Creato da: syd_curtis il 11/10/2010
dance dance dance to the radio

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Maggio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31    
 
 

 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultimi commenti

Che bello se i post me li commentasse Gesù
Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:24
 
Capolavoro
Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:22
 
Giusto
Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:20
 
Giusto
Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:19
 
Uh
Inviato da: Gesu
il 28/07/2022 alle 01:06
 
 

Ultime visite al Blog

syd_curtissydcurtisalessio.salacassetta2ennio.nieromazzucco.riccardorosadiferroviabonardi.rosangelajacopo.ferrazzutomarziatudiscoLaDonnaCamelraso_terraJako53SoloDaisy
 

Chi può scrivere sul blog

Solo i membri di questo Blog possono pubblicare messaggi e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

 
« Fleet Foxes, Teatro Smer...Laura Marling - A Creatu... »

Low - Magazzini Generali, Milano - 28.11.2011

Post n°175 pubblicato il 29 Novembre 2011 da syd_curtis
 

 

 

Strane cose accadono. Quanto a proposte musicali live, Milano non sempre eccelle (la scena bolognese, per dirne una, m'è sempre sembrata più viva), ma questo autunno 2011 fa differenza. Jens Lekman, Yuck, Alela Diane e Fleet Foxes, Stephen Malkmus, Rapture, Kasabian, St.vincent, Fink, Crash of rhinos, Josh T Pearson, Meshell Ndegeocello (persa, cazzo!), sono solo alcuni degli appuntamenti a cui è stato possibile assistere nelle ultime settimane, per tacere delle date imminenti di Dente al Magnolia, Thurston Moore al Dal Verme, The Field al Bitte, Zola Jesus al Magnolia, Deus ai Magazzini. Troppa grazia: ce n'è per tutti i gusti. Ciliegina sulla torta di panna, il concerto dei Low ai Magazzini Generali, a distanza di ben quattro anni dalla loro ultima apparizione italiana. E di apparizione si può ben parlare, vista la coperta sacramentale che il gruppo di Duluth, Minnesota, è solito stendere sopra le proprie performance dal vivo (non per nulla, C'mon, l'ultimo album, è stato registrato in una chiesa sconsacrata, come già fu per Trust anni prima). Non fa eccezione la data milanese, con pubblico silente, partecipe, attentissimo. I magazzini affacciano su quella stessa Via Ripamonti di Casa 139 e Salumeria della Musica; vicina pure Via Pezzotti e il suo Rocket Club. Una sorta di piccolo Village milanese (va be', scusate, non lo scrivo più, promesso).

Pubblico numeroso, quasi fino al bar, e serratissimo sotto il palco, ma non il sold-out che mi aspettavo vista la statura dei Low e quanto hanno rappresentato per la storia del pop in questi ultimi vent'anni. Probabilmente la presenza massiccia di date interessanti costringe a scelte dolorose e risparmiose e Milano non può certo contare sulle platee di Londra o NYC. S'aggiunga pure la concomitanza di Noel Gallagher e Smashing Pumpkins, anche se dubito condividano il pubblico coi Low.

Il concerto (inizio puntualissimo poco dopo le ventuno) è introdotto dagli Emily Plays (riferimento ai Floyd, obbligatorio), quartetto di origini pavesi con voce femminile, chitarra acustico/elettrica, basso e batteria, emozionatissimi: Sara Poma (voce e acustica) dice che non c'è mai capitato di suonare davanti a così tanta gente, e poi aprire per i Low, sono cose che racconteremo ai nipoti, uh. E i ragazzi non sfigurano affatto, bisogna pur dirlo. Un set grintoso e piacevolissimo che restituisce un mix di british pop chitarristico affetto da distorzioni psych, disturbato a tratti da un rimbombo eccessivo dei bassi. Disco appena uscito per Dischi Soviet, I had a heart that loved you so much, in parte ascoltabile dal loro band camp. Bella la December di cui al video a piè pagina. Ragazzi, avrei acquistato volentieri il vostro cd, non avessi il portafoglio vuoto dopo un mese di concerti scialacquoni. Ma rimedierò.

