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punto di vista BLOG E IL DIALOGO

Post n°15970 pubblicato il 19 Ottobre 2014 da dinobarili
 

punto di vista

BLOG…

E IL DIALOGO

Il Blog, come Diario genera dialogo. Il dialogo è alla base di ogni progresso. Ne benefica la persona sul piano culturale ed emozionale. Quando il dialogo è civile, lineare, corretto… non ha controindicazioni. Anzi, senza dialogo, l’uomo e la società non progrediscono. Buona giornata. Dino

 

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 19/10/14 alle 14:28 via WEB
Pavia, Romagnese, il giardino alpino Agli amanti della natura e delle passeggiate nel verde, Pavia offre molto. Si parte dallo storico Parco Vernavola, senza dimenticare la natura delle sponde del Ticino. Il Parco della Vernavola è ciò che rimane dell'antico Parco Visconteo del XIV secolo. Gli orti botanici più interessanti da visitare sono l'Orto Botanico dell'Università di Pavia, i pieno centro storico, e il giardino Alpino di Pietra Corva sulle colline dell'Oltrepo. L'Orto Botanico dell'Università di Pavia, in via S. Epifanio 14, fu fondato nel 1773 dagli Asburgo d'Austria nei locali dell'ex convento di S. Epifanio. E' grande circa tre ettari, molto se si pensa alla sua posizione nel centrocittà. I visitatori potranno ammirare l'arboreto, la serra delle piante, la serra caldo-umida, le angiosperme, le gimnosperme e numerose altre collezioni. Il Giardino Alpino di Pietra Corva si trova nel comune di Romagnese e fa parte della Rete degli Orti Botanici della Lombardia, insieme a quelli di Bergamo, Bormio, Milano Brera, Milano Cascina Rosa. Il giardino, specializzato in piante montane (ne ospita circa 1300 specie, sorge a 950 metri di altitudine, sulle pendici del Monte Pietra di Corvo ed è stato fondato da Antonio Ridella veterinario, naturalista e grande appassionato di botanica. Ciao a tutti gli amici del blog Teresa
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 19/10/14 alle 14:31 via WEB
OMODEI ZORINI, Attilio. – Nacque a Candia Lomellina (Pavia) il 24 marzo 1897, figlio secondogenito di Carlo, medico condotto, e di Maria Panzarasa. Compiuti gli studi liceali a Vigevano presso il liceo classico Benedetto Cairoli, si iscrisse all’Università di Torino, dove si laureò in medicina e chirurgia il 19 luglio 1921 Conseguita la laurea, rimase all’ateneo torinese, dapprima come assistente volontario e poi di ruolo presso l’Istituto di anatomiapatologica, dedicandosi allo studio della tubercolosi e conducendo una serie di ricerche in campo sperimentale e clinico di cui dà conto il suo primo lavoro, Cirrosi grasse e cirrosi tubercolari del fegato: studio clinico, anatomo-patologico e sperimentale (Torino 1926). Nel 1925 si spostò a Pavia, chiamato dal clinico e pneumotisiologo Eugenio Morelli, allievo di Carlo Forlanini, impegnato su più fronti nella lotta alla tubercolosi, che nel primo dopoguerra aveva conosciuto una minacciosa diffusione. Nel periodo pavese (1925-28), Omodei Zorini, aiuto effettivo all’Istituto di patologia speciale medica, divenne il più stretto collaboratore di Morelli.Da quel sodalizio scientifico e umano sarebbe nata una fruttuosa sinergia tra l’attività di direzione e di guida del maestro, che negli anni Trenta animò un vastissimo programma di costruzioni sanatoriali, e quella clinica, scientifica e didattica dell’allievo. Lasciata Pavia,Omodei Zorini seguì a Roma Morelli, nominato consulente dell’Istituto nazionale per la previdenza sociale (INFPS, già Cassa nazionale per le assicurazioni sociali), e chiamato dalla Sapienza a ricoprire la prima cattedra in Italia di clinica della tubercolosi e delle malattie dell’apparato respiratorio. Dal luglio 1933 fu medico di ruolo dell’INFPS (in seguito INPS), e, quindi, dal 1938, vicedirettore dell’ospedale sanatoriale Carlo Forlanini, inaugurato il 1° dicembre 1934 e destinato a diventare uno dei centri di riferimento internazionale per lo studio della tubercolosi. Il Forlanini fu in quegli anni una palestra di eccellenza per la formazione di tisiologi e di