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...fini la comédie

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Amazzonia.....

Post n°102 pubblicato il 15 Giugno 2011 da picciro

 

 Ed eccomi qua…è bellissimo per me esserci… in questa casa così accogliente…..gli ingredienti ci sono..vediamo..adrenalina a mille, ansia alle stelle…e tanta voglia di essere con voi e tra voi, poter scambiare pensieri e riflessioni…

Stasera voglio farvi conoscere un pezzo di storia di una Persona speciale, che in uno dei suoi tanti spostamenti di lavoro ha vissuto un’esperienza unica! Nel descrivermi la sua vita, mi disse che molti anni prima era stato un addetto su un mercantile. Una delle tante mete dei suoi viaggi è stata l’Amazzonia…..Mettetevi comodi…rilassatevi..e seguitemi…

 C’era una volta….Flavio…

Molto lontano nel tempo il suo ricordo ma indelebile nella sua mente. La Foresta Amazzonica è stata un diamante in mezzo al suo cuore!! Il mercantile sul quale lavorava era di stazza molto grande che, imboccando dall’Oceano Atlantico la foce del Rio delle Amazzoni, vi si addentrava per circa 150 miglia, laddove la navigazione era possibile e consentita ma solo in presenza di alta marea..quando cioè l’acqua si faceva baciare dalla luna. Per quella via la nave raggiungeva un porto molto piccolo quello di Macapà, vicino al quale sorgeva un giacimento di manganese che veniva poi trasportato nel Nord dell’Europa. Cinque mesi Flavio rimase imbarcato su quella nave e, in quel lasso di tempo, per sette o otto volte la nave toccò quel porto, le cui strutture erano inadeguate per quella nave così grande motivo per cui, le operazioni di carico del manganese duravano anche due settimane.
In quel lasso di tempo, lui poté apprendere molte cose su quei luoghi e sulla popolazione locale. Il paesaggio che aveva davanti a sé   era irreale, fantastico e a volte inquietante! Trovandosi a sud dell’Equatore, il caldo era soffocante con un’umidità costante del 95%. Per questo, la vegetazione che ricopriva quei luoghi era fittissima e in essa, il riecheggiare di versi di animali selvatici di ogni specie, produceva un concerto soave ma a tratti stridente, tanto da far sobbalzare. Sicuramente per Flavio e i suoi colleghi, quello era un posto pericoloso, tanto che il porto era dotato di un altissimo reticolato lungo tutto il suo perimetro a formare una barriera di protezione e, ad ogni trenta metri, erano poste delle guardie armate che sorvegliavano anche per evitare l’intrusione di animali pericolosi. La permanenza in quei luoghi  permisero a Flavio di diventare amico di alcuni abitanti del villaggio indigeno che si ergeva su palafitte, situato sulla riva opposta del Grande Fiume. I nativi per raggiungere la nave si spostavano sulle acque torbide e calde del fiume, infestate dai Pirana famelici. Il loro mezzo di locomozione erano piccole e veloci canoe che andavano a suon di vigorosi colpi di pagaie. Il suo primo incontro con gli abitanti fu strabiliante…non credeva ai suoi occhi! Solo in qualche documentario lo aveva veduto, ma ora, trovarseli davanti era emozionante!! Il loro unico indumento era un triangolo di pelle che a stento copriva i genitali. Erano sempre armati di ascia, lancia, arco e frecce, vivevano di caccia e di pesca ed erano in perfetta sintonia con l’ambiente circostante..cioè una natura selvaggia della quale erano parte integrante..un tutt’uno..Natura che veneravano, rispettavano e, per alcuni versi, temevano. Nulla che avveniva in quell’ ecosistema era a loro sconosciuto: silenzi, suoni, ombre, luci della foresta..nessun segreto. Era bellissimo per Flavio, vederli avvicinarsi alla sua grande nave e sentirsi chiamare a gran voce ..Flavioooooooooooooooo, sino a quando non compariva affacciandosi. Ogni volta per lui era una gioia, una pace infinita pervadeva il suo animo e si sentiva anch’egli parte di quell’universo che aveva per lui..un nonsoché di magico..lui, dentro a quel ciclo perenne della natura, così sconosciuta..era un anello di quell’ingranaggio perfetto, dove tutto aveva un senso..anche divino.
Con quella gente, lui scambiava doni..un baratto di antica memoria che gli scaldava il cuore…quei doni erano semplici ma di grande valore umano e affettivo, donava loro interi fardelli di latte condensato mentre loro, gli regalavano ninnoli in pietra o legno fatti con le loro mani e quello scambio era molto arricchente perché permetteva loro una conoscenza reciproca che diveniva via via, sempre più profonda.A volte gli indigeni lo invitavano a salire sulle loro canoe per un giro di pesca sul fiume ma Flavio però non accettava, rifiutando con un garbato ed amichevole sorriso, scuotendo il capo e sollevando il dito medio della mano destra. La sua paura era quella di essere sottoposto ad un lifting naturale da parte dei Pirana, nel caso in cui fosse caduto in acqua.Si vedeva in pochi secondi, uscire dall’acqua smagrito di settanta chili, col cranio mostrante l’eterno sorriso!!