Poi i Low. Formazione classica a tre, i coniugi Sparhawk/Parker (due elettriche e un set ridotto di percussioni) e il bassista Steve Garrington. Che i Low detestino i cliché delle esibizioni rock è roba nota. Pochissime parole al pubblico (le prime, inquietanti, dopo una decina di canzoni: tra il serio e il faceto, Sparhawk dice mi ricordo di ciascuno di voi, mamma mia), facce serie e un incipit dimesso (e sorprendente, evviva), con due brani dall'antichissimo I could live in hope: Lazy (Sarah, your lazyyyyyy), seguita niente di meno che da Lullaby, dilatata nel finale in modo dannatamente adorabile, con la voce morbida e piena di Mimì Parker già assestata su livelli che sciolgono il sottoscritto come una sottiletta.

A seguire, l'unico passetto falso della serata, una Try to sleep parecchio moscia e in una veste dimessa, poco riconoscibile (in generale, ricreare la magia di C'mon dal vivo, senza le sovrastrutture di studio, non è impresa facilissima). Ci si metta anche il cupo brontolio del basso, eccessivo come per gli Emily Plays, e alcune fastidiose vibrazioni, qua e là, che riportano al familiare cruscotto della mia automobile (credetemi sulla parola).

Ma basta scartare di lato con decisione e tuffarsi nella crudezza di Violent past, per recuperare il passo e riscaldare i cuori (non bastasse la temperatura torrida del locale). Sparhawk tocca corde dolorose, mi bastano le sue elettriche effettate, i suoi delay, perché si aprano ferite al petto, perché il quoricino si stringa nella corona di spine di gesù. Voce spigolosa, tensione visibile e spero non recitata. Oh, cielo.

Il repertorio è parecchio C'mon, com'è giusto che sia, ma sono brani come Monkey, davvero formidabile, a incendiare il palcoscenico e ancora di più il quintetto aperto da Murderer, cui seguono l'hit di Last snowstorm of the year, una cupissima Majesty/Magic, Breaker (Sparhawk canta a bocca spalancata a fianco della moglie, che percuote per bene i propri tamburi, olè) e la splendida, splendida, splendida, splendida, Nothing but heart, con il suo crescendo elettrico irresistibile e straziante. Non sono altro che cuore, altro che.

Ciascuno dei presenti avrà avuto la sua canzone in testa, quella che avrebbe voluto eseguita ieri sera. La mia arriva in coda, il primo dei bis. Ricordo ancora con affetto la prima volta che l'ascoltai, mentre camminavo su un tappeto di foglie autunnali sotto un cielo terso, e di come già il primo accordo elettrico mi avesse fatto sentire a casa. Sentire a casa, dire casa, cose che provo ogni volta, coi Low, e anche questa non ha fatto eccezione. Sweet sweet sunflower.

E poi, giusto a ribadire l'anticlimax, chiusura affidata alla tenerezza di Laser Beam, voce della sola Parker, chiusa che ci fa andare via contenti. Diciassette canzoni, circa un'ora e un quarto di esibizione. Datecene ancora, al più presto.

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Genio del crimine il 29/11/11 alle 19:11 via WEB
Dopo il punto, c'è la maiuscola. Esistono virgole, punti e virgola, santi cielo!
(Rispondi)
 
 
syd_curtis
syd_curtis il 30/11/11 alle 00:37 via WEB
Sì, ho scritto un po' di fretta, con lo shift disinnestato, contando su una successiva revisione, i pochi contatti e la scarsa presenza di cacacazzo. La punteggiatura, fatte salve tre, quattro virgole opinabili, era a posto.
(Rispondi)
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gesùddio il 28/07/22 alle 01:01 via WEB
Ma a va cagare pirla del cazzo succhiamelo
(Rispondi)
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963