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PIAZZA VETRA A MILANO di Teresa Ramaioli

Post n°13318 pubblicato il 18 Aprile 2014 da dinobarili
 

PIAZZA VETRA A MILANO 

di

Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 17/04/14 alle 19:50 via WEB
MILANO---PIAZZA VETRA--All’epoca si credeva che la peste si trasmettesse attraverso un unguento malefico , appositamente spalmato da persone malvagie sui palazzi e lungo le strade. Stremato da più di un mese di torture, domenica 30 giugno il Mora iniziò a rendere piena confessione, sperando di porre fine a quell'incubo e di avere salva la vita. Raccontò dunque di aver più volte preparato un unguento pestifero, che ricavava utilizzando la "bava raccolta dai morti di peste", materia che lo stesso Piazza gli forniva, essendo per lavoro sempre a contatto coi monatti (erano addetti pubblici che nei periodi di epidemia pestilenziale erano incaricati dai comuni di trasportare nei lazzaretti i malati o i cadaveri. Di solito,erano persone condannate a morte, carcerati, o persone guarite dal morbo e così immuni da esso.) e i carri stracolmi di appestati. La sostanza veniva poi fatta bollire in un pentolone rinvenuto in cortile. Successivamente, sottoposto ad altri tratti di corda, il Mora aggiunse di aver organizzato il tutto dietro compenso versatogli da un personaggio di spicco, appunto Gaetano de Padilla, il cui nome evidentemente venne messo in bocca al Mora dai giudici.Con la confessione, il barbiere aveva firmato la sua condanna a morte. (seconda puntata ) ciao Teresa

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 18/04/14 alle 12:43 via WEB
MILANO---PIAZZA VETRA (terza parte)--La colonna rimase saldamente al suo posto anche quando venne livellata la Vetra dei cittadini, per portarla alla stessa altezza del corso di Porta Ticinese (metà del 1700). Ma le cose erano destinate presto a mutare. Come racconta il Bertarelli, nel 1770 il poeta Balestrieri inviava a Vienna (sotto il cui giogo nel frattempo Milano era passata), al barone di Sperges, la traduzione milanese della Gerusalemme liberata, ove si faceva un accenno alla colonna infame. La lettera di ringraziamento dello Sperges, con la quale si rammaricava della presenza in città di quel simbolo di antichi errori giudiziari che disonorava il Senato milanese, fu letta a casa del conte di Firmian, il quale si ripromise di intervenire quanto prima. Tuttavia il Governo austriaco non aveva fatto i conti col Senato, contrario a qualsiasi possibilità di rimozione della colonna, dato che ciò sarebbe finito con l'apparire un'accusa ad una propria precedente sentenza, seppur emessa in periodi storici ben differenti, quando la parola illuminismo neppure esisteva. Il braccio di ferro tra le due autorità, si risolse grazie ad una vecchia legge cittadina, la quale prevedeva, per i simboli e i monumenti d’infamia, il divieto di restauro. Così fu sufficiente danneggiare un po’ il basamento della colonna, per domandare il suo abbattimento per motivi di sicurezza. Il Senato, si oppose alla richiesta, ma il Governo, deciso a chiudere la questione, nella notte tra il 24 e il 25 agosto 1778, bloccati i due accessi alla via, mandò sul posto una squadra di muratori, che prima dell’alba aveva già atterrato, demolito e sgomberato il terreno della colonna infame, i cui avanzi furono frettolosamente gettati nella cantina della demolita casa. Il racconto di quella demolizione riparatrice di errori passati fu steso dal farmacista Porati, residente di fronte allo slargo, e pubblicato poi col titolo: "L’abbattimento della colonna infame raccontato da un testimone oculare". La lapide fu invece rimossa nel 1803, ed è visibile tuttora al Castello Sforzesco, dov’è esposta sotto il portico del cortile della Rocchetta. In quell'anno venne edificata una nuova casa, che finì per trovarsi proprio dove un tempo sorgeva l'antica bottega, sull'angolo tra il corso di Porta Ticinese e la Vetra dei cittadini, presto però ribattezzata, con decisione municipale del 17 dicembre 1868 "via Gian Giacomo Mora" Purtroppo quella casa ottocentesca, come del resto migliaia d'altre, crollò sotto i bombardamenti del 1943. Al suo posto, nell'immediato dopoguerra, venne costruita una bassa costruzione, sede prima di un emporio di mobili e poi di una rivendita di legna e carbone. L’area è stata recentemente oggetto di demolizione e successiva costruzione di un nuovo palazzetto ad uso abitativo. Proprio all’angolo tra il corso e la via Mora il nuovo edificio si presenta con un piccolo portico angolare, sotto il quale è stata murata una scultura bronzea che rappresenta con un gioco di vuoti lo spazio che occupava la colonna. La relativa targa, posta di fronte alla scultura in una posizione poco visibile , racconta questa tragica storia milanese: Scultura di Ruggero Menegon anno 2005 QUI SORGEVA UN TEMPO LA CASA DI GIANGIACOMO MORA INGIUSTAMENTE TORTURATO E CONDANNATO A MORTE COME UNTORE DURANTE LA PESTILENZA DEL 1630. "... E' UN SOLLIEVO PENSARE CHE SE NON SEPPERO QUELLO CHE FACEVANO, FU PER NON VOLERLO SAPERE, FU PER QUELL'IGNORANZA CHE L'UOMO ASSUME E PERDE A SUO PIACERE, E NON E' UNA SCUSA MA UNA COLPA". Alessandro Manzoni, Storia della Colonna infame, Ciao Teresa
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