personale specializzato. Nella seconda metà degli anni Trenta, Omodei Zorini fu una delle figure più rappresentative della grande scuola pneumotisiologica italiana, da cui vennero nei due successivi decenni fondamentali apporti clinici e scientifici, pubblicati negli Annali dell’Istituto Carlo Forlanini e nella Rivista delle malattie dell’apparato respiratorio. Chiamato a Napoli nel 1937 a occupare, come altri collaboratori di Morelli, una delle cattedre di tisiologia istituite in tutta Italia, vi rimase anche nei difficili anni della seconda guerra mondiale, alla direzione del nuovo ospedale sanatoriale Principi di Piemonte. Nel 1945 tornò a Roma come direttore dell’Istituto Forlanini.In quel dopoguerra, s’impegnò attivamente nella riorganizzazione della difesa antitubercolare, sollevando a più riprese il problema dell’assistenza postsanatoriale. Chiusa l’era della terapia meccanica della tubercolosi polmonare e apertasi quella della terapia chemioantibiotica, si inserì nel filone degli studi farmacologici, batteriologici e clinico-terapeutici., mise a punto per primo la chemioprofilassi antitubercolare mediante isoniazide. Al XIII Congresso italiano di tisiologia (settembre 1956), illustrò le basi scientifico sperimentali e pratiche del suo metodo che, con sole compresse, presentava il vantaggio di assicurare la stessa protezione del vaccino antitubercolare. Conosciuto nel mondo come ‘chemioprofilassi antitubercolare di Omodei Zorini’, tale metodo trovò una larga applicazione in molte nazioni, contribuendo a ridurre notevolmente l’incidenza della tubercolosi. Pubblicata nel 1963 a Roma, la monografia La chemioprofilassi antitubercolare mediante isoniazide fu tradotta in francese e in inglese. Per questa scoperta, Omodei Zorini fu proposto nel 1975 per il premio Nobel per la medicina da ricercatori di numerosi paesi, tra cui l’Italia. La proposta non ebbe seguito perché il regolamento prevedeva che fosse assegnato a scienziati impegnati esclusivamente nella ricerca. Nel 1952 fu chiamato alla cattedra romana di tisiologia, succedendo a Morelli e tenendo contemporaneamente le direzioni del Forlanini e del centro studi del-l’INPS per le ricerche scientifiche e terapeutiche sulla TBC. Per le sue ricerche nel campo della chirurgia polmonare e del trattamento antibiotico e chemioterapico delle manifestazioni tubercolari, gli furono conferiti, nel 1962, il premio Morelli dell’Accademia dei Lincei e, nel 1963, la medaglia d’oro, assegnata dal presidente della Repubblica ai benemeriti della scuola della cultura e dell’arte e la medaglia d’oro della Sanità pubblica. Ricevette anche la Croix de Commandeur della Sanità francese. Collocato a riposo nel 1968, continuò però a dedicarsi ai suoi studi, partecipando a convegni, tavole rotonde e incontri di studio, anche come membro di vari comitati, tra cui l’Union internationale contre la tuberculose, con sede a Parigi. Sposato con Giovanna Zoja, figlia del clinico Luigi, primo direttore della Clinica medica dell’Università di Milano, ebbe quattro figli. Morì a Roma il 13 agosto1983.
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 19/10/14 alle 14:39 via WEB
"Non è mai troppo tardi" è il programma che rese celebre Alberto Manzi, il maestro teneva in tv delle vere e proprie lezioni di scuola primaria, che usavano metodologie didattiche innovative per quegli anni. Il suo pubblico e la sua immensa classe di alunni, era composta da persone adulte, il cui grado di analfabetismo era totale o comunque molto grave. Pare che Manzi durante il suo provino rifiutò il copione che gli era stato dato,, per improvvisare una lezione a modo suo. La trasmissione tv andò in onda per quasi un decennio, suscitò un importante interesse ma soprattutto ebbe grande rilevanza a livello sociale: si stimò che poco meno di un milione e mezzo di persone abbia conseguito la licenza elementare grazie alle sue lezioni a distanza. Si trattava praticamente di un corso di scuola serale. Le trasmissioni di Alberto Manzi avvenivano durante il tardo pomeriggio, prima dell'ora della cena; Manzi utilizzava un grosso blocco di carta montato su cavalletto sul quale, con l'ausilio di un carboncino, scriveva lettere e parole semplici, accompagnate da un disegno di riferimento dalla grafica semplice e accattivante. Il maestro Manzi aveva anche in dotazione una lavagna luminosa, dispositivo molto suggestivo ed affascinante.. Ciao Teresa
