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IL TACCHINO E CRISTOFORO COLOMBO di Teresa Ramaioli

Post n°14373 pubblicato il 14 Luglio 2014 da dinobarili
 

IL TACCHINO

E CRISTOFORO COLOMBO 

di

Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 13/07/14 alle 10:10 via WEB
IL TACCHINO E COLOMBO--Il tacchino è originario del nord dell’America. Colombo è stato il primo europeo a conoscere il tacchino quando, il 14 agosto 1502, sbarcando sulle coste dell’attuale Honduras, ricevette dai nativi alcuni cibi e tra questi quelle che lui chiama “gallinas de la tierra”. Tra il 1511 e il 1512 il tacchino fu portato in Spagna. Il primo documento, datato 24 ottobre 1511 a firma dal Vescovo di Valencia, riguardava una nave che trasportava dieci tacchini da riproduzione, metà maschi e metà femmine. Cortes nel 1519, durante la conquista del Messico ,trovò abbondanza di tacchini domestici, in quel periodo in Messico era la carne più economica. Importato dall’America in Spagna, il tacchino si diffuse in tutta Europa. Il termine inglese “Turkey” deriva dai mercanti turchi che lo portarono per primi in Inghilterra. In Francia, il nome era Coq d’Inde (gallo d’India) per la credenza che Colombo avesse scoperto le Indie Orientali. In Italia il gallinaceo venne chiamato Gallo d’India, Dindio o Dindo, e poi Tacchino, forse dal verso, “toc, toc”, fatto della tacchina quando guida i suoi piccoli. Il gastronomo Vincenzo Tanara (fine '600) consigliava diverse preparazioni per cucinare il tacchino: arrostito, allo spiedo, al forno come i capponi. Auguste Escoffier, grande cuoco della storia della cucina , e gli altri chef dell'Ottocento nascondono all'interno del tacchino farcie a base di marroni, funghi porcini, tartufi e foie gras. I contadini allevavano il tacchino considerato cibo d'eccellenza da consumare nelle grandi occasioni. Oggi il tacchino cucinato intero è un cibo natalizio, in America, sua patria d'origine, viene consumato nel “Thanksgiving day” (quarto giovedì novembre), in memoria dell'arrosto di tacchino con il quale i Padri Pellegrini, nel novembre 1621, ringraziarono i Nativi Americani per l'aiuto che gli avevano dato a sopravvivere durante il primo anno dopo lo sbarco nel Nuovo Mondo. Ciao Teresa

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 14/07/14 alle 13:44 via WEB
L'ANGELO DELLA PESTE- PAVIA--La leggenda dell’Angelo della peste racconta che all’epoca in cui S. Damiano era vescovo di Pavia, la città fu colpita da una tremenda pestilenza che decimò la popolazione. Molti pavesi fuggirono sulle colline e nelle campagne, mentre per la città deserta, la notte avveniva un fenomeno strano. I pochi rimasti in città potevano infatti vedere due angeli, uno vestito di bianco e uno di rosso, che si aggiravano per le vie. L’angelo bianco indicava una casa, mentre l’angelo rosso ne percuoteva la porta: tanti i colpi dati, tante le persone morte nell’abitazione il giorno successivo. S. Damiano, che aveva tentato di tutto per far cessare la peste, ispirato da Dio, fece portare da Roma la reliquia del braccio di S. Sebastiano. Portato in processione per la città, operò il miracolo invocato: gli angeli infatti seguivano la direzione indicata dalla reliquia e fu facile farli allontanare dalla città, insieme alla peste, attraversando l’antica Porta Ticino (sul Ponte Coperto). A ricordo del fatto, i pavesi fecero murare in Strada Nuova, sull’angolo di Piazza Cavagneria, un angelo in marmo bianco che accenna appunto a Porta Ticino. Ciao Teresa
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