fossi fermati a riempire la borraccia ad una fontana, forse forse forse… Ma le tessere della tua vita si sono combinate così: ti hanno fatto arrivare ad un incrocio proprio mentre dall’altra parte arrivava uno che non ha fatto lo stop. Fine delle sgambate, fine delle domeniche mattina, fine delle tessere.

Ciao Remo

 
 
 

UNA QUESTIONE DI MANI

Capita di trovarsi
nelle condizioni di avere
bisogno di una mano.

In genere qualcuno c'è.
Io ne ho avuto bisogno.
Le mani ci sono state.
Adesso le mie,
assieme a quelle
di tanti altri,
sono nel
"Blog for Africa".

Lo trovate qui accanto,
a sinistra.

Sono lì.
In attesa di altre mani....
 

ULTIMI COMMENTI

e anche questa e' fatta!!
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non si sapra' mai tutta la verita
Inviato da: dondolino61
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ciao a tutti!!
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bel blog complimenti
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