Arte...e dintorni
Pensieri sparsi di chi sta provando ad occuparsi di arte.
è meglio affidarsi all'impulso, alla passione,
perchè la ragione generalmente cerca di allontanarci dal sogno,
adducendo la giustificazione che non è ancora arrivata l'ora.
La ragione ha paura della sconfitta.
Ma l'intuizione ama la vita e le sfide della vita.
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Quando mi fermo, riposo ma penso anche...pure troppo.
E così lunedì passato, nelle 3 ore buche a scuola (sissignore, avevo la prima e l'ultima ora) m'è capitato di pensare e di scrivere.
Siccome il post è dedicato al riposo, copio qui il frutto del mio "riposo".
Cosa mi sta accadendo ultimamente? Tanto, forse troppo.
Nel primo lavoro, quello fiorentino, procede tutto alacremente. I problemi non mancano, ma si affrontano bene. Adoro i miei “colleghi”: multiocchialuti, tossici logorroici, donne fatali e mistificatrici. Ognuno a modo suo è meraviglioso e sono molto serena. Per me è una boccata d’aria buona.
Nel secondo lavoro, che è poi diventato il principale per ragioni logistiche e d’orario in questi ultimi mesi, va tutto bene. I ragazzi sono fantastici e ogni piccolo progresso è una grande gioia. Impari a rivedere i tuoi orizzonti, ti scontri, per quanto uno ne sia consapevole, con una realtà ben più complessa. L’affronti, ti confronti e ne prendi atto. Ti convinci che sei fortunato, ti arrovelli perché sai che si è impotenti davanti a tanta gravità. Il problema non sono mai i ragazzi, semmai qualche collega che usa e strumentalizza quanto detto per raggiungere i propri obiettivi, a me celati. Tonta io a non averlo capito, a non aver colto le reali intenzioni.
Quello che ho imparato dalle esperienze compiute sul sostegno, è quanto sia bello non avere filtri: amare allo stremo, divertirsi, essere tristi fino alle lacrime. Mettersi in gioco, senza rimpianti e senza paure. Ho imparato che è un bene. Ho lentamente messo a parte il mio orgoglio, il mio timore di mostrarmi fragile e “nuda”: io con i miei sentimenti, con i mille difetti. Dopo i tanti “bidoni” adolescenziali (e non), avevo costruito una corazza. Sono passata dall’essere quella che abbracciava e diceva “ti voglio bene”, a quella che sta al suo posto che non dà a vedere, tanto si sa la presa in giro è dietro l’angolo, malfidata per principio.
A Firenze ho incontrato persone meravigliose che mi hanno mostrato che non è sbagliato essere se stessi, comunque vada, persone che mi hanno ridato smalto e sorriso.
Eppure c’è chi mi affossa e attacca di continuo. La colpa è sempre mia. Ti rovina pranzi e cene e intere giornate. Ti mette davanti a dei veri e propri ultimatum con tutta la rabbia che ha in corpo. Nel giro di qualche ora gli passa ma a me resta la ferita che non rimargina. Sono quella che è sempre a leggere o studiare, quella che pensa a riordinare, quella che va a Firenze, quella a cui piace vedere posti nuovi, a cui piace la roba vecchia, i Cristi e le Madonne, quella che lavora troppo, che non dovrebbe mai “lamentarsi” perché gli insegnanti, si sa, non fanno nulla e lavorano per la metà delle ore di qualsiasi altro lavoratore.
Se prima tendevo a giustificare e a dare un’altra chance, perché ha solo me, ora sono stufa.
Credo sia arrivato il momento di volermi bene, forse.
Modena resta per la scuola, Firenze finché dura per l’arte.
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