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 19/10/14 alle 14:44 via WEB
Storia- leggenda-Esistono documenti che proverebbero che da qualche parte, all’interno del castello di Pavia vi sia un uomo murato. Si tratterebbe del cremonese Pasquino Capelli, segretario di Gian Galeazzo Visconti. Pasquino Capelli teneva nelle sue mani le fila dei rapporti diplomatici. Quando i rappresentanti di principi e di governi giungevano a Pavia, era attraverso il Capelli che essi cercavano di ottenere un incontro con il Visconti, a lui illustravano i loro problemi, da lui cercavano di ottenere informazioni attendibili. Il Capelli era stato elevato al rango di consigliere, ed è probabile che egli fungesse da abituale intermediario tra Gian Galeazzo e il Consiglio segreto, nel senso che a questo egli presentava le questioni da mettere in discussione e quindi riportava al signore le decisioni del Consiglio. Quale cancelliere, segretario e consigliere, il Capelli aveva una posizione di alta responsabilità e potere. Non si è in grado di assegnargli un preciso contributo alle decisioni politiche e diplomatiche di quel periodo, dato che i dispacci degli inviati stranieri lo descrivono di solito soltanto come portavoce del Visconti e mancano testimonianze di discussioni tra il Capelli e il suo signore che avrebbero permesso di comprendere se il parere del Capelli avesse valore per Gian Galeazzo, e in quale misura. Sembra comunque chiaro che il Visconti aveva pieno rispetto della capacità del Capelli e gli accordava tutta la propria fiducia. . Pasquino Capelli fu accusato di tradimento nel 1398, dopo la sconfitta subita dai Visconti sotto il Serraglio di Mantova,(era un’opera di fortificazione edificata nel XIII secolo per proteggere il territorio mantovano dalle incursioni nemiche) avvenuta a seguito di una falsa lettera del Duca. Pasquino Capelli fu avvolto nudo in una pelle di bue ancora calda e murato fino alla testa nel Castello di Pavia , chiamata la Lunga Dimora.. Gian Galeazzo lo fece nutrire per venti giorni, sino a che la pelle, seccandosi, non lo stritolò. Il duca , ogni giorno, andava a interrogarlo, chiedendogli di confessare. Quando morì la sua testa fu spinta nella nicchia aperta nel muro e chiuso con mattoni. Quando il Visconti stabilì col signore di Mantova una tregua di dieci anni, seppe che i mantovani avevano usato lo stratagemma di falsificare il sigillo e la lettera ducale. Si disse che il duca fu scosso dalla morte ingiusta del suo segretario, ma lo lasciò dentro il muro, forse per non far sapere a tutti che si era sbagliato. Dunque il corpo dello sfortunato si troverebbe ancora lì, ma non si conosce il punto esatto per …tirar fuori i resti di Pasquino Capelli.Ciao Teresa
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maddamark
maddamark il 19/10/14 alle 17:14 via WEB
....continua.......
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dinobarili
dinobarili il 19/10/14 alle 19:10 via WEB
Ciao Maddalena - l'argomento Blog si presta ad un approfondito esame. A volte sembrano cose ovvie... invece, no. Dino
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dinobarili
dinobarili il 19/10/14 alle 19:14 via WEB
Ciao Maddalena - grazie per i tuoi giudizi. Dino
(Rispondi)
anna1564
anna1564 il 19/10/14 alle 22:16 via WEB
BUONA SERATA ,IL DIALOGO OTTIMO PER NON IMPOVERIRE LE CELLULINE GRIGIE
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dinobarili
dinobarili il 20/10/14 alle 08:51 via WEB
Ciao - Hai ragione. Il dialogo serve sempre. Dino
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dinobarili
dinobarili il 20/10/14 alle 08:55 via WEB
Ciao - buon lunedì. Dino
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