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Arte...e dintorni

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Quello che si impara

Post n°589 pubblicato il 11 Aprile 2013 da calipso81

La prima lezione di Biagini aveva come tema il lutto del bambimo ideale.

"I genitori hanno nove mesi per immaginare di ottenere quello che si aspettano. Quando nasce la persona reale, però, comincia il lutto del figlio che è stato immaginato. Quel bambino non esiste, devono rinunciarci.

Il bambino ideale è sano, carino e, in genere, maschio.

Non piange quasi mai, mangia quel che ha nel piatto e lo metabolizza.

I piedi del bambino ideale sono fatti per camminare, per correre finché non si è richiamati sul marciapiede. Le mani stringono senza pizzicare: aprolo scatole, usano senza difficoltà penne e matite colorate. LA bocca del bambino ideale sbava solo nei primi mesi: la macchia di cioccolato che non riesce a pulirsi è oggetto di fotografie e non di preoccupazione. Il bambino ideale capisce e si esprime, i suoi genitori sono come quelli della pubblicità: senza pensieri.

Adesso prendete questo bambino e paragonatelo a uno reale che piange, sporca, si ammala. E' un confronto faticoso, ma nella maggior parte dei casi, si supera in modo naturale.

Poi però prendete il bambino ideale e trasformatelo in un bambino disabile. Ecco che il lutto può diventare insopportabile".

 

Questo passo è tratto da un libro che sto leggendo ora, scritto da una ragazza che si è abilitata in italiano l'anno prima di me a Napoli.

Si chiama L'iguana non vuole ed è la sua prima esperienza di sostegno, un po' romanzata.

Eppure questa esperienza del lutto del bambino ideale la vivo tutti i giorni. 

E in fondo, mi dico, è bene che mi abitui.

Ho imparato che alla fine nella nostra vita, presto o tardi, diventiamo tutti "disabili". Diventiamo meno autonomi, la testa comincia a far cilecca, siamo meno affidabili, talvolta con le allucinazioni, talvolta faremo fatica perfino ad andare in bagno. Questo l'ho imparato da mia nonna e ora lo vivo quotidianamente a scuola.

Il lutto del bambino ideale è sempre vero.

 
 
 
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