Sicuramente ne poteva.... e voleva fare a meno!!

Lo ascoltavo estasiata pendendo dalle sue labbra! Mi parlava con dolcezza infinita..i suoi occhi sorridevano…il suo cuore gioiva..e io tra il suo cuore e i suoi occhi!
La parte più bella stava per arrivare..parlandomi sempre con dolcezza, mi diceva di quanto quella fantastica esperienza gli aveva toccato e profondamente, il cuore..lì aveva compreso il significato del “ciclo biologico” che il Creatore, con infinita perfezione ha progettato e costruito. Esseri umani, animali, vegetali uniti in un mutuo scambio, per nutrirsi e per vivere, dove la morte per gli uni è... la vita per gli altri, dove prede e predatori vivono in pace fino al momento in cui si affaccia il bisogno di cibarsi, dove quello che per noi è pericolo, per Lui è solo una regola precisa su cui si basa la congiunzione della Vita con la Morte. Un progetto, quello divino, che non ammette altre pretese..solo il ciclo completo della realtà di VITA E MORTE. Il seguito delle sue parole..nel sentirle mi fece venire la pelle d’oca..lo ascoltavo e non so quale sentimento s’impossessò di me in quel preciso momento..non credo che il dizionario contenga una parola da poter esprimere la profondità di quello che provai nel sentire che: Nella realtà umana invece, l’uomo, pur avendo avuto il dono dell’Intelligenza, è andato oltre le sue necessità, applicando le conoscenze della Scienza e Sapienza, anche per scopi orrendi e distruttivi. L’uomo è capace di fare del male all’uomo, vivendo in un’altra Foresta Amazzonica, molto più pericolosa..quella popolata da predatori assassini fra i più crudeli, fra i più velenosi, che uccidono pur non avendo fame!! Quella foresta fatta di fitta vegetazione che fa smarrire per sempre. Questa Foresta..è DENTRO DI NOI!! Per uscirne, dobbiamo lottare soprattutto con noi stessi perché noi siamo il nemico primo di noi stessi. Ci sentiamo stretti nella morsa stritolante delle spire di un  pitone, ci manca il fiato nel sentire stridere sinistramente le nostre ossa, prossime a spezzarsi. Siamo consapevoli che stiamo per morire..e forse lo desideriamo..non sentiamo nemmeno più la paura e non tentiamo la via della salvezza!!
A d un tratto pero, ci sentiamo scuotere, gridiamo come pazzi..la paura si rimpossessa di noi, la sentiamo più forte di prima e ciò vuol dire che vogliamo ancora salvarci. Proprio come nella Foresta Amazzonica!! Ecco che la forza torna in noi, si moltiplica..la disperazione ci abbandona…la forza diventa inaudita. Ci liberiamo dalla morsa mortale e cominciamo a correre..senza voltarci. Corriamo verso la luce..la vogliamo..sì..per vedere il pericolo che incombe e schivarlo. Ci inoltriamo in quell’intricato groviglio di arbusti spinosi e piante urticanti..le nostre mani..nude..si fanno strada per aprire un varco, questo con la forza di volontà che non vuole soccombere più…perché ha conosciuto la via dell’oblio…le nostre carni si lacerano al contatto con le spine, la nostra anima sanguina..ma non ci importa!
Il dolore diminuisce e, oltre esso…la salvezza!! Proprio come nella Foresta Amazzonica!! E ritorniamo a vivere…cambiati, purificati e più forti….La vittoria ci rende…LIBERI.
Flavio ora…tace..ha terminato il suo viaggio non solo quello geografico..ma anche quello all’interno dl suo animo, come intuisco…mentre io..non ho più fiato…mille pensieri affollano la mia mente..fanno a gara per emergere e rendersi evidenti…!

 

 

Ho seguito Flavio attentamente, avidamente nel racconto del suo percorso tortuoso che portava alle profondità dei suoi abissi..mi sono immersa nel suo dolore..l’ho provato..quasi fisicamente sentendo su me tutti i brividi del mondo..come un lavacro sacro e necessario per illuminare quel profondo buio che pian piano e faticosamente lo stava abbandonando.
Una catarsi generosa e vera..per tornare ad essere..un uomo…ancora!!!

 
 
 
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